Samurai Shodown, Recensione Xbox Series X

C'era una volta un mito

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Della serie “a volte ritornano” arriva il momento di Samurai Shodown, il titolo della nostra recensione per Xbox Series X. A distanza di poco meno di due anni dall’uscita per le old-gen Xbox One e PS4, e in epoca recente, su Switch, Pc e Stadia, il buon vecchio “SamSho” si rifà il look per farsi trovare pronto per attirare a se nuovi adepti. La formula resta quella che ha reso il titolo una delle pietre miliari del genere picchiaduro. Dopo Street Fighter e The King of Fighters, il ricordo dei giocatori “attempati” è rivolto a lui.

Arriva a ridosso della rinascita di SNK, il celebre marchio che, da sempre, è stato associato a questa saga. L’azienda giapponese ha vissuto una storia recente molto turbolenta fatta di scissioni e acquisizioni di marchi che hanno rischiato di far finire nel dimenticatoio alcuni pezzi di storia come Metal Slug e la saga di Samurai Shodown. Il rischio c’è stato, ma per fortuna evitato. Meglio per noi, visto che oggi siamo qui a sfogliare una pagina del nostro libro dei ricordi.

Non vogliamo, di certo, fare un ragionamento elitario, escludendo chi non conosce la parte storica della saga. Gli sviluppatori, infatti, considerano questo un reboot il cui arco narrativo si inserisce sempre nel contesto storico del Giappone feudale, ma dopo gli eventi del primo storico SamSho, uscito nel lontano luglio del 1993 (edito su cartuccia per console Neo Geo, ndr). La saga, nel corso di questi anni, ha subito molte rivisitazioni, passando dai classici sprite in 2d (vere e pure opere d’arte, ndr) all’attuale cel-shading “anime style”. Per capirci, quello utilizzato nella serie di Naruto e l’attuale Street Fighter.

Vi è, però, un qualcosa che è rimasto forse immutato nel tempo, ed è la dedizione per i dettagli. Si “sprecano” in Samurai Shodown. La nostra sfida sarà nel coglierli al meglio in questa nostra recensione della versione per la nuova console Xbox Series X.

PICCHIADURO “SENZA FRETTA”

Da sempre al genere picchiaduro è associato il concetto di “smashing buttons”, quella tipica frenesia nell’agire veloce su tasti e stick per aumentare il contatore delle combo e, quindi, fare più danni. Questo modo di giocare era tipico delle sale giochi. Quando ancora esistevano i vecchi cabinati e tutti si stringevano attorno per osservare il nuovo record di turno. Chi vi scrive, per un attimo, quel ricordo lo ha avuto. E se è successo al sottoscritto, probabilmente, succederà anche a voi.

Si chiama effetto nostalgia, tipico dei remake “famosi”. Samurai Shodown fa parte dell’immaginario collettivo di molti e vederlo approdare sulle console di nuova generazione rientra nel novero dei “graditi ritorni”. La parte grafica è affidata all’Unreal Engine, in grado di far girare il gioco a 120 fps. A livello di dettaglio, sebbene ci sia una risoluzione 4K, siamo di gran lunga lontani dai livelli di Street Fighter. L’eccesso di “ombre” genera delle aberrazioni poligonali fastidiose da vedere (soprattutto sotto le ascelle del combattente, ndr).

Di fatto, il confronto con il celebre remake del picchiaduro di casa Capcom non rende la vita facile al buon SamSho. Nonostante questo, la scelta di un “ritorno alle origini”, a nostro avviso, da ragione agli sviluppatori. Ti aspetti quel picchiaduro frenetico, anche perché oggi i ritmi sono questi.

E, invece, viene riproposta quella “calma apparente” che hanno fatto diventare famosa una saga. Il gioco di finte e di mosse simulate è facilitato dall’ottima reattività del controller Xbox Series X. Contro la CPU, questo è un aspetto che lascia il tempo che trova, ma in competitivo online anche un istante può essere decisivo.

Istanti che vanno sfruttati. La fase di studio di un combattimento è una delle parti più belle del gameplay di Samurai Shodown. Ogni avversario cambia posa e quindi regola di ingaggio. Vi è differenza, non solo nell’intensità del colpo, ma anche nella direzione. In relazione a questa, si deve studiare una buona tattica difensiva. Che sia una parata o un contrattacco, non importa, quello che conta e non lasciare troppo il fianco scoperto.

BASTA UN SOLO COLPO

La parte bella, forse unica rispetto ad altri titoli del genere, è data dalla componente realistica. Sembra quasi un ossimoro videoludico, anche perché qualcuno potrebbe obiettare domandando cosa c’entra il realismo con un picchiaduro dove le leggi della realtà sono stravolte? Ricollegandoci al concetto del “fianco scoperto”, in Samurai Shodown anche un solo colpo può essere fatale (o poco ci manca, ndr).

La presenza della barra speciale, quella che si carica nel corso del combattimento, vi darà accesso alla super-mossa tematica del personaggio. Il bello è che ha una potenza devastante, il brutto è che una volta usata vi lascia a secco di energia. Il trucco sta nel trovare quell’istante giusto, il momento perfetto per avere la certezza del successo. In alternativa, l’errore può costare molto caro.

Il concetto di “realismo” lo si ritrova anche nello stile di combattimento. Trattandosi di un gioco che rievoca le gesta di ipotetici eroi, in una libera interpretazione del Giappone feudale, SamSho cerca di calare le regole di ingaggio in maniera del tutto coerente con il periodo storica raccontato. Combattimenti all’arma bianca, con pugni e calci al bisogno. Che sia una spada a due mani, una katana o un ninjaku non importa, la costante è che queste non restano mai incollate tra le mani di chi le utilizza. Questo passaggio è fondamentale è rappresenta l’aspetto che, da sempre, ha caratterizzato questo gioco sin dalle sue origini.

Il disarmare e l’essere disarmati alimenta questa infusione di realismo, con un gameplay anacronistico per essere quello di un beat’em’up. Qui il famoso smashing buttons si va a far benedire, e se provate a metterlo in atto, anche solo contro la CPU, saranno botte da orbi. Occorre capire questo di Samurai Shodown prima di far parte di un pezzo della storia dei videogiochi. Non deve piacere per forza, per carità, ma ci vuole il giusto e dovuto rispetto prima di etichettarlo con “troppo difficile” o “noioso”. E si siete amanti della vera sfida, il multigiocatore competitivo online è pronto ad accogliervi.

COMMENTO FINALE

Ricordare il passato è sempre bello, soprattutto se lo si fa con il potenziale che la nuova generazione mette a disposizione. Samurai Shodown si riaffaccia sulla scena videoludica che conta, con un timido ingresso che lascia intravedere molta speranza per un reboot della saga. Siamo ancora lontani dagli standard grafici e qualitativi del rivale Street Fighter. Il confronto tra SNK e Capcom, al momento, non è nemmeno ipotizzabile. Questa nuova generazione di console, però, potrebbe ospitare più di un ritorno, per cui noi, nell’attesa, ci godiamo questo piccolo (grande) pezzo di storia.

Nella nostra recensione di Samurai Shodown, come avete potuto appurare, ci siamo soffermati su degli aspetti che possono sembrare “ovvi”, ma che di fatto non lo sono. Non vi abbiamo parlato, infatti, della modalità storia, tutorial, arcade e multigiocatore. Non è stata una nostra dimenticanza, ma solo una scelta presa con coscienza. Ci siamo, invece, concentrati sul perchè giocare a SamSho, e cosa ha di diverso dai vari picchiaduro in circolazione. Di solito a noi non piace dare le cose per scontato, e ci scusiamo se abbiamo parlato di aspetti che già conoscevate. La speranza è quella di coinvolgere chi il gioco e la saga non li conosce affatto.

Dal punto di vista tecnico, il gameplay di Samurai Shodown resta aderente a quello del passato. Xbox Series X offre la sua potenza grafica, in grado di spingere il gioco a 120 fps in 4K senza perdere nemmeno un frame. Come sempre, ci vuole un supporto video idoneo a rendere giustizia a questi numeri. Lato grafico, si può fare ancora di meglio. L’Unreal Engine non riesce a fornire il meglio di se, e l’effetto manga in tecnica cel-shading non è dei migliori. Il resto, è sempre e solo SamSho.

Pregi

Un gameplay estremamente aderente al passato, aiutato dalla reattività del controller della nuova Xbox Series X. La next-gen di casa Microsoft "pompa" la grafica fino a 4K, mantenendo il framerate a 120fps. La componente artistica del gioco ci riporta ai fasti del Giappone feudale, con delle ambientazioni caratteristiche...

Difetti

anche se il design dei personaggi è ancora da rivedere. Non basta la potenza grafica dell'Unreal Engine per rendere al meglio questa resa estetica a metà tra il manga e 3D. Le intenzioni sono buone ma non bastano.

Voto

8