Assassin’s Creed Shadows, la questione di Yasuke: razzismo o marketing?

In questi giorni stanno infuriando le polemiche sulla scelta del "samurai nero" (realmente esistito) come co-protagonista del gioco: ma facciamo un po' di chiarezza

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Due giorni fa sul canale ufficiale di Ubisoft è stato rilasciato il primo vero trailer di Assassin’s Creed Shadows, nuovo capitolo del celebre franchise il cui arrivo è previsto il prossimo 15 novembre su Pc, PS5 e Xbox Series X/S. Una nuova avventura che stavolta ci condurrà nel Giappone feudale, e più precisamente nella fase finale del periodo Sengoku (1467-1603). Un’epoca fitta di guerre civili che sconvolse la terra nipponica e dove i giocatori vivranno la storia ideata dalla celebre azienda francese da due prospettive: quella della kunoichi Naoe e del samurai di origini africane Yasuke, realmente esistito.

Oltre a numerosi commenti e speculazioni sul gioco, del quale si attendono ancora delle vere sezioni di gameplay, sono infuriate molte polemiche tra e nella community in merito alla scelta di Yasuke. Lasciando da parte le ignobili mistificazioni proprie del nostro tempo, il nocciolo reale delle critiche non riguarda la figura in sé (che tra l’altro si è già affacciata in passato in serie TV, videogiochi ecc, ma ci arriveremo), bensì la scelta da parte di Ubisoft di non dare spazio, come da tradizione, a un personaggio “tipico” del contesto geografico e cronologico di riferimento. Ma andiamo nel dettaglio.

UNA TRADIZIONE CONSOLIDATA, ALMENO PER LUNGO TEMPO..

Partiamo facendo presente una semplice verità: Ubisoft non ha mai avuto grosse pretese di accuratezza storica similmente a franchise quali Age of Empires o Total War. Pur avvalendosi di consulenti molto preparati, l’azienda è sempre scesa a compromessi per ragioni di narrazione e di gameplay. Più che “storicamente accurato”, sarebbe infatto corretto definire il franchise di Assassin’s Creed come “storicamente influenzato”.

Tant’è che pure nello stesso trailer di Assassin’s Creed Shadows, per fare un esempio, si possono notare dei samurai combattere a campo aperto con addosso armature cerimoniali (che mai avrebbero indossato, nella realtà). Tuttavia la serie si è fatta conoscere ed è diventata celebre e di successo anche per la capacità di immergere il giocatore in un contesto storico comunque verosimile e a suo modo realistico, almeno in termini di pura ambientazione.

Nel 2007 con il primo Assassin’s Creed, dove tutto ebbe inizio

Senza contare le svariate figure storiche apparse come NPC oltre che come personaggi chiave all’interno dei vari capitoli. Come dimenticare Caterina Sforza e Leonardo da Vinci in Assassin’s Creed II e Assassin’s Creed Brotherhood. O anche la Cleopatra di Assassin’s Creed Origins, che tra l’altro risulta più accurata di quella protagonista della serie “Regina Cleopatra” su Netflix. Così, per dire.

Fatta questa premessa, è doveroso far presente quanto Ubisoft ci abbia abituato fin dal principio a giocare nei panni di uno (o due) protagonisti “di fantasia”, ma comunque verosimili e 100% coerenti con il contesto e il periodo storico in oggetto. Assassin’s Creed Odyssey era ambientato nell’antica Grecia, e come protagonisti vi sono Alexios e Kassandra, due greci in tutto e per tutto.

I due protagonisti di Assassin’s Creed Valhalla (2020). A sinistra Eivor Varinsdottir, mentre a destra… Eivor Varinsdottir

Stessa cosa con Assassin’s Creed Origins e il medjay Bayek, con Assassin’s Creed Syndicate e Jacob/Evie Frye, e così via a ritroso. Una costante che permetteva di volta di volta un’immersione più efficace nella trama, comunque di fantasia. La prima “rottura” con tale tradizione è avvenuta quattro anni fa con Assassin’s Creed Valhalla, dove invece di avere due personaggi distinti, troviamo Eivor Varinsson che può essere sia uomo che donna (a seconda della scelta, il background risulta diverso).

Al tempo Ubisoft ha giustificato la cosa dicendo che nella vecchia lingua norrena Eivor è un nome dal genere neutro, un po’ come il nostro Andrea. Tuttavia non posso fare a meno di ritenerla comunque una forzatura, almeno in parte. Al di là del valore ludico del gioco in sé, va riconosciuto infatti quanto Eivor fosse, in ogni caso, un personaggio vichingo in tutto e per tutto, a partire dall’estetica. La questione di Assassin’s Creed Shadows va però affrontata a parte, ed è quello che ora farò.

RAZZISMO? ASSOLUTAMENTE NO. PURO MARKETING

Yasuke è indubbiamente un personaggio storico interessante e unico nel suo genere: se volete approfondire, vi rimando al video qui sopra realizzato dal nostro Claudio Pira, storico e docente. Quella del “samurai nero” è una figura già apparsa in alcune opere d’intrattenimento, tra cui una serie TV (abbastanza dimenticabile a dire il vero) dove è persino protagonista. In ambito videoludico invece lo ricordiamo, tra le altre cose, nelle vesti del samurai d’ossidiana in Nioh 2.

“Lì però di polemiche non ce ne furono”, è una delle affermazioni fallaci che imperversano in questi giorni in merito alla questione. Il motivo è presto detto: Team Ninja non ha mai presentato le stesse “velleità storiche” di Ubisoft. La quale, come ho scritto in precedenza, non ha mai avuto pretese di accuratezza assoluta, ma per quanto possibile (soprattutto in termini di ambientazione) sì. Nel caso del nuovo Assassin’s Creed Shadows l’azienda ha arruolato come consulente Sachi Schmidt-Hori, storica e docente di cultura e letteratura giapponese presso il Dartmouth College negli Stati Uniti (e fin qui nulla da obiettare) nonchè attivista LGBTQ+…

Yasuke aka “il samurai d’ossidiana” in Nioh 2 (2020), dove è un boss da affrontare

E’ quindi probabile che dietro la scelta di rendere Yasuke co-protagonista del nuovo capitolo ci sia lei. E quale è il problema, vi starete chiedendo? In teoria nessuno. Non serpeggia alcuna forma di razzismo tra i videogiocatori, e d’altra parte quella del samurai nero è appunto una figura storica realmente esistita, anche se sul suo conto aleggiano ancora oggi diversi dubbi. A partire dal fatto di essere stato effettivamente “nominato samurai” da Oda Nobunaga: un evento ancora oggi messo in discussione tra diversi storici di professione. In ogni caso tale elemento non è funzionale alla questione in oggetto, che invece riguarda questa scelta da parte di Ubisoft.

Dalla quale mi sarei legittimamente aspettato, trattandosi di un capitolo ambientato in Giappone e riguardante un periodo storico specifico della storia giapponese, di giocare nei panni di un autentico guerriero giapponese. “Eh ma c’è Naoe, suvvia”. Sì, ma non è questo il punto. Per la prima volta nella storia del franchise si è deciso di prendere una figura storica realmente esistita e di renderla un personaggio giocabile. Benissimo, forte! Ma c’erano samurai ben più importanti (e anche celebri) tra cui scegliere, alcuni dei quali praticamente contemporanei allo stesso Yasuke, come Hattori Hanzo e Ieyasu Tokugawa.

A sinistra una raffigurazione di Hattori Hanzo (1541-1596), a destra la sua rappresentazione in Kill Bill: Volume 1 (2003), impersonato dal celebre Sonny Chiba

Figure che avrebbero permesso, come da tradizione, di rendere ancora più immersiva l’esperienza. Perciò il fatto di aver voluto puntare (strizzando l’occhio a quello che oggi viene definito “politicamente corretto”) sull’unica figura storicamente rilevante ma non-giapponese, appare quantomeno discutibile. Visti e considerati gli pseudo-scandali che hanno investito il settore negli ultimi anni (dalla questione di Aloy in Horizon a quella di Eve in Stellar Blade, per citarne un paio), è molto probabile che dietro tale scelta vi siano unicamente ragioni di marketing. E’ risaputo infatti che il passaparola e soprattutto le polemiche (giuste, sbagliate, legittime, illegittime che siano) siano gli strumenti pubblicitari più potenti, della serie “bene o male l’importante è che se ne parli”.

Ciò detto, di Assassin’s Creed Shadows sappiamo ancora poco e niente. Oltre al fatto che tutta la faccenda non dovrebbe arrivare a costituire una ragione, effettiva o potenziale, di boicottaggio del gioco. Sinceramente non vorrei assistere di nuovo a manifestazioni pubbliche di QI sottozero come fu nel caso di Hogwarts Legacy, dove ci fu chi provò (fortunatamente fallendo) a incoraggiare il boicottaggio dell’opera per protesta nei confronti di alcune idee della mamma di Harry Potter, J. K. Rowling. La quale oltrettutto non era stata minimamente coinvolta nello sviluppo del gioco da Avalanche Software, rendendo così illegittimo/ingiusto a monte il boicottaggio del gioco. Ricordiamoci che dibattere e discutere fa sempre bene, a patto che venga fatto con cervello e cognizione di causa. Cose tutt’altro che scontate, oggi più che mai.

A prescindere da tutto, sono pronto a scommettere che sarà un titolo memorabile