The Longest Road on Earth, recensione PS4

Viaggio tra le note di una grigia canzone

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Un treno che percorre stancamente dei binari senza fine. Una nave che fa sempre la stessa tratta. Giorni monotoni che passano tutti uguali. Questo è il sapore agrodolce di The Longest Road on Earth, avventura narrativa in bianco e nero sviluppata da Brainwash Gang e TLR Games.

Senza troppi preamboli andiamo subito a scoprire il gioco in questa recensione della versione PS4, curata dalla nostra Erika Pezzato. Ricordiamo che il titolo, pubblicato da Raw Fury, è anche disponibile su Pc, PS5, Xbox One, Xbox Series X/S e Switch. Vi auguriamo una piacevole lettura.

C’ERANO UNA VOLTA DELLE PERSONE SOLE

Una cosa va detta subito. The Longest Road on Earth può essere sia per tutti che per pochi. Dipende solo dallo spirito con cui ci si approccia a questo titolo. La sensazione che si prova non appena si avvia la schermata di gioco è quella di un leggero senso di smarrimento, da cui si cerca di uscire cercando di compiere una qualsiasi azione.

Probabilmente è propria questa la chiave di uno dei messaggi principali che ci vengono proposti, in questa particolare opera. In un mondo abitato da animali antropomorfi, ci troveremo di fronte a delle storie di fin troppo umane. Non tanto perché le vicende siano mosse da chissà quale alto ideale, ma perché esse risultano “avvelenate” da una convenzionalità che sbigottisce.

Seguiremo infatti quattro episodi apparentemente slegati tra loro, racchiusi in una cornice narrativa abitata da un anziano antiquario-alligatore, che sembra vivere i ricordi degli oggetti presenti nel suo negozio. Ogni capitolo racconta di “persone” totalmente diverse tra loro, con diversi modi di vivere.

L’attenzione però si concentra su ciò che fanno inconsciamente nella vita di ogni giorno, dove improvvisamente si può notare qualcosa che li lega. Ogni capitolo cerca, infatti, di mostrarci la monotonia del quotidiano vista da una diversa prospettiva. Talvolta riuscendoci perfettamente, altre volte un po’ meno.

JE VOI LA VIE EN GRIS

La scelta artistica degli sviluppatori che spicca maggiormente in The Longest Road on Earth è quella di aver deciso di utilizzare, come unica e sola palette cromatica, una vasta scala di grigi. Ciò che ne scaturisce non è solo un profondo senso di nostalgia. Ma anche l’idea che il grigio e le sue varie sfumature possano simboleggiare un particolare concetto di “vita” che ci viene mostrato.

Proprio per l’utilizzo limitato dei colori, la pixel art utilizzata durante il gameplay non sempre riesce a risultare attraente alla vista. Essa però viene compensata dalle stupende visuali in prima persona che costituiscono delle piccole opere d’arte. I primissimi piani dei personaggi bucano letteralmente lo schermo. Ogni inquadratura al dettaglio ha un che di poetico. Cosa che finisce con il rimpolpare la piattezza di alcuni momenti fin troppo statici e lenti, anche per un’avventura narrativa.

NON SERVONO PAROLE

Durante la nostra run non avremo mai a che fare con dei dialoghi. Ciò rende il titolo perfettamente fruibile senza nessun bisogno di localizzazione. Nonostante questo, The Longest Road on Earth è tutt’altro che silenzioso, perché a regnare sovrana è una stupenda colonna sonora che ci accompagnerà per tutto il viaggio dei protagonisti.

I brani di Beícoli sono in grado di trascinare tutta la narrazione, e cullano dolcemente il giocatore/spettatore fino alla fine di ogni capitolo. Per quanto un titolo simile sia estremamente di nicchia e spinga molto su delle dinamiche estremamente concettuali, non si può non notare la totale fedeltà dei propri autori verso un ben preciso fine artistico legato a quest’opera.

Lo si può notare nella regia quasi coreografata sulla musica. Come anche nella cura di determinati dettagli che mostrano un certo amore per il cinema d’autore. Tuttavia per poter apprezzare a pieno la creatura di Brainwash Gang e TLR Games è necessario prendere atto del fatto che non troveremo un gameplay accattivante, né una trama particolarmente audace.

Il videogioco, nonostante la breve durata, richiede il suo tempo perché impone più di una fase di totale contemplazione. Peculiarità che può essere considerata affascinante per alcuni giocatori, ma decisamente snervante per altri. Come già accennato, il gameplay è quasi totalmente inesistente. Cosa che rende questo titolo accessibile anche ai non videogiocatori, ma che potrebbe lasciare a bocca asciutta una consistente fetta di appassionati.

CONSIGLIATO AGLI APPASSIONATI

Ciò che ci viene mostrato in The Longest Road on Earth è uno spaccato di vita riconoscibile da chiunque. Ci fa prendere consapevolezza di come si possa trovare un pizzico di poesia anche nella più ordinaria e mediocre quotidianità. Dal titolo edito da Raw Fury non bisogna aspettarsi grandiosità o forti emozioni, ma piccole briciole di pane che condurranno i giocatori per mano. Il tutto verso un mondo fatto di silenzi, sogni infranti e nostalgia di una vita che, forse, non è mai stata vissuta.

Pregi

Musica stupenda, colonna portante della storia. Ottimo lavoro di pixel art nei primi piani e nelle soggettive. Una forte identità artistica.

Difetti

Si può notare un certo dislivello di qualità tra i vari capitoli, sia tecnicamente che narrativamente. Alcune sequenze dal ritmo più lento tendono a sembrare dei veri e propri momenti morti (cosa che potrebbe rovinare l'atmosfera).

Voto

7