Where’s Samantha?, recensione
Andiamo alla scoperta di questo interessante platform/rompicapo indie dall'aspetto estetico davvero intrigante
Ci sono prodotti dove la componente visiva risulta peculiare pur distanziandosi dalla grafica tendente al foto realismo dell’era moderna. Parliamo ad esempio di giochi sviluppati in pixel art come Graveyard Keeper, ma soprattutto della saga di Yoshi targata Good-Feel, che sotto egida Nintendo ha portato i giocatori di tutto il mondo attraverso mondi coloratissimi creati con materiali semplici. Where’s Samantha?, interessante platform oggetto della recensione, è parte di questa nicchia. Opera del team indie Respect Studios, è pubblicato da ROKiT Games e disponibile su Steam dal 25 marzo scorso.
L’INIZIO DI UNA STORIA PIUTTOSTO LUNGA
La storia a corredo inizia come un libro di fiabe. Tra un’immagine e un testo prolisso ma chiaro, entriamo in contatto con i protagonisti della storia, George e Samantha. Due pezzi di stoffa fatti l’uno per l’altro che vivono il loro amore in tranquillità, almeno fino al momento in cui Samantha sparisce misteriosamente. Preso dal panico e desideroso di ritrovare la sua metà, George si imbatte in un’energia misteriosa, che lo trasporta in un mondo fantastico fatto di bottoni, strane creature e meccanismi che dovrà superare per arrivare alla meta.
Il tutto, è al servizio di una narrazione piuttosto scorrevole che trae ispirazione anche da tematiche molto vicine a noi. È però catartico seguire una storia che una volta tanto non segue le mode del momento, concentrandosi su una coppia che vuole soltanto vivere la propria storia. In precedenza, abbiamo osservato tematiche similari durante la recensione di Haven, che in questa sede vengono però trattate in tono decisamente più scherzoso.
IN QUANTI SIAMO?
Nella parte iniziale dell’avventura, George acquisirà il potere della clonazione che risulterà cruciale per il superamento dei vari livelli di gioco, ben 45, che ci terranno impegnati per un buon numero di ore. Il potere di dividersi in più “se stessi” permette di attivare leve, pulsanti e piattaforme. Sulle prime il sistema risulta poco comodo, soprattutto utilizzando la tastiera. Peccato non sia stata prevista un’opzione che permetta una mappatura personalizzata dei tasti. Preso il joypad, la confidenza si rivela nettamente migliore e pertanto lo consigliamo caldamente.
Pur trattandosi di un gioco completamente orientato all’avventura in singolo, una volta tanto ci siamo chiesti quanto ci saremmo divertiti affiancati da uno o più amici. Sarà il tono scherzoso, l’aspetto estetico, ma il tutto ci induce a vederlo anche come party game. Pur ancorata a stilemi di stampo classico e senza nessuna particolare innovazione, la meccanica da rompicapo risulta ben implementata, con situazioni dove è necessario ponderare sulle mosse da fare, o affidandosi al più consueto “prova e riprova”. In ogni caso, gli enigmi proposti non sono difficili da superare e la durata media di un livello si attesta attorno ai cinque/dieci minuti.
Disseminate lungo la strada, troveremo anche delle lettere che, se raccolte per intero, consentiranno al giocatore di accedere alla porzione di storia successiva. Ogni capitolo è proposto sempre sotto forma di pagina del racconto che viene sfogliata. L’idea ci è piaciuta ma a nostro giudizio, forse sarebbe stato utile implementare un sistema che prevedesse la creazione di una parola attraverso una meccanica ad hoc. Piazzate lungo il livello senza alcun senso diminuisce il valore di una produzione altrimenti valida.
ACCESO, COLORATO E CONGELATO
Dal punto di vista tecnico, il titolo si presenta bene grazie ad uno stile accattivante che ammicca da lontano alle lande dove il dinosauro della grande “N” regna sovrano. I livelli paiono quadri realizzati con ago e filo, ingolosendo i giocatori che sulle prime avanzano speranzosi verso l’idea di esplorare nuovi tileset.
E qui casca l’asino. Tutti i livelli hanno uno sfondo comune, con meccanismi e rompicapo a rappresentare l’unica variazione su una “stoffa” davvero troppo uguale. Peccato perché lo stile c’è e si vede. Sarebbero bastati anche una manciata di scenari ambientati in una foresta, qualcuno sulla neve ed ecco che avrebbe preso il volo.
Trattandosi di un platform, è lecito aspettarsi qualcosina in più, tralasciando la ripetitività del gameplay che risulta insita nella natura stessa del tipo di gioco. Le tracce audio risultano un buon accompagnamento. Pur esigue in termini numerici, seguono bene il contesto pur non vantando alcun tipo d’eccesso.
COMMENTO FINALE
Where’s Samantha? È un buon gioco, ma poteva essere qualcosa di grande. Propone una storia profonda, raccontata in modo ironicamente scherzoso. È forse la componente narrativa che contro ogni pronostico eccelle, rispetto ad un genere dove notoriamente viene relegata a sfondo. Il gameplay, incentrato sul superamento di piattaforme e ostacoli tramite la divisione del personaggio principale e la pressione di questo o quel pulsante, procede in modo uniforme anche se un po’ ripetitivo.
L’idea di seguire le vicende raccogliendo le lettere sparse nei vari scenari è interessante anche se fine a sé stessa, come l’aspetto grafico che non cambia di una virgola eccezion fatta per la forma e il posizionamento dei meccanismi da superare. A nostro avviso è davvero un peccato, sarebbe bastata qualche variazione sul gameplay e uno o due tileset differenti a rendere indimenticabile un’avventura longeva che consigliamo a tutti gli amanti del genere e delle produzioni indipendenti.
Pregi
Storia accattivante. L'idea della clonazione funziona. Visivamente accattivante...
Difetti
… ma la mancanza di varietà pesa. Qualche variazione sul gameplay non avrebbe guastato. L'uniformità lo rende alla lunga noioso.
Voto
7+