Se siete affamati di esperienze emozionanti e immersive, lo sviluppatore indipendente Jake Kazdal, fondatore dello studio 17-Bit, ha rilasciato il suo terzo lavoro nonchè primo titolo in realtà virtuale, Song in the Smoke. Parliamo di un gioco unico nel suo genere e dalla forte impronta survival. Un titolo esplorativo mistico e spiritico.
Siamo cacciatori, ma saremo anche in grado di sopravvivere in un ambiente selvaggio? E’ tempo di scoprire se finiremo con l’essere prede oppure no. Di seguito la recensione della versione Pc di Song in the Smoke, che abbiamo testato con il Valve Index. Ricordiamo che il titolo è disponibile anche per Oculus Quest/Rift e PS4 VR. Buona lettura.
VILMAAA! LA CLAVA!
Song in the Smoke è forse la prima “simulazione” survival primitiva, nuda e cruda, disponibile attualmente per realtà virtuale. Il gioco si apre con un’ignota e inquietante visione di un corvo deforme. Sarà questa creatura a guidarci verso il nostro obiettivo primario, ovvero, quello di seguire una misteriosa canzone composta da cori femminili attraverso ambienti selvaggi e pericolosi.
Avremo un mappa e alcuni messaggi visivi che ci indirizzeranno sempre più velatamente verso il prossimo obiettivo. Una magica pietra tribale risuonerà, attirandoci con la sua misteriosa canzone negli angoli più nascosti della mappa. Visioni del passato appariranno come fantasmi sul nostro cammino, infittendo ancora di più quell’accenno di trama che fino a quel momento si presenterà in modo timido ma accattivante.
Man mano che raccoglieremo queste pietre, sbloccheremo dei passaggi mistici. Questi ci porteranno in “versioni più affollate” dell’attuale mappa, per poi proseguire in nuove zone ancor più pericolose. Ben presto saremo obbligati a cacciare per non morire di fame. Nel contempo dovremo creare equipaggiamenti sempre più consoni alla sopravvivenza come archi, frecce, mazze primitive, sacche da viaggio e così via.
Anche la cura del nostro “uomo primitivo” sarà fondamentale. Nel titolo di 17-Bit infatti dovremo preoccuparci di mangiare, dormire, ripararci dal freddo e medicare le nostre ferite. Un’intensa esperienza survival che ci farà impersonare in modo riuscitissimo il nostro primitivo alter-ego. Potremo scegliere il sesso e difficoltà dal menù iniziale e, anche se potrà sembrare poco, ne siamo rimasti comunque soddisfatti.
NULLA SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE…
In Song in the Smoke spesso troveremo varie fonti naturali di materiali da costruzione, come sassi per vari utilizzi e grandezze, legname di diverso spessore e anche bacche e piante varie. Quasi tutto sarà riutilizzabile, e utile per qualcos’altro. Potremmo fondere, unendo le mani, i vari oggetti rinvenuti. Intagliare rami, rompere legna, creare luce e fabbricare pietre acuminate saranno solo alcune delle variegate azioni manuali che impareremo per sopravvivere al meglio.
Il gioco non offre dei salvataggi automatici, ma solo manuali. Una scelta brutale, quella di poter salvare solo all’interno di un falò (una volta costruito). Se inizialmente le pietre abbonderanno, più avanti diverrà difficile accumularle. I giocatori meno “resistenti” alla realtà virtuale, si ritroveranno a sudare freddo nel tentativo di non gettare all’aria ore di progressi, mentre provano a resistere nella vita reale. Oltretutto più si prosegue e più gli ambienti diventeranno ostili e ansiogeni.
Song in the Smoke sa come creare la giusta atmosfera. Il ciclo giorno-notte e le condizioni meteorologiche sono importanti fattori che spingono sul realismo. Udire passi intorno a noi (mentre l’oscurità ci avvolge) sarà emozionante e al contempo spaventoso. L’arco in tensione, pronto a scoccare, i nostri riflessi pronti a reagire, la natura pronta a testare le nostre capacità. Tutto ciò imprime nella nostra mentre esperienze indimenticabili.
Il titolo possiede una certa longevità, complici soprattutto le esperienze di caccia. Nei pressi del falò invece sarà possibile montare attrezzature da campo similmente a come visto in The Forest, “saldando” pezzo per pezzo. Queste saranno utili per essiccare carne, ritagliare vestiti e conservare oggetti. Il resto del legname inutilizzato invece potrà essere sfregato con il coltello, fino a farlo diventare carburante per il fuoco.
TUTTO SI TRASFORMA…
Sul fronte gameplay abbiamo subito familiarizzato con il movimento delle mani. Queste non muovono ogni singolo dito come nei titoli VR più avanzati, ma non abbiamo sentito alcun bisogno di questi dettagli. Possiamo agguantare a distanza gli oggetti per poi riporli nello zaino, come succede anche in Half-Life: Alyx, portandoli sopra la spalla per collezionarli.
Il movimento è libero, gestito dalla levetta del nostro controller. Per chi soffre di motion sickness è possibile usare il comando di salto per balzare a piccoli tratti. Lo stesso pulsante viene usato anche per scavalcare pareti non troppo alte o saltare oltre i dirupi. Il movimento segue il nostro sguardo, ma sarà sempre possibile regolare queste impostazioni nel menù. Il tutto per avere un confort più adatto alle proprie esigenze.
Noi sconsigliamo il “bunny hop” vista la dinamicità degli scontri e nelle cacce, anche se sono comunque affrontabili. Nei combattimenti il tempo rallenterà poco prima di essere attaccati. Potremmo proteggerci o colpire il punto debole, a noi la scelta. Accucciandoci nella vita reale entreremo in modalità stealth, vedremo le sagome evidenziate degli animali e dei loro organi. Emozionante. Sentiremo lo spirito della caccia scorrere in noi.
Le meccaniche di creazione sono veramente moltissime. Con un movimento delle mani possiamo spezzare i rami, raccogliere e mangiare bacche, tritare piante con il mortaio per ottenere tonici di vario tipo e altro ancora . A portata di spalla potremo inserire due armi, da equipaggiare velocemente in caso di necessità. Senza contare la possibilità di scuoiare gli animali, accendere fuochi colpendo pietre e montare strumenti. Insomma, avremo libertà di azione a palate.
PREDA O PREDATORE?
Graficamente Song in the Smoke si presenta con una grafica pastellata “mescolata” ma dettagliata, quasi come uno cel-shading dipinto a mano. Gli ambienti selvaggi e folti di vegetazione, seppur semplici, hanno un loro impatto sul realismo del gioco. I colori sono vividi e accesi, mentre la magia risalta sulla natura con colorazioni che si avvicinano spesso ad uno stile neon contrastante ma efficace.
Ottimo il lato tecnico, seppur lontano dalle maniacali cure al dettaglio fisico ambientale presenti in altri rari titoli VR. In ogni caso parliamo di un comparto solido e privo di sostanziali difetti. Attraverso esso si percepisce l’amore nello sviluppo del titolo da parte di 17-Bit. Nel caso della realtà virtuale parliamo comunque di una tecnologia “sperimentale”, perciò non ci sentiamo di soffermarci troppo su alcuni dettagli probabilmente trascurabili.
A voler trovare il pelo nell’uovo, potremmo dire che la griglia perimetrale, che ci avverte sui confini dei nostri spazi di gioco, qui non è presente. Questo richiede una certa consapevolezza dell’ambiente in cui siamo, nonostante questa si perda quasi totalmente una volta indossato il visore. Con alcuni oggetti, invece, si fatica a comprenderne il corretto funzionamento. E’ richiesta molta attenzione visiva per non perdere gli importanti consigli di gioco che, una volta fatti nostri, ci spingeranno a proseguire anche improvvisando.
Il titolo di 17-Bit è coerente con il suo spirito simulativo. Duro e crudo, divertente, emozionante e appagante. Un’esperienza che fa della sua longevità il nostro divertimento nell’esplorare e cacciare. Una sfida adatta a tutti nelle prime fasi, ma solo per veri impavidi nelle fasi finali. Noi siamo decisamente soddisfatti e vogliamo premiare la cura nel lavoro svolto. Speriamo di vedere sempre più titoli in grado di rapirci come in Song in the Smoke. Ottimo lavoro.
DA AVERE SENZA RISERVE
Song in the Smoke è un esperimento survival più che riuscito, più che reale. Trovarsi nella natura, guardarsi attorno pronti a combattere per la sopravvivenza… E’ davvero surreale. Ci verrà naturale immergerci in questo spirituale viaggio preistorico. Sicuramente un must per tutti i possessori di VR. Il primo gioco in realtà virtuale di 17-Bit ci ha conquistati e se non fosse per la “stanchezza da visore”, ci saremmo scordati di uscirne. Qualche dettaglio trascurabile non intacca l’ottimo lavoro svolto.
Pregi
L'ansia della caccia è palpabile, mentre la tensione si taglia con il coltello, specie di notte. Crafting manuale intrigante. Stabile e fluido.
Difetti
Griglia perimetrale assente. Alcuni rari disallineamenti corpo/testa in modalità stealth. Fasi avanzate brutali per i novizi del VR.
Voto
8,5