Distant Worlds 2, la nostra recensione
Ecco il ritorno della più brillante e anonima gemma del genere 4X di stampo fantascientifico
Nel corso della storia, il mondo videoludico è stato attraversato da titoli capaci di distinguere un intero genere. Parlando di strategici in tempo reale, per esempio, è facile pensare a Command & Conquer e Starcraft. Nell’ambito invece dei 4X, tralasciando il leggendario Master of Orion (cui gli è succeduto e con onore Interstellar Space Genesis), ad oggi è quello di Stellaris è il nome più accreditato per la nicchia fantascientifica.
Eppure, vi è in realtà un titolo ben più profondo, complesso e appagante. Stiamo parlando di Distant Worlds, del quale è recentissimamente uscito il sequel. Sviluppato da Code Force e pubblicato dall’eclettico editore Slitherine, si tratta di una gemma brillante. Ma al tempo stesso solitaria, che sfortunatamente non ha ottenuto il successo che avrebbe meritato.
La fiducia concessa dal celebre publisher britannico ha però consentito allo studio neozelandese di lavorare a un seguito. E dunque eccoci qui, a parlarvi di Distant Worlds 2 in questa recensione. Ricordiamo che il titolo è disponibile esclusivamente su Pc, via Steam. Buona lettura.
UN PO’ DI STORIA
Uscito nel 2010 e oggetto di ben tre espansioni, si può dire che in un certo senso il primo capitolo inventò una nuova formula per gli strategici 4X. Prodotto orientato a un pubblico esperto e appassionato di fantascienza, il gioco era ed è tutt’ora capace di offrire una libertà incredibile. Oltre a mappe galattiche quasi infinite e una miriade di opzioni di personalizzazione, era la vita vera e propria in quell’universo a farla da padrone.
In Distant Worlds, a seconda del setting determinato a inizio partita, potevamo lasciare tutto in mano all’IA e andare a esplorare le stelle. Quasi fossimo in uno space-sim. In alternativa potevamo dedicarci alla diplomazia, lasciando guerra e sviluppo delle colonie ai nostri consiglieri, divertendoci a intessere rapporti e inviare spie in missione. O ancora, potevamo concentrare il nostro gameplay sulla ricerca e sullo sviluppo di navi e armi.
E la galassia era viva sul serio. Creature, fazioni neutrali, alleanze che si creavano e si rompevano, altre navi spaziali con cui interagire. Rovine di antiche civiltà, astronavi aliene sconosciute da recuperare e guidare, mondi dai biomi più disparati. E non ultimo, la rotazione dei pianeti sull’asse dei sistemi solari. Quest’ultimo fattore era ed è un orpello grafico, ma ad oggi nessun titolo ha riproposto questa meccanica, capace di donare realismo a dispetto della sua semplicità.
Era il gioco stesso ad offrirci queste possibilità, con archetipi atti a facilitare l’introduzione per partite più veloci. Un gioco incredibile, con due soli difetti: una grafica un pelo datata e un’interfaccia davvero difficile da gestire. Ma presa un po’ di confidenza con quest’ultima, la valanga di mod e una community molto attiva ne hanno portato avanti lo spirito. Tanto che nel 2014 uscì Distant Worlds Universe, una collection comprensiva del gioco e di tutte le espansioni. A distanza di otto anni, Distant Worlds 2 saprà darci le stesse emozioni? Scopriamolo insieme.
LE STELLE, UN POSTO MIGLIORE DELLA TERRA
Distant Worlds 2 inizia come da aspettative. La scelta della dimensione della galassia ne determina sia la forma che la quantità di stelle. Si può arrivare ad un’immensa mappa con più di 2000 sistemi solari a piccole porzioni di spazio, senza dimenticare le nebulose e la loro densità. Quest’ultimo elemento è una novità introdotta in questo sequel, e rappresenta di fatto un ulteriore spunto strategico. Essendo difficili o generalmente quasi impossibili da attraversare, rappresentano sostanzialmente confini invalicabili di un open world.
La generazione della galassia risulta quindi ben più complessa rispetto a Stellaris e Interstellar Space Genesis. Abbiamo ad esempio fazioni pirata che causeranno più di un fastidio nelle fasi iniziali della partita. Il bello della fase di creazione è che questi elementi possono essere gestiti al fine di avviare una partita più tranquilla. Oppure più frenetica. La scelta sarà sempre del giocatore anche se, a nostro avviso, è meglio iniziare con un setting più semplice poiché i fattori da considerare sono tantissimi.
Entrati in gioco, scopriremo immediatamente che l’interfaccia ha subito un restyling totale rispetto al primo capitolo. Ora risulta più in linea con i canoni del genere, pur mantenendo intatta la gargantuesca mole di informazioni che dovremo gestire. Ogni menu è organizzato con varie schede dove con pochi click del mouse avremo a portata le nostre flotte, pianeti colonizzabili, personaggi e via discorrendo.
Se per i giocatori esperti il tutto rappresenterà una normale routine con qualche rinfrescata, per i neofiti la situazione potrà irrigidirsi. Il tutorial è purtroppo affidato solo a una serie di schermate illustrative in sequenza. Sarebbe stato decisamente meglio proporre una serie di scenari atti a descrivere e facilitare l’apprendimento delle varie meccaniche. Un po’ come accade ad esempio in Command: Modern Operations.
UNA SAGA DA SPACE OPERA
Nella maggior parte dei 4X, il giocatore viene abituato ad avere il controllo diretto su praticamente ogni aspetto del proprio impero. Come nel primo capitolo, anche in Distant Worlds 2 si cerca quindi una sorta di realismo introducendo alcuni elementi di rottura. Ogni fazione avrà una serie una serie di meccaniche da controllare e altre a interagire di proprio conto. Provando a riassumere, avremo dunque vari imperi rivali o potenzialmente alleati, cittadini privati e vita galattica interamente gestita dall’intelligenza artificiale.
La creatura di Code Force comprende molte risorse da estrarre su vari pianeti, asteroidi e giganti gassosi. Dall’energia che alimenta le centrali elettriche, all’acciaio per costruire navi e basi e la lussuosa spezia ricercata dai civili in tutta la galassia. Queste risorse devono essere sfruttate e riportate ai sistemi, ai pianeti e alle navi che ne hanno bisogno. E saranno i mercanti, i corrieri a creare questo quadro in continuo movimento.
Mentre il giocatore costruisce le stazioni minerarie, l’economia privata sposterà quelle risorse di proprio conto. Esse oltretutto rappresentano l’iniziale nonchè principale fonte di reddito da imposte per le spese di costruzione navale. Esattamente come nel primo Distant Worlds, anche qui per impostazione predefinita abbiamo una serie di opzioni automatizzate. Il tutto potrà essere personalizzato a piacimento. La componente diplomatica, al momento, risulta invece semplificata.
Di conseguenza ci aspettiamo miglioramenti in futuro. Potremo inviare doni in denaro o tecnologie per intessere fruttuosi rapporti con un rivale, finanche allearci e dar battaglia a terzi. Le colonie indipendenti, altra perla che abbiamo sempre adorato della serie, sono singole fazioni che non si espandono. Possono però essere assoggettate alla nostra fazione sia in modo amichevole che con la guerra.
PROGETTARE, RICERCARE, ESPLORARE
L’albero delle tecnologie è parte integrante di ogni buon 4X. In Distant Worlds 2 vengono introdotte le meccaniche di Research Pathing e Research Visibility. La prima permette di pianificare una serie di ricerche che sfoceranno in varie tecnologie sviluppate in sequenza, un po’ come accade in Interstellar Space Genesis. La seconda invece prevede la possibilità per il giocatore di limitare l’albero solo alle tecnologie di prossimo sviluppo. Questa scelta è stata adottata per rendere fruibile e più ordinato l’intero comparto, visto che il ventaglio di possibilità è immenso.
C’è poi il Designer di navi e stazioni, che costituisce un gioco nel gioco. Un aspetto di assoluto valore, in quanto sia le navi che le stazioni sono quasi totalmente personalizzabili. Il Designer ci permetterà di creare progetti per produrre navi e stazioni con armi e sistemi diversi, come laboratori e sensori. Potremmo perdere ore ed ore per cercare l’assett secondo i nostri gusti o lasciare il tutto in mano all’IA. L’esplorazione è, come ci aspettavamo, infinita. Similmente al primo capitolo, anche questo sequel gode di una componente narrativa, seppur a sostegno dell’intero comparto strategico.
La nostra missione sarà sempre quella di esplorare le stelle alla ricerca delle antiche rovine, con i famosi Shakturi sempre dietro l’angolo. Ciò è bellissimo perché il tutto si svolge quanto, nel contempo, miliardi di vite continuano la loro routine in questo “universo olografico”. Di fronte a un titolo così vasto sotto ogni punto di vista, era lecito aspettarsi un deciso passo in avanti anche sul fronte tecnico. E visto e considerato che Code Force può essere considerato un team di sviluppo indipendente, il risultato è nel complesso gratificante.
Certo, i modelli delle navi, le animazioni e gli” effetti speciali” tradiscono la natura indipendente della produzione. Allo stesso tempo però l’interfaccia utente è stata migliorata sotto ogni punto di vista, risultando più chiara e intuitiva. A livello audio è Stellaris a dettare ancora leggere in questo genere. Tuttavia riteniamo che non poteva andare diversamente, poichè tutto l’impegno da parte del team di sviluppo è stato profuso al fine di offrire agli appassionati ciò che conta davvero. Perdersi nella galassia per una quantità di ore indefinita e indefinibile.
DA AVERE ASSOLUTAMENTE
Distant Worlds 2 è la naturale evoluzione del suo predecessore. Quello di Code Force è un titolo incredibile profondo, raffinato e sfaccettato. Sicuramente più adatto a un pubblico smaliziato e già a suo agio con meccaniche del genere. La cui complessità potrà probabilmente finire con lo scoraggiare i giocatori occasionali. Il che non rappresenta necessariamente un male, anzi. La galassia sembra autenticamente viva, e le sfide sono continue. Se si cerca qualcosa in cui perdersi totalmente, questo è il posto giusto.
Pregi
Un 4X immenso. Rigida curva d'apprendimento (ma livelli di difficoltà scalabili). Una buona trama al servizio del gameplay.
Difetti
Non adatto ai giocatori occasionali. Sul tutorial si poteva fare qualcosina in più.
Voto
9