Sono pochi i videogiochi che ci mettono nei panni di un super-cattivo per deve prendere a mazzate gli eroi. Sono quella cerchia di titoli che fanno il passo oltre il concetto di “impersonare anti-eroi”. Il nostro alter-ego diventa un vero e proprio signore del Male. Se escludiamo a priori i videogiochi di ruolo, ci ritroviamo ad interpretare ben poco di tanto malvagio. Come non ricordare Dungeon Keeper del 1997, di Peter Molyneux alla guida dell’ormai defunta Bullfrog? Oppure Overlord di Triumph Studios per Codemasters. Ed infine la trilogia di Dungeons di Realmforge Studios, che dal 2011 ci accompagna e si rifà agli stilemi dettati proprio da Dungeon Keeper.
Come a volere ricordare il glorioso antenato, arriva Legend of Keepers di Goblinz Studio. Su Steam, GOG.com, Epic Games Store e Switch per la gioia degli appassionati dal 29 aprile scorso. Questa è la nostra recensione, buona lettura.
RIMIRAR LO PASSO CHE NON LASCIO’ GIA’ MAI PERSONA VIVA
Non si prende troppo sul serio, non finisce per risultare banale: sta in perfetto equilibrio, fra serio e faceto. Questo è Legend of Keepers e si innesta proprio lì, dove giocavamo Dungeon Keeper ventiquattro anni fa. Noi siamo i cattivi, i peggiori di tutti, i più odiati e temuti. Dai nostri sottoposti (citazione in stile fantazziano, ndr) siamo pure rispettati, ma solo perché nessuno riesce ad essere più forte di noi. La legge del più forte, è risaputo, impera nelle fortezze e nei sotterranei dei signori del Male.
Possiamo prendere le parti dello Schiavista, dell’Incantatrice o dell’Ingegnere. Tre classi che ricordano da vicino quelle classiche di ogni videogioco di ruolo fantasy che si rispetti, con la differenza che questi personaggi, in Legend of Keepers, sono quelli che definiremmo “i boss”.
Una volta scelto il nostro alter-ego, scopriamo essere il responsabile della difesa di sotterranei e fortezze della Dungeons Company, un Dungeon Master o, letteralmente, il Signore del Sotterraneo. Ogni dungeon master ha i propri punti di forza, punti di debolezza e abilità di combattimento. Lo scopo di ogni dungeon master che si rispetti è quello di impedire che un party di avventurieri, eroi o campioni del Bene arrivi a mettere le avide mani sui bottini, i tesori, gli artefatti e le armi magiche date in custodia al dungeon master.
Per impedire che i puzzolenti esseri umani, elfi, nani e mezzi-uomini, esponenti di scuole militari e magiche assortite, arrivino a rubare alla Dungeons Company, ecco trovare a disposizione trappole e mostri. Le trappole aiutano a demoralizzare e ferire gli eroi che assaltano le nostre sale.
I mostri ingaggiano una battaglia a turni, cercano di mettere in fuga (demoralizzandoli del tutto) oppure uccidere gli invasori. Più spesso e volentieri, i nostri subordinati prenderanno solo proverbiali e bibliche mazzate, risultando più un diversivo ed un modo per indebolire gli eroi prima che arrivino alla sala del tesoro. Questa è difesa dal dungeon master in persona, ultimo baluardo che divide gli umani dai tesori. La dipartita del dungeon master, seppure poco probabile quando ben impersonato e potenziato, decreta la fine della partita, ma non del gioco.
La carcassa del dungeon master è troppo preziosa, per la Dungeons Company, che tramite negromanti affiliati riporta in vita il nostro alter-ego. Questi fa tesoro ed esperienza delle sue lotte pregresse. Sebbene perda tutti i suoi subordinati e tutti i tesori faticosamente conquistati, non perde i punti esperienza e gli immancabili passaggi di livello tipici di un videogioco di ruolo. A questi coincidono punti potenziamento, qui chiamati Talenti, che rendono il dungeon master sempre più efficiente e spietato, ogni volta che torna dalla morte.
SEGGENDO IN PIUMA IN FAMA NON SI VIEN, NE’ SOTTO COLTRE
Il gioco procede diviso in settimane. Ogni settimana ci è dato scegliere come impiegare il nostro tempo in uno degli eventi casuali generati dal gioco. Gli eventi sono vari e disparati: addestramento subordinati, potenziamento trappole, noleggio macchine d’assedio, eventi imprevisti, visita degli esattori del sangue, mercato nero di mostri, compravendita presso alchimisti e tanto altro ancora.
I mostri difendono i nostri dungeon. Idealmente vi sono due stanze per ingaggiare battaglia contro gli eroi. Noi dobbiamo scegliere quali mostri difenderanno quale delle due stanze.
Ogni volta che un raid degli avventurieri finisce, i nostri mostri (che spesso e volentieri vengono distrutti, sbriciolati, detonati, forse addirittura uccisi) perdono fibra morale. Per ricostituirla, dovremo sollevarli temporaneamente dall’incarico di difesa, sostituirli con mostri “panchinari”. Che si dimentichino delle mazzate prese, bevendo del grog nelle taverne sotterranee.
Uccidere o far fuggire in lacrime gli eroi, prima che il dungeon master soccomba, è la chiave del successo della Dungeons Company, che ci premia di settimana in settimana di nuovi mostri, nuovi artefatti, nuove trappole o potenziamenti diretti per il dungeon master.
Legend of Keepers offre cinque capitoli canonici per ogni dungeon master. Inoltre dona le modalità “infinita” e “personalizzata”. Quest’ultima varia quella infinita, che non ha limiti di settimane e che può essere modificata in ogni aspetto che possa semplificare o rendere più difficile (e più remunerativa) la vita del nostro alter-ego.
COMMENTO FINALE
Legend of Keepers è un gestionale e un videogioco di ruolo a turni, con certi elementi tipici roguelite. E’ sviluppato e pubblicato da Goblinz Studios, lo si trova su Pc e Switch e mette il giocatore nei panni di un signore del Male.
Si affida ad una pregevole pixel art, avvalorata da ottime animazioni ed un accompagnamento sonoro eccellente.
Si gioca con una mano sola, letteralmente. Tutto è portata di mouse, sempre chiarissimo, sempre reattivo. La rigiocabilità è parecchio elevata e le variabili che scongiurano noia o monotonia non sono affatto poche.
L’unico neo che ci sentiamo di evidenziare è una localizzazione italiana non sempre all’altezza.
Un esempio è la traduzione di “Leave”, per il comando di chiusura di una schermata di gioco, tradotto in “Lascialo” mentre un più contestuale “Vai via” o un pratico “Chiudo” avrebbe certamente fugato ogni dubbio sull’azione da compiere.
A parte questi difetti, assolutamente di poco conto, stiamo parlando con il secondo, più bel videogioco indie che ci è capitato di provare. Dopo Loop Hero, insomma, sembra che quest’anno ci dia una certezza: le produzioni indie sono in formissima e garantiscono ore ed ore di assoluto divertimento. Il nostro presente videoludico non passa per il ray tracing.
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