Tutti almeno una volta avranno sentito parlare di Rayman. Agli albori della Ubisoft, nel lontano 1995, un giovanissimo grafico francese di nome Michael Ancel (creatore della melanzana più famosa di sempre, nonché fondatore dello studio dove nacque) portò il suo eterno contributo al mondo videoludico. Egli diede vita ad uno stravagante eroe senza arti, quello che tutti noi oggi conosciamo con il nome di Rayman, per l’appunto. Ripercorriamo assieme tutti i suoi principali capitoli in questo speciale. Buona lettura.
RAYMAN (1995)
Un team di tre persone (compreso Ancel alla regia), svilupparono il gioco per SNES, almeno inizialmente. Si trattava di un platform a scorrimento co-op per due giocatori, che successivamente (e con l’ampliamento del team) migrò lo sviluppo su console dotate di supporto CD. Questo permise agli sviluppatori di sfruttare una maggiore memoria.
Lo stile grafico di livelli e personaggi venne affidato a un disegnatore professionista, che diede il suo grande contributo nella veste visiva del gioco. La personalità scanzonata e avventurosa di Rayman prese ispirazione da Indiana Jones. Lo stile e il design dei livelli si ispirò invece a fiabe russe, celtiche e cinesi. Mentre quello dei personaggi prese spunto dagli anni d’oro dei cartoni animati statunitensi disegnati da Tex Avery (Bugs Bunny, Porky Pig, Duffy Duck ecc).
Durante un’intervista a Pix’nLove Michael Ancel dichiarò da dove prese ispirazione per il nome del sorridente protagonista. Ovvero da un programma di ray tracing utilizzato dalla Ubisoft durante lo sviluppo. Buffo anche il fatto che l’essere senza arti da parte di una delle icone videoludiche più famose di tutti i tempi non fosse per una scelta stilistica, bensì per un fattore tecnico.
Gli sviluppatori infatti avevano problemi a renderizzare i movimenti di braccia e gambe. Perciò decisero di toglierle, aprendo così un mondo di possibilità dal lato gameplay, e rendendo Rayman unico e riconoscibile, ancora oggi.
A che servono le braccia quando hai dei pugni volanti?
Un male incombe sulle pacifiche e fantasiose terre dove il nostro eroe sonnecchia beatamente. Il malvagio e misterioso Mr. Dark si presenta all’improvviso rubando una magica sfera chiamata Protone, con la quale disperde e rinchiude Betilla e centinaia di esserini (gli electoons). Il tutto portando caos e squilibrio nella radura dei sogni.
Rayman ha un suo stile cartoonesco, spiritoso e vivace, a cui unisce livelli geniali e dinamici nella cornice di una difficoltà ben più che semplicemente impegnativa. Tutto questo ha fatto sì che ispirasse un’intera epoca di platform d’avventura a scorrimento, dove iniziò a dettare dei veri e propri standard.
Quelle scarpe da corsa, il ciuffo biondo (che funge da elicottero per planare), quel fiocco molto “street” a mò di bandana rossa e quei pugni bianchi che ricordano i guanti dei personaggi Disney… Tutti tratti distintivi che hanno reso Rayman un eroe “completo”, immediatamente riconoscibile e dal meritato successo.
Il quale è aumentato sempre più grazie alle successive “cannonate videoludiche” di cui parleremo a breve. Vi sono forse dei motivi per non giocarlo? Assolutamente no, e ve lo dimostreremo ulteriormente.
RAYMAN 2: THE GREAT ESCAPE (1999)
Il ritorno del nostro eroe era stato già programmato dopo l’enorme successo del primo capitolo. La seconda avventura di Rayman sarebbe dunque stata un seguito diretto del primo, e avrebbe mantenuto stile, atmosfere e personaggi. Ma pur rimanendo un platform a scorrimento bidimensionale, la difficoltà sarebbe stata viceversa rivista per un approccio più “gentile”.
Ubisoft mise in pausa lo sviluppo di Rayman 2: The Great Escape quando vennero annunciati Super Mario 64 e Crash Bandicoot, titoli che settarono nuovi ed elevatissimi standard 3d per l’epoca. La casa di sviluppo francese, che prima di allora non aveva mai lavorato a nulla di simile, decise quindi di studiare e testare l’engine 3d che avrebbe ospitato il nuovo capitolo della serie. Questo progetto secondario, che servì anche a insegnare agli sviluppatori come realizzare un gioco tridimensionale, prese il nome di Tonic Trouble.
Il secondo capitolo di Rayman riuscì subito a conquistare giocatori e critica. Questo grazie al suo gameplay fresco e acrobatico, al suo umorismo semplice e soprattutto ai suoi momenti folli. Corse su dei razzi con le gambe, sci nautico a tutta velocità trainati da un serpente parlante, una mappa dei livelli totalmente 3d su binari e un instancabile humor piratesco. Elementi che insieme scongiuravano il fattore noia.
Graficamente inoltre non aveva nulla da invidiare ad altre produzioni simili, con colori morbidi e “pastellosi”. I quali dipingevano un mondo capace di mescolare radianti e lucenti foreste dai tratti fantasy con sezioni più oscure come macabre paludi e lande desolate. Che si alternavano anche con pericolose spiagge dominate dai pirati e dalle loro navi da guerra, sempre pronte a spararci addosso.
Un nuovo inizio… O forse la fine?
Fin dai primi momenti notiamo come il mondo di Rayman 2: The Great Escape sia diverso da quello del primo capitolo. E’ più oscuro, temporalesco, spento… Il mondo del protagonista infatti è stato invaso da dei pirati meccanici senza scrupoli, capitanati dall’ammiraglio Razorbeard. Essi hanno fatto scoppiare il cuore del mondo, facendo disperdere i mille lum gialli che lo formavano.
E tutto ciò ci viene narrato in quello che senza dubbio rappresenta l’inizio più triste e tetro dell’intera serie. Non saranno stati in pochi a notare una certa somiglianza tra alcuni elementi di questo secondo capitolo e un classico film d’animazione della Disney, Il pianeta del tesoro. Il quale però uscì nelle sale diversi anni dopo la pubblicazione del secondo capitolo di Rayman: si saranno ispirati entrambi alla stessa fonte?
Dal primo capitolo invece si nota come siano stati “trasportati” i dettagli. Le texture del fogliame ricordano gli sfondi della precedente radura delle fate. I riconoscibili motivi a spirale presenti sui muri marcano lo spirito fiabesco della serie. Qualche familiare zanzara purpurea dagli occhi a palla ronza qui e là ricordando una vecchia compagnia.
Mentre Betilla, la fata del primo capitolo, appare qui ridisegnata con fattezze più umane e dai tratti elfici. Si notano anche i cappelli dai motivi stravaganti visti nel primo capitolo, che pare qui vengano indossati solamente dagli esseri magici più importanti e potenti.
Il legame con il mondo dei sogni
In questo capitolo dovremo recuperare quattro maschere magiche ed evocare così Polokus. Un essere mistico con un potere tale da poter ricostruire il cuore del mondo. A ogni boss di fine mondo raggiungeremo un artefatto antico, con sopra inciso lo stesso simbolo che Rayman porta sul petto. La vicinanza tra l’artefatto e Rayman genererà un portale per il mondo dei sogni, dove vive Polokus.
Viene da domandarsi se Rayman non fosse nato nato nel mondo dei sogni, essendo l’unico a portare quel cerchio bianco sul corpo. L’unica che sembra saperne di più (senza darlo a vedere) è proprio la fata Ly, che fin dall’inizio fa di tutto per aiutarci. Ci dona le sue ultime forze e rari lum d’argento (piccole “luci magiche” che vengono inglobate nel petto del protagonista) e ci parla come fossimo degli “eletti”, ricordandoci che tutto il mondo e i suoi abitanti dipendono da noi. Forse un giorno scopriremo di più sulle origini del nostro eroe?
Rayman 2: The Great Escape non solo raggiunge gli standard dell’epoca ma li supera, alzando di molto l’asticella. Esso propone nella serie diversi elementi che diventeranno poi canonici nei capitoli successivi. Come i livelli lineari camuffati egregiamente da open world in ampi spazi o la verticalità dei livelli ancora più accentuata.
Senza dimenticare la colonna sonora “magica”, che spazia da motivi tribali a sinfonie melodiche, fino ad arrivare a ritmi più incalzanti e sempre sul pezzo. Non dimentichiamo inoltre i primi minigiochi, sbloccabili raggiungendo il 100% nei livelli. Tutti elementi che verranno riproposti e migliorati nel capitolo successivo, che ora stiamo per conoscere.
RAYMAN 3: HOODLUM HAVOC (2003)
Rayman 3: Hoodlum Havoc arrivò in sordina, portando con sé tutti gli aspetti migliori del predecessore. Ma venne anche impreziosito di una nuova e stupefacente grafica, nuove meccaniche di gameplay e nuovi mondi pieni di segreti da scoprire.
A differenza degli altri due capitoli questa volta non fu Michael Ancel a occuparsi della regia. Egli si occupò solamente del lato design, ma fortunatamente questo non intaccò affatto il prodotto finale, che ottenne presto il proprio posto nella storia videoludica.
Rayman 3: Hoodlum Havoc è un capitolo perfetto, nato dalla fusione di tutto ciò che è stato amato nei suoi predecessori. Un’atmosfera sognante nei livelli, accompagnata da temi musicali diversificati. Tracce sonore incantevoli che regalano al gioco uno spessore senza precedenti, nemici più cattivi e inquietanti che mai e una memorabile trama. Tutto questo fa di questo terzo capitolo un’avventura senza tempo, che a dispetto dei suoi (quasi) 20 anni non sembra invecchiata di un giorno.
Fin dai primi minuti la nostra serietà viene messa a dura prova con Murphy, l’insetto volante che nel secondo capitolo non era altro che un tutorial ambulante. Esso non smette neppure per un secondo di infrangere la quarta parete con una battuta dietro l’altra, citando film, sfottendo Rayman, gli sviluppatori e persino il gioco stesso. Per non parlare delle finestre di dialogo in arrivo dalla “regia”, mentre cercano di riportare l’esilarante chiacchierone entro i limiti della decenza minacciandolo di licenziamento. Il tutto in un delirio di umorismo puro che vorremmo non finisse mai.
Non convenzionalmente divertente
Il mondo è di nuovo in pericolo, e ancora una volta qualcuno dovrà interrompere il sonnellino del nostro eroe. André, un lum rosso spaventato e infettato dall’oscurità, si trasforma in un lum nero. Spaventando e trasformando a propria volta tutti i lum rossi sulla sua strada, si dirigerà poi verso il cuore del mondo con l’intento di infettarlo e ottenere un potere illimitato. L’obiettivo ultimo sarà quello di scatenare l’apocalisse.
Il terzo capitolo di Rayman modernizza con stile una serie fantasy, portando con sé una veste grafica che stavolta predilige una vasta gamma di colori e ambientazioni. Attraverseremo bollenti deserti di ossa, spaventose cripte popolate da esseri immortali, foreste magiche e avamposti hoodlum (gli scagnozzi al seguito di André). Il tutto passando per montagne innevate, fino a solcare oceani sparando cannonate dalla nostra nave. Questi e altri scenari sempre ispirati e originali scaveranno uno spazietto nella nostra memoria che difficilmente potremo riempire con altro.
Rayman 3: Hoodlum Havoc è contenutisticamente valido, non convenzionalmente unico e deliziosamente divertente. Attraversare mondi grazie a percorsi da nirvana videoludico su skateboard razzo, fare snowboard estremo, improvvisarsi cannoniere di vari veicoli (d’acqua e d’aria), combattere contro folli boss di fine mondo in maniera per nulla convenzionale…
Persino il sistema di combo incita a migliorarsi e ad affrontare con intelligenza combattimenti e raccolta di gioielli. Questo per poter sfruttare un moltiplicatore che premierà coloro che riusciranno a concatenare più azioni senza mai fermarsi, assicurandosi così lo sblocco di ogni succoso extra. Che siano livelli e minigiochi bonus a vere e proprie scenette dietro le quinte ed esilaranti filmati aggiuntivi.
Combattimento acrobatico 2.0
Ciò che realmente rende unico Rayman 3: Hoodlum Havoc sono delle rare “lattine” di detergente laser. Esse ci faranno acquisire temporaneamente degli straordinari e nuovissimi poteri, utili sia nel combattimento che nella risoluzione di puzzle. Senza dimenticare l’attraversamento di varie zone altrimenti insuperabili. A cambiare infatti non saranno solo i colori dei nostri vestiti, ma anche quelli dei pugni del protagonista. Ganasce elettriche, potentissimi pugni corazzati, missili teleguidati, pugni vorticanti e anche un casco elicottero per decolli verticali.
Porte rinforzate, nemici corazzati, ostacoli volanti da superare e tiro al bersaglio saranno solo alcune delle molteplici sezioni puzzle del titolo. E come se non bastasse alcune parti prevederanno di finire rimpiccioliti alla dimensione di una formica per sbloccare porte o pulsanti segreti, cavalcando le nostre scarpe in una sorta di demolition derby.
Già presente in Rayman 2: The Great Escape, il sistema di combattimento ritorna in questo terzo capitolo in una veste più avanzata e “stilosa”. Salti mortali, capriole, ruote aeree e in generale un sistema molto simile a quello visto nella serie Ratcher & Clank.
Un sistema reso per giunta ancor più semplice con la possibilità di agganciare i nemici e il lancio di pugni laterali che seguiranno traiettorie ad arco. Quest’ultima costituisce una mossa irrinunciabile visto che diversi nemici saranno in grado di parare colpi frontali. Ulteriore dimostrazione dell’attenzione ai dettagli riposta nel gioco da parte degli sviluppatori.
Il più famoso easter egg di questo terzo capitolo è invece quello che riguarda una stanza segreta nel quartier generale degli hoodlum. Qui troveremo una scena che ricorderà l’ultima cena in versione Rayman 2: The Great Escape, in una stupenda doppia citazione. Sempre al predecessore si rifà un altro easter egg, con una stanza segreta nelle prove dei teens, dove troveremo una statua di Ly e degli animali di quel capitolo in una gabbia. Un’altra curiosa citazione si trova invece nel livello Teensie Highway, accanto alla scritta “LOVE” all’inizio. Lì si può notare la sagoma dell’Enterprise di Star Trek.
Purtroppo le meraviglie finiscono qui, con la saga che venne seppellita viva da un “Rayman 4” denominato “Raving Rabbits” (che intendiamo saltare a gamba tesa). Questo nuovo gioco di Rayman ridicolizzò il protagonista sminuendolo in ogni modo possibile, quasi come se gli sviluppatori lo odiassero. Dal salvare il mondo da esseri immortali si arrivò al farsi rapire e bullizzare da dei conigli con delle carote al posto del cervello. Il tutto nella cornice di un party game infantile e insulso dalla simpatia altalenante, che dissacrò l’immagine di una leggenda.
RAYMAN ORIGINS (2011)
A otto anni di distanza dall’acclamato terzo capitolo arrivò sugli scaffali la rinascita di un eroe. Che seppur non dimenticato, era rimasto “fuori dai giochi” troppo a lungo. Rayman Origins riportò sull’onda della popolarità il nostro eroe privo di arti, in un gioco che non si può definire come un remake del primo capitolo, bensì come una sua rivisitazione. Un tentativo di ritrovare ciò che si era perduto, scavando fino all’origine di tuttò ciò che tantissimi appassionati hanno amato.
L’ormai di famiglia Michael Ancel si occupò ancora una volta del design di gioco, facendo uso del nuovo e stilistico motore grafico UbiArt Framework. Il quale ha portato su schermo uno stupendo Rayman disegnato a mano e animato in 2d. Linee definite, colori accesi, uno stile caricaturale volutamente scherzoso e irriverente… Tutti questi fattori hanno reso questo nuovo capitolo un moderno cartone animato in movimento.
Vecchie conoscenze ritornano
Per la prima volta possiamo assistere alla nascita di Rayman, che nasce dalle magiche mani di Betilla. La cara e vecchia fata fiabesca vista nel primo capitolo della serie. In Origins essa è stata ridisegnata come una versione contemporanea e sensuale di Trilli, dalle forme generose e dai lunghi capelli rossi.
Rayman e i suoi amici invece risultano non aver ancora perso i loro vizi. E difatti si fanno trovare ancora una volta a poltrire nella radura della fate, dove vengono sorpresi da una nuova minaccia. Similmente a quanto accaduto nel primo capitolo a essere rapiti e rinchiusi saranno sia i teens che Betilla e le altre fate dei vari elementi. .
I prigionieri più importanti come le fate dei vari mondi, saranno rinchiuse in delle agili gabbie semoventi, che ci daranno non poco filo da torcere. A differenza dell’originale qui si evidenzia la mancanza di un’antagonista vero e proprio, sostituito da orde di mostri della Terra dei morti lividi. Infuriati per il rumoroso sonnecchiare del protagonista e dei suoi amici.
Tutti i poteri di Rayman tornano così in Origins, con centinaia di livelli e personaggi giocabili. Questo assieme a sfide capaci di mettere alla prova anche i giocatori più esperti di platform, che potranno divertirsi spensieratamente condividendo la propria avventura in locale fino a un massimo di altri tre giocatori.
RAYMAN LEGENDS (2013)
A dimostrazione del fatto che non aveva perso il ritmo, dopo qualche altro anno Ubisoft rilasciò quello che può essere considerato ancora adesso l’ultimo capitolo della serie. Stiamo parlando dello spumeggiante e musicale Rayman Legends. Dopo aver preso tutto ciò di apprezzato e apprezzabile in Rayman Origins, aggiunse una valanga di contenuti e migliorie. Una nuova trama con malvagi teens, folli boss no-sense, una nuova grafica meno stilizzata e più tridimensionale…
Ma anche più livelli, sfide della comunità, più eroi e costumi (come Barbara, nuova principessa guerriera della serie). Il tutto riunito in un nuovo gioco platform che si può definire in “2,5d”. Il vero fiore all’occhiello del titolo sono però i livelli finali di ogni mondo, veri e propri live musicali perfettamente orchestrati e sincronizzati con le nostre azioni. Vari arrangiamenti musicali di tracce più e meno famose infatti rendono il gameplay una sorta di rhythm game che da solo vale il prezzo del biglietto.
L’esperienza di gioco (sempre condivisibile con altri tre amici in locale) è piena di sorprese e altamente rigiocabile. Questo grazie ai premi sbloccabili accumulando lum gialli nei livelli, una sorta di “gratta e vinci” che ci faranno ottenere casualmente diverse cose. Molti livelli giocabili di Rayman Origins, creaturine collezionabili e altra valuta utile per sbloccare costumi sempre più rari.
Come se non bastassero delle speciali perle ritmiche, il gioco metterà alla prova i più tenaci con versioni finali “disturbate” da ogni sorta di filtro visivo, che ci costringeranno a correre quasi alla cieca. Di conseguenza dovremo agire lasciandoci guidare dal suono. Rayman Legends è dunque un esplosivo, sfacciato e coloratissimo ritorno alle origini 2.0. Un sequel che migliora Origins, perfezionandolo e ampliandolo oltre ogni misura.
UN SALUTO SPECIALE
Rayman Legends dà l’impressione di essere l’ultima fatica di Ubisoft prima di “abbandonare la barca”. E’ incomprensibile come la casa di sviluppo francese non si stia dedicando a tempo pieno a uno dei personaggi più amati di sempre. Rayman ha avuto modo di tornare sotto forma di alcuni titoli per mobile, che mantengono lo stile e le meccaniche di Origins e Legends.
Piccoli titoli bidimensionali a scorrimento (Jungle Run, Fiesta Run e il gratuito e meno appagante Adventure) che però non aggiungono nulla alla serie, nutrendo poco e male gli affamati e speranzosi fan in astinenza di un vero e proprio nuovo capitolo.
Il nostro viaggio si conclude qui, a 8 anni da Rayman Legends e a 26 anni dall’esordio assoluto del celebre personaggio. A oggi purtroppo non si hanno ancora notizie di un nuovo capitolo… Sarà questa l’ingiusta fine di un iconico personaggio?
Rayman probabilmente avrebbe tutte le carte in regola per sfondare di nuovo lo schermo. Ed è quello che molti vorremmo: il ritorno di un personaggio senza tempo, dove nessuno sarà mai troppo vecchio o troppo giovane per divertircisi. Alla prossima Rayman!
1 commento su “Rayman, divertimento e meraviglia da oltre 25 anni”