Shogun: Total War, Speciale parte I, le origini
L'arte della guerra consiste nello sconfiggere il nemico senza doverlo affrontare
Nel 1986 il produttore e sviluppatore di videogiochi Cinemaware realizza e pubblica Defender of the Crown. E’ ambientato nell’Inghilterra del Dodicesimo secolo: l’epoca di Robin Hood. Unisce una mappa strategica della Gran Bretagna a mini-giochi dal taglio spiccatamente cinematografico. Sembra prendere in prestito inquadrature rese celebri da classici del grande schermo, come Ivanhoe di Richard Thorpe, pellicola del 1952.
Nel 1989, sempre Cinemaware, pubblica Lords of the Rising Sun. Si tratta di un videogioco che unisce una mappa strategica dell’antico Giappone a mini-giochi in tempo reale e spettacolari. A ben guardare, potrebbe ricordare il suo predecessore dell’86. In questo caso, però, riviviamo la Guerra Genpei, una guerra civile avvenuta all’inizio del primo millennio in Giappone. Un’ambientazione più unica che rara, un “unicum” in tutta la storia dei videogiochi strategici. Lontano dagli strategici, troviamo Genpei Toma Den, invece è un hack and slash del 1986, griffato Namco.
Cinemaware non lo sa, nessuno lo sospetta, ma da quel giorno il destino inizia a tracciare un invisibile filo. Un decennio dopo, questo filo diventa una tela: nel 1999 The Creative Assembly (nuovo studio fondato da un veterano del settore che risponde al nome di Tim Ansell) viene affidato alle direttive di Michael Simpson. La missione di Simpson è realizzare un’alternativa, a basso costo, al campione d’incassi Command & Conquer.
E’ il 16 giugno 2000, gli strateghi d’Europa posano gli occhi su Shogun: Total War. Da quel giorno, niente sarebbe stato più come prima nella storia dei videogiochi strategici.
UNA STRATEGIA SENZA TATTICHE È IL CAMMINO PIÙ LENTO VERSO LA VITTORIA
Negli anni ‘90, Electronic Arts era rinomata soprattutto per due cose: la prima era la divisione EA Sports, che sfornava ogni anno un gioco a tema per ogni tipo di appassionato sportivo, dal calcio al golf, passando per le più seguite discipline americane come ad esempio basket e hockey. La seconda era Command & Conquer, la premiata serie di Westwood Studios nata nel ‘95 e campione di incassi.
La missione della neonata etichetta The Creative Assembly era quella di realizzare un videogioco strategico alternativo al “caposquadra”. Una produzione a basso costo e a basso rischio. Come nella più classica delle situazioni, per realizzare qualcosa di questo tipo bastava fare “copia e incolla” dal titolo di riferimento, ovviamente cambiandone ambientazione e stile.
Alla fine degli anni ‘90, tuttavia, era in moto una rivoluzione hardware nel mondo dei videogiochi. Quella che ormai è comunemente conosciuta come “pixel art” sembrava al tramonto, mentre ogni semestre si avvicendavano schede grafiche sempre più potenti o virtuose (come le mitiche 3Dfx). La consacrazione di PlayStation e Nintendo 64, d’altro canto, spostava tutta l’attenzione sulla grafica poligonale. Iniziavano gli “anni bui” per ogni cosa pixellosa, etichettata in fretta come vecchia e retrograda.
Attratti dalle potenzialità delle nuove tecnologie grafiche, The Creative Assembly hanno iniziato a sperimentare con il loro motore grafico.
Immaginate la scena: c’è il prototipo di un videogioco del tutto simile a WarCraft 2 o Command & Conquer: Red Alert. E’ ben lontano dall’essere definito o dall’avere un’identità, non si sa il titolo. Si sa solo che deve essere uno strategico in tempo reale come Command & Conquer, perché vende. A questo prototipo, però, fanno delle modifiche sempre più sostanziali. Il campo di battaglia, per esempio, passa dalla visuale “top-down” o isometrica a qualcosa di vertiginosamente più vicino all’azione. Il campo di battaglia è tutto tridimensionale, la telecamera è liberamente gestibile, mentre migliaia (non più qualche dozzina) di unità sciamano e si danno battaglia all’ultimo sangue.
IN OGNI CONFLITTO LE MANOVRE IMPREVEDIBILI PORTANO ALLA VITTORIA
Non sappiamo cosa abbia pensato Michael Simmons, quando vide le prime sperimentazioni in grafica poligonale, l’enorme mappa densa di avvallamenti, colline, montagne, foreste, castelli da difendere ed altri effetti speciali. Quel che sappiamo è che fu in quel momento che si è deciso di creare qualcosa del tutto diverso dal canonico Command & Conquer (e il diretto rivale StarCraft, che stava creando un divario che C&C non avrebbe mai più colmato).
Nasceva un problema. Le battaglie campali erano magnifiche a vedersi e a giocarsi. Ma, contrariamente a quanto accadeva con gli Rts classici, queste si risolvevano in una manciata di minuti. Perché non c’erano risorse da raccogliere né basi da difendere. Non c’erano obbiettivi di missione, ma soltanto lo scontro (pur bellissimo e cinematografico) tra due eserciti che vantavano migliaia di soldati. Come giustificare quella che non sarebbe stata altro che una sequenza di battaglie campali, molto veloci, che sarebbero venute presto a noia?
La risposta risiede nella quintessenza dei Total War: la mappa strategica. Grazie alla presenza di una mappa strategica, degna del miglior Risiko, e grazie alla fase gestionale dei sempreverdi 4X, si sarebbe trovata la quadratura del cerchio perfetto. Era appena nato Total War, ma non ancora Shogun: Total War.
Per chi ancora non lo sapesse: 4X è un genere di strategici a turni che deve il nome dalle “x” che si pronunciano – in inglese – ricordandone i capisaldi: eXpand, eXplore, eXploit, eXterminate: esplora, espandi, sfrutta, stermina. Qualche esempio? Tutta la produzione Slitherine, Civilization, quasi tutta la produzione Paradox Interactive e altro ancora.
LE TATTICHE SENZA UNA STRATEGIA SONO IL CLAMORE PRIMA DELLA SCONFITTA
Abbiamo scritto di un filo del destino che divenne quella splendida tela, tessuta per noi da The Creative Assembly. La leggendaria Guerra Genpei, narrata con licenze poetiche da Cinemaware, diventò l’eredità che stava per essere raccolta da sviluppatori inglesi tanto brillanti quanto coraggiosi.
Quale periodo sarebbe stato migliore del Sengoku Jidai per dare sostanza ad un marchio che, tradotto, suona come “Guerra Totale”? Il Periodo Sengoku, conosciuto anche come “Periodo degli Stati combattenti”, è un momento storico tra i più critici e turbolenti della storia del Giappone. Le guerre e le battaglie di quella pagina di storia lunga quasi 200 anni, sono ormai avvolte nel mito. Tutto il Giappone venne diviso territorialmente da clan in guerra tra loro.
Ogni forza politica e militare scese in campo nel tentativo di imporre la propria egemonia, per guidare il Giappone in una nuova era. I nomi dei sette clan più influenti di quel periodo si affacciano all’attenzione dei giocatori: Imagawa, Mori, Oda, Takeda, Shimazu e Uesugi contribuiscono a dare spessore e ricercatezza storica al gioco, che non si limita a darci “la mattanza”, ma anche la storia da giocare e da apprendere.
Non a caso, mentre si gioca a Shogun: Total War, si assiste all’arrivo dei mercanti europei, realmente avvenuto. Questi portano archibugi, moschetti e tutte le diavolerie che chiamiamo “armi da fuoco”, che pian piano sostituiranno archi e katane nell’armamentario dei samurai.
Ogni clan ha un suo punto di forza, portiamo due esempi su tutti: il clan Takeda schiera la cavalleria più forte di tutte. Il clan Shimazu vanta un’insuperabile fanteria con katana. Tutti schierano un’unità che surclassa quelle avversarie.
CON ORDINE, AFFRONTA IL DISORDINE; CON CALMA, L’IRRUENZA
Shogun: Total War è il capostipite di una serie di videogiochi, quella di Total War, che ci accompagna da ventuno anni ormai. Nel novero dei videogiochi strategici rappresenta un sotto-genere a sé stante, perché unisce la pura strategia a turni, tipica di un gioco 4X, alla cosiddetta “battaglia tattica in tempo reale”, tipica degli strategici in tempo reale.
Nella mappa strategica ci ritroviamo a trascorrere la maggior parte del tempo. E’ da qui che iniziato a mettere in pratica “L’Arte della Guerra” di Sun Tsu. In poche e semplici mosse, dobbiamo gestire i territori sotto al nostro dominio. Semplifichiamo dicendo che ogni territorio può essere gestito su tre fronti: quello delle opere da costruire, quello del reclutamento, quello della gestione dell’esercito.
Ogni nuovo turno, i territori in nostro possesso portano nelle casse della fazione degli crediti. Con questi bisogna finanziare la costruzione di edifici sempre più evoluti e quindi efficienti. Bisogna finanziare il reclutamento e l’addestramento di nuovi eserciti. Occorre anche pagare/sfamare i nostri soldati, oppure sostenere le missioni dei nostri agenti.
Ogni provincia è soggetta ad un’evoluzione, portata dall’avanzamento e dall’espansione del castello. Questo, una volta espanso, consente di evolvere le strutture già edificate o di costruirne di nuove. I posti per edificare sono limitati, quindi dobbiamo capire quando e cosa edificare: strutture militari, economiche o di miglioramento della salute pubblica? A noi la scelta e a noi le conseguenze di queste.
Sempre semplificando: gli eserciti si dividono in unità d’assedio, da tiro e da mischia. Ci sono anche delle varianti: picchieri e spadaccini, arcieri e archibugieri per dirne qualcuna. Ogni tipo di truppa è forte contro una e debole con l’altra. Gli spadaccini sono letali contro i picchieri, questi sono ineluttabili contro la cavalleria. Quest’ultima è devastante contro le unità da tiro. La nostra abilità di generale è quella di garantire equilibrio ed efficienza tra i nostri ranghi.
Dalla mappa tattica possiamo gestire movimenti e azioni dei già citati agenti. Questi sono emissario, ninja, shinobi e geisha. L’emissario è il diplomatico autorizzato a parlare in nostra vece. Il ninja è la spia che può assassinare i generali e gli agenti nemici. Lo shinobi è l’agente deputato al contro-spionaggio. La geisha è l’unione di tutti i precedenti, nonché l’ultimo agente che possiamo reclutare, più avanti nel gioco.
COLUI CHE CAPISCE QUANDO E’ IL MOMENTO DI COMBATTERE E QUANDO NON LO E, SARA’ VITTORIOSO
In Shogun: Total War, quando due eserciti nemici collidono, si scatena una battaglia. Questa può essere affidata ai sapienti calcoli computazionali che ne valutano ogni componente sul campo di battaglia. Numero di truppe schierate, tipologia, esperienza, capacità dei condottieri sono tutti fattori presi in considerazione. Con un semplice click, si delega il computer a generare il risultato più corretto.
L’alternativa è scendere nel campo di battaglia tattica.
Qui l’azione cambia: rigorosamente in tempo reale. Ma data l’estensione degli eserciti, al giocatore è concesso l’uso della pausa tattica, utile per studiare strategie, contromisure e per coordinare al meglio ogni manovra. Quando si passa alla fase tattica, il campo di battaglia può essere vario: un fiume, una collina, una vallata, la fortezza che difendiamo oppure quella che assaltiamo.
Dopo ogni battaglia, le truppe guadagnano punti esperienza che le rendono sempre più letali. Il fattore di esperienza, la presenza di truppe veterane, può fare la differenza in tante situazioni, soprattutto quelle di inferiorità numerica. Inoltre si innesca anche il fattore di attaccamento ad una truppa, che se tanto esperta nella guerra, difficilmente se ne farà a meno congedandola. Altrettanto difficilmente la mandiamo allo sbaraglio rischiando di annientarla. Anche i condottieri alla guida degli eserciti sono soggetti a esperienza ed evoluzione della loro efficienza in battaglia.
QUANDO PRENDI POSIZIONE, SII FERMO COME UNA MONTAGNA
Shogun: Total War è il primo, coraggioso e strepitoso, passo di The Creative Assembly nel mondo degli strategici. Un passo che divenne una marcia irrefrenabile, perché nemmeno il passaggio da Electronic Arts ad Activision, né quello da Activision a SEGA, hanno mai platealmente disturbato la lenta evoluzione di questa serie di videogiochi.
Il 25 marzo 2011, come a voler celebrare il decimo anniversario dell’esordio assoluto. Quasi a voler rendere giustizia al capostipite, rilanciarlo con tutti i crismi delle nuove tecnologie, ecco arrivare Total War: Shogun 2. Un autentico remake, che odora anche di gioco totalmente nuovo. I capisaldi della serie non vengono mai messi in discussione, ma tanto altro ancora viene aggiunto e ne aumenta esponenzialmente il valore. Ma questa è un’altra storia.