Nobody Wants to Die, ricostruire il passato per salvare il futuro, recensione

Avventuriamoci in una distopica New York del futuro per condurre un'indagine volta a scovare un pericoloso serial killer

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Nobody Wants to Die è capace di ammaliarti al primo sguardo, facendoti invaghire e rendendoti suo finendo però, inevitabilmente, col tradirti. Nel gergo dei polizieschi questa sarebbe una femme fatale: figura femminile archetipale nei classici della narrativa gialla dello scorso secolo, a cui il gioco attinge a piene mani.

Critical Hit Games, la software house polacca che con questa avventura investigativa segna il suo debutto nel mondo dei videogiochi, ha curato molto l’estetica retro-futuristica del titolo e i riferimenti ai canovacci del genere noire hard boiled. Ma la sensazione è che il gioco non sia in grado di andare oltre l’apparenza.

Andiamo a svelare il mistero dietro Nobody Wants to Die in questa recensione della versione Xbox Series X/S, curata da Giuseppe Pirozzi. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da Plaion, è disponibile anche su Pc e PS5. Buona lettura.

LA SOCIETÀ CHE SCONFISSE LA MORTE

In un mondo dove la morte è sospesa, cos’è la vita? Se lo saranno chiesti almeno una volta i cittadini della New York del 2329, una città letteralmente sospesa tra le vetrate di grattacieli squallidi simili a pollai che si allungano verso un Olimpo inarrivabile, appannaggio esclusivo dei ricchi. In questa distopia da manuale impersoniamo il detective James Karra, uno scafato membro del Dipartimento della Mortalità reduce dalla settimana più difficile della sua lunghissima vita.

Sospeso dal servizio dopo un incidente ferroviario in cui hanno perso la vita molti civili e il suo partner, James è caduto sempre più in fondo nella spirale dell’alcol, e ha cominciato a essere preda di allucinazioni da de-sincronizzazione con protagonista la sua defunta moglie. A rendere ancora più precaria la sua situazione ci si mettono le incombenze dell’asfissiante mutuo sul “guscio” (il nome che prendono i corpi che ospitano l’Icorite, sede della coscienza degli individui).

A guidare James non restano quindi che l’alcol e la voglia di vendicare i suoi cari. Così, quando riceve una telefonata dal capo della polizia che gli chiede di recarsi in via ufficiosa sulla scena del crimine di un pezzo grosso della città, non ci pensa due volte e parte. Ad affiancarlo ci sarà l’agente Sara Kai, una sorta di baby-sitter che dovrà supportarlo da remoto nelle indagini ma soprattutto tenere a bada la sua testa calda, almeno inizialmente.

In un clima da guerra civile in cui sta per passare un disegno di legge per abbassare l’età minima garantita sul proprio guscio, il che renderebbe ancora più precarie le condizioni di vita di milioni di cittadini a vantaggio delle elite, James dovrà risolvere una serie di casi di omicidio che potrebbe stravolgere le sorti dell’umanità intera.

MANIPOLARE IL TEMPO

Riavvolgere il tempo è l’unico modo per condurre un’investigazione in una città dove chiunque può scambiare il proprio corpo. E’ così che Karra passa in rassegna le scene del crimine che gli si pongono davanti, ricostruendo e riavvolgendo con minuzia i momenti immediatamente recedenti e successivi all’evento criminoso, cercando di trovare sufficienti informazioni per capire come siano effettivamente andate le cose.

Oltre al ricostruttore, nel kit da detective è compreso uno scanner a raggi X per stabilire traiettorie balistiche e scoprire passaggi celati, assieme a una lampada a raggi ultravioletti per poter seguire scie di sangue e altre sostanze. Il problema di Nobody Wants to Die è che l’attività investigativa è ridotta all’osso, per non dire quasi inesistente.

Le sezioni sono totalmente guidate e scandite da Quick Time Event. E oltretutto non esistono bivi o possibili deduzioni errate, che avvengono di tanto in tanto collegando gli indizi alle domande che James si porrà alla fine di ogni investigazione. L’unica variabile è data dai dialoghi a scelta multipla che sbloccheranno interazioni diverse a seconda dei casi, e influiranno sulla determinazione del finale.

Starà a noi dunque dare a James un lieto fine, o farlo finire in un abisso sempre più profondo. Nobody Wants to Die è a tutti gli effetti un walking simulator con fasi di gameplay ridondanti, che lasciano un retrogusto di incompiutezza nel giocatore, costretto a compiere le stesse azioni per ottenere la successiva spiegazione dal protagonista.

CARTOLINE AL NEON

L’estetica è decisamente il punto di forza di Nobody Wants to Die. I grattacieli, allungandosi a perdita d’occhio, si intersecano con altri monoliti retro-futuristici che si illuminano di riflessi dati dai neon delle mega corporazioni e dalla loro propaganda. Il risultato è uno scenario tanto sublime quanto credibile della distopia che abita la New York del futuro.

Da questo punto di vista non possiamo che riscontrare il sapiente utilizzo dell’Unreal Engine 5 da parte del team di Critical Hit Games, almeno per quanto riguarda i paesaggi interni ed esterni. Una nota a parte la meritano purtroppo i modelli dei personaggi che incontreremo (una decina in totale), davvero dozzinali e poco curati, e che non aiutano a scandire i momenti della trama e a dare un volto chiaro ai diversi nomi con cui faremo la conoscenza.

Le musiche sono nel pieno canone dei polizieschi, sufficienti a restituire la sensazione di far parte di una torbida vicenda in cui è impossibile distinguere i buoni dai cattivi. Dal lato puramente tecnico invece sono presenti delle sbavature date da sporadici crash e intersezioni con i modelli degli NPC durante le ricostruzioni delle scene del crimine. In un caso è stato persino necessario ricaricare il salvataggio per poter continuare l’avventura.

POTREBBE DARE SODDISFAZIONI

Nobody Wants to Die prova a restituire una sensazione da grande dramma urbano in cui le manipolazioni dei potenti ricadono sui disperati, dove solo un reietto dalla pellaccia dura potrà migliorare le cose.La realtà dei fatti ci restituisce un quadro più interessante sulla carta che non sul “giocato”, dato che da giocare e investigare c’è ben poco visto che dovremo limitarci a ripetere le stesse azioni per poter proseguire con la trama. Poco male considerando che l’avventura dura all’incirca 6 ore e restituisce molto spazio di manovra nel caso vogliate ottenere tutti e quattro i finali. Qualora doveste essere allergici ai walking simulator (preferendo magari esperienze più interattive) statene alla larga. Viceversa, se siete fan dei polizieschi date una possibilità all’opera di debutto di Critical Hit Games.

Pregi

Estetica accattivante. Diversi finali possibili.

Difetti

Estremamente lineare. Trama non sempre chiara. Fasi investigative quasi inesistenti.

Voto

6