Bloodhound, la copia di mille copie, recensione
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Bloodhound si propone al pubblico come un divertente e frenetico sparatutto in prima persona dalle tinte horror, ispirato alle produzioni degli anni ’90. In realtà però le cose andranno un po’ diversamente: in fin dei conti puntare principalmente (se non unicamente) sulla nostalgia non sempre può bastare a tenere a galla il tutto. Qualche nota positiva però c’è, e ve ne parleremo fra poco. Il team di Kruger & Flint Productions (di stanza a Varsavia, in Polonia ndr), sembra voler concedere ai giocatori la possibilità di fare un salto nel passato, offrendo però qualcosa di “proprio”. Ci saranno riusciti?
E dopo aver offerto un assaggio lo scorso marzo con Bloodhound: First day in hell (una sorta di prologo, ancora adesso disponibile gratuitamente su Steam), la software house indie è pronta a offrirci l’opera completa. Scopriamo cosa ci attende in questa recensione della versione Pc di Bloodhound. Ricordiamo che il gioco, pubblicato dallo stesso team di sviluppo. è disponibile unicamente su Steam. Per il 2024 tuttavia è previsto l’arrivo anche su PS4, PS5, Xbox One e Xbox Series X/S. Buona lettura.
DOVE, QUANDO, MA SOPRATTUTTO COSA?
Alla pari di altri FPS “vecchia scuola”, anche in Bloodhound la trama non sarà il cardine dell’esperienza, per quanto uno sforzo in più su tal fronte non avrebbe certo fatto male. Cosa sappiamo allora? Impersoneremo un membro dell’Ordine dei Custodi dei Cancelli, che ha il compito di proteggere i portali dell’Inferno. Questi ultimi sono minacciati dal folle culto di Astaroth, che intende spalancarli e scatenare un male impareggiabile sul mondo.
Starà a noi quindi sradicare la setta e mandare a monte i loro piani diabolici. Per farlo inizieremo a viaggiare attraverso misteriosi portali demoniaci, che ci condurranno in varie location senza un apparente senso logico o di semplice continuità. Passeremo da oscure paludi, claustrofobiche catacombe e giardini di architettura gotico-medievale a location più moderne come laboratori, prigioni e siti di lancio missilistici.
Possiamo innanzitutto affermare quanto Bloodhound non riesca minimamente a stupire in termini di originalità. Il gameplay sarà un susseguirsi di aree spoglie con “segreti” piuttosto banali, e spesso in bella vista. Per giunta la strada verrà molto spesso bloccata dalle tipiche barriere divisorie che ci chiuderanno temporaneamente dentro aree piene di nemici. Dopo aver liberato la zona sarà possibile andare avanti lungo il prossimo “corridoio” in ambienti rigorosamente lineari, senza grandi sorprese o colpi di scena.
Con qualche nuova arma sul nostro percorso e qualche aggiunta agli oggetti utilizzabili, la nostra “passeggiata” proseguirà fino a che non ci lasceremo alle spalle una valanga di sangue. A volte dovremo trovare delle chiavi per aprire il passaggio e altre volte tirare delle leve e… Poi basta, che altro volevate? Tutto il il gameplay ruoterà attorno a questo, inframezzato giusto da qualche generico power-up. Entrare in una zona, uccidere tutti, trovare la chiave e uscire. Fine.
ANCHE TU QUI EH?
Se esistesse una misura per la forma della genericità standard, Bloodhound ne rispetterebbe ogni caratteristica. La premessa è sì quella di offrire un contenuto ispirato al passato (nello specifico a mostri sacri come Doom e Quake), ma qui cadiamo molto più indietro… Il p(i)attume dilagherà prepotente, mentre avanzeremo passo dopo passo. Inoltre il fatto di avere a che fare con nemici, armi e location tra le più genericamente mai viste nella storia dei videogiochi non aiuterà affatto.
Oltretutto non vi è neanche un accenno di coerenza: nel nostro arsenale vi saranno sia armi di fattura “demoniaca” che “tradizionale”: perchè? Per le combinazioni di nemici e location il tutto sembra essere stato estratto a sorte da un cilindro ricolmo di bigliettini. Nemici del più disparato genere salteranno fuori da continue e accecanti nuvole di fumo, attaccandoci dalla distanza o inseguendoci con dei goffi attacchi corpo a corpo. Le loro esplosioni in litri di sangue sapranno essere piacevoli, almeno all’inizio…
Fino a che non inizieranno a ripetersi e a diventare stantie, e dove il tutto non potrà fare a meno di trasformarsi in una speedrun con i paraocchi fino all’uscita del livello. Nemmeno il level design riesce a salvarsi in quel di Bloodhound. Ai nostri occhi non traspare il benchè minimo senso di passione nel voler provare ad offrire qualcosa di differente. Saremo sempre e solo invasi da nemici alle nostre spalle, sbattendo su porte che ci sbarreranno la strada all’ultimo.
Le sorprese saranno più “telefonate” di una signorina di una linea bollente, e tutto il gameplay risulterà infine solo una copia con meno pretese di tanti e più conosciuti FPS di “serie Z”. Per giunta senza mai offrire qualcosa che sia lontanamente originale. Le munizioni sparse in giro ci daranno almeno un minimo di incentivo all’esplorazione, assieme alla necessità di ritrovamento delle chiavi. Di fattura discreta sono almeno i modelli dei nemici, piacevoli sia da “osservare” che da far esplodere. Si tratta probabilmente degli elementi più curati della produzione: a seguire le armi e le location, che invece sono le più trascurate.
NO, NO E ANCORA NO
Dove possiamo partire con il lato tecnico di Bloodhound? Colonna sonora generica “metal wanna be”, level design mononeuronale privo di qualsivoglia spunto, calderoni di nemici di ogni epoca e genere e livelli casuali scollegati. Luci piazzate alla bene e meglio, vite dei boss che scompaiono improvvisamente, elementi riciclati ovunque, altri piazzati in giro senza fantasia e altro ancora.
Le armi avranno la funzione secondaria di poter estrarre una seconda bocca di fuoco, ma solo alcune. Altre non faranno nulla, mentre altre ancora avranno lo standard dello standard, come detonare i colpi, attaccare corpo a corpo o sparare colpi caricati. Nulla di neanche vagamente originale, per giunta con animazioni alquanto rozze. Ciliegina sulla torta, i nemici (al netto di modelli discreti) sembrano solo degli assets presi e buttati nella mischia senza la minima pianificazione.
Gargoyle, Ku Klux Klan, cristiani pseudo-religiosi, vampiri comunisti, i demoni di Doom, le succubi di Agony, Resident Evil in quantità, Jason Voorhees (Venerdì 13 ndr) sovrappeso, puttini assatanati, gli Psycho di Borderlands… Originalità e personalità non pervenute. Come abbiamo detto in precedenza, la colonna sonora è assolutamente dimenticabile, mentre le varie animazioni fra teletrasporti e sblocco dei portali risultano semplicemente prive di effetti e decisamente tristi.
Non è mancato un crash del motore grafico di gioco, con scontri nemici che spesso inizieranno con spiacevoli crolli di framerate prima di stabilizzarsi. Qualche ritardo nel caricamento delle texture e alcuni demoni che caricheranno dal lato sbagliato, invece, non saranno tutto questo un problema. Varietà di nemici e animazioni di morte curate non bastano a salvare una produzione che, alla fine della fiera, appare come sì come un omaggio al passato, ma senza una vera anima…
DA EVITARE
Bloodhound è un perfetto esempio di come non (!) realizzare un omaggio ai tempi che furono. Tutta l’esperienza appare, metaforicamente, come un calderone con tanti elementi generici lanciati dentro alla rinfusa. Nulla di ciò che il titolo offre appare concretamente ispirato, se non in rari momenti. Il team di Kruger & Flint Productions ha dichiarato in maniera trasparente il proprio intento, ma non è riuscito a proporre qualcosa di “caratteristico”, peculiare, anche in ottica di tributo al passato. Il risultato è dunque quello di un prodotto che manca di coerenza e di idee, che accanto ad altri “colleghi” finisce inevitabilmente con lo sfigurare. Di brutto.
Pregi
Una "pittoresca" varietà di nemici, con delle buone animazioni di morte.
Difetti
Level design d'una povertà disarmante. Estetica già vista, sonoro già sentito. Tecnicamente raffazzonato. Cali di framerate all'inizio dei livelli. Svariati problemi visivi e strutturali.
Voto
4,5