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Dynasty Warriors: Origins, recensione dell’ascesa di un eroe senza nome

La serie musou per eccellenza riparte dalle origini con una sorta di reboot capace di accontentare tutti gli appassionati, dai più freschi ai più stagionati

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Prima di Dynasty Warriors: Origins, il futuro del franchise sembrava quantomeno incerto. Pur trattandosi di un franchise di punta per Koei Tecmo, nel corso degli anni la serie ha fisiologicamente iniziato a essere a corto di innovazione. Dynasty Warriors 9 Empires (2021) aveva provato a proporre qualcosa di diverso con un’impostazione open world, ma il risultato non è stato dei migliori, lasciando i giocatori intenti a esplorare paesaggi spogli densamente popolati da bande di soldati privi di intelletto.

Il team di Omega Force tuttavia non si è dato per vinto, e come suggerisce il nome di questo nuovo capitolo ha deciso di ripartire dalle origini, rivedendo e rielaborando tutte quelle componenti fondamentali che hanno storicamente consacrato la serie, ponendola come riferimento per il “sottogenere” dei musou. Per i non esperti, si tratta di un particolare evoluzione del tipico gameplay hack & slash in cui il giocatore viene messo nei panni di un personaggio molto forte (il termine infatti significa letteralmente “impareggiabile”, “inarrestabile”), capace di sgominare decine, centinaia di nemici simultaneamente grazie ai suoi poderosi attacchi.

Il concept originale si basava sulla celebrazione di eroi realmente esistiti in epiche battaglie, con l’azione di gioco che incorporava anche vari elementi tipici degli strategici in tempo reale. Infatti la stessa serie di Dynasty Warriors è basata sul Romanzo dei Tre Regni di Luo Guanzhong, un romanzo storico realizzato nel XIV secolo considerato tra i quattro grandi classici della letteratura cinese. Si tratta di un’opera imponente, suddivisa in 120 capitoli e che si concentra sugli eventi accaduti durante gli ultimi anni della celebre dinastia Han.

Ma ora è tempo di scendere in campo con la recensione della versione Pc di Dynasty Warriors: Origins. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da Koei Tecmo, è disponibile anche su PS5 e Xbox Series X/S. Buona lettura.

DA TUTTI PER UNO A UNO PER TUTTI

Uno degli aspetti caratteristici della serie è sempre stato quello di offrire un ampio roster di personaggi, e sul dover giocare più campagne (divise per fazioni) nelle quali poterli sbloccare man mano. Basti pensare che il più recente, nono capitolo della serie ne includeva quasi un centinaio. In Dynasty Warriors: Origins il team di Omega Force ha deciso di compiere una scelta tanto coraggiosa quanto controcorrente.

Infatti non potremo più scegliere tra decine e decine di vari generali, ma viceversa impersoneremo un singolo personaggio originale e, salvo rare eccezioni (dove potremo controllare temporaneamente un nostro alleato in battaglia) giocheremo solamente con quello. Un guerriero senza nome, a cui infatti potremo darlo, con un passato nascosto e vittima di amnesia.

Dynasty Warriors: Origins

Come avremo modo di scoprire, questo grande e rischioso cambiamento risulta davvero sensato tanto in termini narrativi quanto ludici. Invece di selezionare una fazione e guardare gli eventi della saga dei Tre Regni svolgersi dalla loro prospettiva, nei panni del “Vagabondo” cominceremo l’avventura in maniera neutrale, interagendo con vari personaggi prima di prendere effettivamente una decisione optando dunque per la fazione con la quale schierarsi.

Una prospettiva interessante visto e considerato che nei capitoli precedenti bisognava da subito scegliere di seguire Shu, Wu o Weight senza praticamente alcun tipo di preambolo. La campagna (quindi unica, seppur con molte ramificazioni) di gioco è divisa in due sezioni principali, tra prologo e cinque capitoli successivi, e ci divideremo principalmente tra interazioni con gli altri personaggi e varie battaglie da vivere in prima persona (cioè, in terza, ma ci siam capiti).

QUALITÀ PIÙ CHE QUANTITÀ

Dynasty Warriors: Origins

Nella prima parte di Dynasty Warriors: Origins ci uniremo a rotazione con una serie di generali e signori della guerra, seguendoli nei loro primi conflitti e macchinazioni. Nella seconda metà invece i fronti precedentemente unificati diventeranno tesi sotto gli obiettivi e le motivazioni di vari personaggi, portando alla fondazione definitiva dei “Tre Regni”. A quel punto saremo costretti a scegliere con chi schierarci, supportando poi il regno prescelto nell’intento di portare la pace nel regno.

Anche se non particolarmente elaborata, la narrazione risulta efficace e capace di dare lustro a diversi personaggi, seppur con delle palesi preferenze in tal senso. Giungeremo al termine della campagna dopo qualche decina di ore, ma saremo comunque motivati a giocare ancora grazie alla possibilità di tornare, senza dover ricominciare da capo, ai punti precedenti della storia al fine di esplorare ramificazioni differenti. A questo si aggiunge un livello di difficoltà extra che aumenterà il livello di sfida.

Dynasty Warriors: Origins

Per quanto riguarda il combattimento vero e proprio, l’azione hack & slash tipica della serie appare più rifinita e divertente che mai. In questo capitolo oltretutto gli sviluppatori hanno visibilmente deciso di optare sulla qualità più che sulla quantità, e ciò appare evidente a partire dalla scelta delle armi, divise in nove tipologie. Come gli appassionati della serie ricorderanno, nei capitoli precedenti ogni personaggio del roster aveva una sua arma “simbolo”, completa di mosse e animazioni d’attacco uniche.

In questo caso invece, complice il fatto che potremo sostanzialmente controllare un solo personaggio, troveremo le già citate nove classi di armi con una loro profondità e “sensazioni allo scontro” ben distinguibili. Ognuna di esse presenta infatti una meccanica unica, e la loro progressione è ovviamente legata al loro utilizzo. Più nemici sconfiggeremo con una data arma, maggiori gradi di competenza acquisiremo, determinando aumenti di livello. Avremo poi degli obiettivi secondari da completare, diversi dei quali si concentreranno sull’utilizzo di armi specifiche e che ci garantiranno dei punti da spendere nelle abilità passive.

AZIONE DIRETTA PER CONSEGUENZE IMMEDIATE

Dynasty Warriors: Origins

Non c’è dubbio che grazie al caro vecchio button smashing riusciremo a cavarcela, quantomeno al livello di difficoltà di più basso. Tuttavia Dynasty Warriors: Origins incoraggia attivamente la padronanza delle sue armi, indipendentemente dalla progressione legata all’acquisizione di nuove abilità e quant’altro. Per non parlare poi delle nuove funzionalità di combattimento, a partire dalla forza degli ufficiali nemici e al modo in cui dovremo approcciarci a essi rispetto alle schiere di normali soldati.

Essi infatti presentano barre della salute più ricche e infliggono decisamente più danni, oltre al fatto che i loro attacchi andranno rigorosamente contrastati con schivate, parate e contrattacchi. Questo però non significa che le folle di nemici “singolarmente insignificanti” vadano sottovalutate. Rispetto al passato infatti li troveremo “più sul pezzo”, dando meno l’impressione di essere dei semplici manichini semoventi finalizzati a perire sotto ai nostri colpi.

Dynasty Warriors: Origins

Senza la giusta attenzione scopriremo come saranno comunque capaci di erodere la nostra salute, per non parlare di occasioni in cui arriveranno persino a radunarsi per eseguire attacchi coesi come cariche e raffiche di frecce. Per la prima volta nella serie potremo quindi fare esperienza di un senso di sfida genuinamente gratificante. Non mancheranno poi le abilità musou simbolo della serie, che previa carica dell’apposita barra ci consentiranno di eseguire degli speciali e potenti attacchi in grado sia di infliggere gravi danni agli ufficiali che di sterminare centinaia di semplici soldati in un solo colpo. Altro elemento interessante e coinvolgente della produzione riguarda la sua capacità nel riprodurre “lo spettacolo della battaglia”.

Ovvero quello che ci si aspetta essere proprio di uno scontro su larga scala. Nel caso dell’opera di Omega Force parliamo in particolare del “sistema morale” che accresce la profondità delle battaglie, dando altresì un’idea in tempo reale circa il loro svolgimento. Ciò si traduce per esempio nella comparizione di mini-obiettivi, come sconfiggere un certo numero di nemici o di ufficiali entro un tempo limite, per mettere in difficoltà il fronte avversario scoraggiando alla base possibili contromosse su larga scala. Mentre nei capitolo “Empires” della serie ai giocatori veniva concesso anche un ruolo di comando (con la facoltà di poter dare ordini diretti agli alleati), in questo caso solamente le azioni dirette potranno influenzare i nostri commilitoni.

SORPRENDENTEMENTE SOLIDO E PERFORMANTE

Dynasty Warriors: Origins

Lo spettacolo a livello di gameplay viene adeguatamente supportato da un’altrettanto spettacolare presentazione audiovisiva. In Dynasty Warriors: Origins arriveremo ad avere migliaia di soldati a schermo simultaneamente, e la vista di eserciti intenti a caricarsi l’un l’altro sarà sempre impressionante, complici le ottime animazioni presenti. Altro punto a favore riguarda la non scontata chiarezza dell’interfaccia, con una telecamera sorprendentemente valida che non ci creerà praticamente mai problemi.

Abbiamo notato una certa ripetitività ambientale (una tradizione consolidata nei musou, ahinoi), ma è qualcosa a cui si tende a non fare molto caso, oggi in particolare. Molto bene anche il comparto sonoro, con una colonna sonora sufficientemente variegata e capace di dare enfasi sia ai momenti narrativi e maggiormente introspettivi che a quelli epici/bellici.

Dynasty Warriors: Origins

Buono anche il doppiaggio in inglese, anche se quello in giapponese si conferma, come sempre in titoli di origine nipponica, di livello superiore. La decisione di non dare una voce al protagonista invece risulta quantomeno singolare, soprattutto durante le interazioni più significative con altri personaggi, ma è qualcosa che passa fortunatamente in secondo piano.

Ad averci sorpreso sono in particolare le prestazioni: vista e considerata la mole media di nemici a schermo, sarebbe stato lecito aspettarsi quantomeno dei “singhiozzi” per quanto riguarda il framerate. Invece non è stato così, con una prestazione convincente e vigorosa come i colpi del protagonista, da assestare a destra e a manca nell’atto di fare la storia della Cina. O in questo caso di Omega Force e Koei Tecmo.

Dynasty Warriors: Origins

DA AVERE ASSOLUTAMENTE

Il nono capitolo della serie rilasciato ormai quattro anni fa non lasciava presagire granchè di buono per quanto riguarda Dynasty Warriors: Origins, tanto più con l’annunciata intenzione, da parte del team di Omega Force, di adottare pochi ma coraggiosi cambiamenti. A partire dalla scelta di giocare nei panni di un singolo personaggio invece che con decine di eroi diversi: una decisione motivata anche dalla volontà di proporre un’esperienza narrativamente più convincente e coinvolgente rispetto agli standard della serie. Obiettivo indubbiamente raggiunto dalla software house nipponica, che propone un sorprendente capitolo che al netto di qualche piccolo difetto ristabilisce, coerentemente al nome del gioco, la grandezza originale del franchise. Instillando nel contempo delle buone speranze per un ipotetico, futuro capitolo. Tutti per uno o uno per tutti? Decisamente la seconda in questo caso.

Pregi

Narrativamente e tecnicamente sorprendente per essere un Dynasty Warriors. Il gameplay è tendenzialmente lo stesso di sempre (salvo alcune eccezioni), ma piacevolmente ed efficacemente rifinito. Il fatto di giocare nei panni di un singolo personaggio conferisce un'interessante e inedita prospettiva nella serie...

Difetti

... Ma alla fin fine non può fisiologicamente avere lo stesso appeal di un roster ricco e variegato. Una maggiore varietà dei mini-obiettivi durante le battaglie non avrebbe guastato. Il protagonista senza voce fa comunque un po' strano.

Voto

9

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