Diablo IV: Vessel of Hatred, le distruttive arti dello spiritista, recensione

Nuova regione, nuova classe e ovviamente un "nuovo" nemico: il Primo Maligno, Mefisto

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Quando diciamo “Diablo”, parliamo di uno dei pochi nomi sopravvissuti alla prova del tempo. Una saga che ha scritto una bella pagina di storia del videogioco. Nello specifico quella dei degli ARPG occidentali nuda e cruda. Il 6 giugno dell’anno scorso Diablo IV (qui la nostra recensione) è arrivato a distanza di ventotto anni dal capostipite della serie. Tra questi abbiamo visto il sempiternamente amato Diablo II ed il controverso e divisivo Diablo III.

Di recente invece è stata rilasciata una nuova espansione, Vessel of Hatred, che introduce una nuova classe, una nuova regione e un nuovo capitolo di storia, ampliando ulteriormente l’universo di gioco. Di seguito la recensione di Diablo IV: Vessel of Hatred. Ricordiamo che l’espansione, sviluppata e pubblicata da Blizzard Entertainment, è disponibile su Pc, PS5 e Xbox Series X/S. Buona lettura.

LO SPIRITISTA

La principale novità introdotta in Diablo IV: Vessel of Hatred è ovviamente lo Spiritista. Questo nuovo eroe si affianca alla schiera dei già presenti Barbaro, Negromante, Tagliagole, Druido e Incantatore, elevando a sei le opzioni di ingaggio di orde infernali emerse per mettere a ferro e fuoco la civiltà di Sanctuary. Una classe che vediamo intenta a rubare la scena alle altre fin dalla copertina del gioco.

Mouse o gamepad alla mano, lo Spiritista ricorda molto le azioni e le evocazioni di Monaco e Sciamano di Diablo III. Si tratta di un personaggio che combatte con armi in asta, e che non teme alcun confronto in mischia per merito di colpi fisici veloci e qualche azione di potenza. Quest’ultima può essere avvalorata da elementi quali ghiaccio, fuoco, fulmine. Esso inoltre può avere l’aiuto di potenti “Spiriti Guida”, nelle fasi più avanzate della sua evoluzione. Essi garantiscono maggior potere e supporto: sta allo stile di ciascun giocatore valutare l’adozione di un solo Spirito Guida oppure sfruttare, da tutti loro, qualcosa.

NAHANTU

Le vecchie cariatidi come chi vi scrive e gli appassionati più giovani che hanno recuperato la saga anche per merito di Diablo II: Resurrected, non faticheranno a ricordare Nahantu e le sue pericolose foreste (al tempo di Diablo II, la regione era compresa nel territorio del Kehjistan).

In Diablo IV: Vessel of Hatred è la sesta, inedita regione sbloccata dall’espansione e può essere raggiunta solo se in possesso della suddetta, naturalmente. Inoltre, il suo raggiungimento è vincolato al superamento di un certo episodio della trama scritta per noi, quindi non è liberamente accessibile fin da subito.

Nahantu è tanto vasta quanto le altre regioni di partenza, e ci terràimpegnati anche di più per merito della presenza di dungeon, fortezze, città ed incarichi da compiere del tutto nuovi. Concludendo il discorso di “impegno” e durata: la trama del nuovo capitolo richiede non meno di una decina di ore di attenzione e combattimenti.

Essi sono intervallati da occasionali enigmi ambientali, che ci hanno piacevolmente colpito e risvegliato le sinapsi addormentate dallo spazzare via tutto quello che si frappone tra noi e l’obiettivo della missione. Al di là degli impegni narrativi, in questa regione c’è così tanto e vario da poter fare, che le ore da trascorrere nelle insidiose foreste del sud del continente sono, potenzialmente, centinaia.

VECCHIA CONOSCENZA, NUOVA MINACCIA

Il nuovo capitolo di storia narrato in Diablo IV: Vessel of Hatred prosegue linearmente il finale proposto dal gioco base. Lungi da noi fare spoiler in questa sede, anche se l’impresa si rivela assai ardua. Basti sapere che alla fine di Diablo IV, il nostro alter ego riesce a sventare una minaccia che prometteva di sovvertire l’ordine costituito. Purtroppo, ogni sforzo per neutralizzare i loschi piani del demone di turno hanno spianato la strada a una vecchia conoscenza dei veterani della serie: Mefisto, il Signore della Distruzione.

Lui sarà il nostro avversario in questa nuova espansione, e metterà a durissima prova i nostri nervi, oltre agli alleati che ci affiancheranno nella nostra Cerca. Questi alleati non saranno altro che i mercenari. Personaggi non giocanti che ci seguiranno e aiuteranno come facevano quelli di Diablo II e quelli ancor più caratterizzati di Diablo III.

Troveremo inoltre dei nuovi personaggi a tutto tondo, ciascuno con la propria personalità e peculiare esperienza in combattimento. Tuttavia potremo conquistare la loro fiducia ed il loro supporto solo previo superamento delle loro missioni secondarie. La possibilità di accattivarsi tutti, una parte o solo uno di essi starà tutta al giocatore. Croce e delizia di Diablo IV: Vessel of Hatred è ciò ci aspetterà nell’endgame, a capitolo di storia aggiuntivo concluso.

Tra stagioni tematiche e incarichi secondari, non mancherà mai da fare. Un’attività nuova di zecca che potremo svolgere (non da soli però) sarà istante, detta gergalmente “Raid”. La necessità di cooperare per portare a termine le spedizioni più impegnative potrà essere il più grande pregio per gli amanti della compagnia, ma anche la più palpabile delusione per coloro che, al contrario, ricercano un’esperienza totalmente votata al single player.

IL MONDO PREDA DELL’ODIO

Diablo IV: Vessel of Hatred richiede ovviamente la connessione di un profilo Battle.net, cosa che permette di salvare i progressi tra ogni piattaforma. Idealmente potremmo iniziare il gioco su Playstation, proseguire su Xbox e terminare su Pc, senza il minimo problema. La storia di Diablo IV è ambientata cinquant’anni dopo gli eventi di Reapers of Souls, l’ultimo capitolo di Diablo III.  L’umanità è allo sbando e sull’orlo dell’annientamento. L’Eterno Conflitto fra Regno dei Cieli e Inferi Fiammeggianti ha richiesto un costo altissimo in termini di vite.

In quest’epoca di oscurità, incertezza e sfiducia, i mortali sono nuovamente preda delle mire distruttive di Lilith rediviva, figlia dell’Odio e co-creatrice del mondo e dei Nefilim, insieme all’arcangelo Inarius. Diversamente dai capitoli che lo hanno preceduto, Diablo IV si lascia giocare con un’impostazione che ammicca più ai “Game as a Service” propriamente detti. Un po’come avviene in Destiny, siamo immersi in un mondo di gioco che segue i nostri ritmi e le nostre attività, ma intorno a noi vediamo i giocatori assegnati allo stesso server che si occupano dei loro affari.

E’ doveroso precisare che, diversamente dalle spedizioni introdotte dalla nuova espansione, il gioco di base può essere interamente vissuto, affrontato e goduto in totale solitaria, poichè gli aspetti della sua offerta di base sono concepiti così. La presenza delle stagioni tematiche già accennate, degli altri giocatori “tra i piedi” pur non influendo minimamente sulla trama, sul bottino e sui progressi, e del negozio che richiede valuta reale per sbloccare elementi estetici…

Potrebbero essere un difetto e motivo di distanziamento da questo gioco, ma dipende fondamentalmente dal tipo di giocatore che si è. Tecnicamente parlando, Diablo IV: Vessel of Hatred mantiene lo stesso livello del gioco base. Una grafica all’avanguardia, una colonna sonora da oscar e un doppiaggio (anche in italiano) sorprendentemente buono e appassionato. Tutto per un gameplay di assoluta eccellenza. Le prestazioni però sono un po’ da rivedere.

DA AVERE SENZA RISERVE

Diablo IV: Vessel of Hatred espande ed arricchisce di contenuti, anche sostanziali, il già ricco piatto offerto dal gioco base. Un nuovo capitolo di storia, una nuova classe ottimamente caratterizzata e una nuova regione esplorabile che è un colpo al cuore nostalgico dei veterani di Diablo II. Il fatto di necessitare del gioco base per funzionare è un po’ paradossale per l’espansione, visto che può essere affrontata saltanto a pié pari tutta la storia pregressa.

A questo si aggiunge una sostanziale incertezza tecnica che, tra latenza e crash di gioco su console, allontana il voto dalla zona di assoluta eccellenza. Di per sé, il lavoro di Blizzard Entertainment rappresenta un salto generazionale notevole in termini di game design, gameplay e caratura tecnica, rispetto al diretto predecessore. L’adozione dello stile gotico e oscuro di Diablo II è tanto caro alla platea di appassionati, che devono tuttavia scontrarsi con la natura “Game as a Service” di questa nuova iterazione, con tutti i relativi pro e contro.

Pregi

Buon proseguimento della storia del gioco base, interrotta con un cliffhanger narrativo. La classe dello Spiritista,, una sorta di ibrido tra il Monaco e lo Sciamano di Diablo III, è pure dinamite. Tanti nuovi e appassionanti contenuti per l'endgame: qualità e quantità.

Difetti

La possibilità di non poterla giocare stand-alone è un po' paradossale, data la situazione "narrativa". Presenta un'architettura da GaaS, con tutto ciò che ne consegue. Fronte tecnico da rivedere.

Voto

8