Curious Expedition 2, recensione
Il secondo capitolo della serie porta tante novità. Maschinen-Mensch avrà colpito nel segno?
Terre misteriose, foreste ombrose, civiltà incredibili ed “El Dorado” ad ogni angolo. Alzi la mano chi, da bambino, non è rimasto affascinato dalle mitiche avventure di esploratori, ricercatori ed eroi d’ogni tipo e misura, intenti nel tagliare di netto il velo dell’ignoto, alla scoperta di nuove ed inedite meraviglie. Ed è sostanzialmente questo il “sostrato teorico” di Curious Expedition 2, creato dallo sviluppatore Maschinen-Mensch e pubblicato Thunderful Publishing.
Se c’è un due, ovviamente, ci sarà anche un “uno”: il primo capitolo della saga è stato pubblicato nel 2016. Il secondo, riprende quasi in toto le meccaniche di gioco e, con esse, anche l’ambientazione tra il “serio” ed il “magico”.
E, in un certo qual modo, fa compiere all’intero know how della saga, un deciso passo in avanti, tentando di “spuntare” alcuni angoli per levigare meglio l’intera opera, il tutto incorniciato da uno stile artistico piuttosto personale. Ma andiamo con ordine augurandovi una buona lettura della nostra recensione del gioco uscito su Steam per gli utenti Pc lo scorso 28 gennaio. Il titolo, lo ricordiamo, arriverà anche su console nel corso dell’anno. Buona lettura.
DARE UN NOME ALL’IGNOTO
Curious Expedition 2 è un gioco di strategia a turni, vicino al sotto-genere dei roguelite, che alterna una visuale dall’alto a scene “ravvicinate” in due dimensioni che riproporranno diverse situazioni, dai più classici dialoghi a veri e propri combattimenti, sempre “rigidamente” divisi a turni.
Nei panni di un esploratore più o meno classico per il periodo nel quale è ambientato il gioco, ovvero il colonialismo del XIX secolo, il nostro alter-ego dovrà svelare meraviglie, scoprire manufatti e civiltà ignote, oltre che finanziare e condurre in prima persona vere e proprie spedizioni.
Durante il prologo, che funzionerà da tutorial vero e proprio, scopriremo le vicende che vedono al centro Victoria Malin, direttrice dell’Esposizione Universale, che in uno dei suoi viaggi incontra degli strani portali che sembrano dei veri e propri manufatti alieni.
Questo fattore sarà poi il vero e proprio trampolino di lancio di una storia, tutto sommato ben fatta e che lentamente lascerà connotati “reali” per sguazzare nell’occulto e nel magico. La campagna ci vedrà viaggiare e scoprire per ben cinque atti di lunghezza variabile, ognuno dei quali racconta un anno della gestione Malin del baraccone che porterà all’Esposizione Universale.
Il titolo, in sostanza, tenta di unire due dinamiche di gioco che all’apparenza sono in “disaccordo”. Da una parte c’è la componente esplorativa/strategica legata al mero “svelare” l’ignoto, che si coniuga con elementi roguelike e strategici che ci porranno dei “freni” ludici e che, in sostanza, saranno poi il cuore meccanico dell’esperienza.
All’inizio, saremo chiamate a scegliere una specifica “classe” tra due, in principio, disponibili: l’antropologo, con caratteristiche più volte alla conoscenza e alla comunicazione con le popolazioni indigene che incontreremo, in un’ottica di prosecuzione “carismatica” della campagna, e il Big Game Hunter, molto più “fisico” e adatto alla sopravvivenza e agli scontri.
Come facile intuire, con il progredire del gioco, avremo la possibilità di sbloccare nuovi personaggi e, con essi, nuove possibilità di interpretare l’avventura. In sostanza, l’andazzo ludico del gioco procederà in questo senso: ci saranno alcuni club di esploratori, i quali ci offriranno differenti missioni che, com’è lecito attendersi, ci condurranno all’esplorazione di isole generate casualmente al contempo gestendo la nostra squadra di intrepidi eroi sotto diversi punti di vista.
In linea di massima, le missioni saranno di due tipi: potremo optare per un’avventura libera, generata proceduralmente, che ci farà guadagnare “dindini” sonanti ed esperienza per potenziare il party. Oppure, scegliere una missione principale che farà avanzare la narrazione centrale, a cui accederemo solamente dopo aver completato un numero definitivo di spedizioni “casuali”.
TRA ISOLE INESPLORATE E MANUFATTI MAGICI
Come detto in introduzione, Curious Expedition 2 presenta degli elementi roguelite: il gioco, di base, prevede che ad ogni nostra dipartita (e data la casualità e difficoltà intrinseca del gioco, capiterà piuttosto spesso), vedremo “azzerarsi” l’anno in corso, resettando quindi i progressi e obbligandoci a cambiare totalmente equipaggio. Ma avremo anche la possibilità di optare per l’avere una possibilità di ripetere la missione “incriminata” o, al contrario, spavaldamente, di attivare il permadeath e perdere tutto al primo errore.
Questo, come specificato nelle battute iniziali, sarà accompagnato dai classici crismi meccanici che caratterizzano i titoli degli strategici a turni: il nostro focus sarà quindi esplorare ampie mappe, tra giungle, paludi e deserti, alla ricerca del bottino.
Ma ad ogni passo, non solo rimuoveremo la classica “fog of war” (ovvero, la “nebbiolina” che ricopre le parti non ancora esplorate della mappa), ma utilizzeremo punti di “sanità mentale”. Questa meccanica, in sostanza, integrata con il naturale bisogno di cibo e acqua, sostituirà in modo raffinato il più classico conteggio dei turni disponibili: all’inizio di ogni partita avremo a disposizione un numero definito di punti di sanità mentale che, mano a mano che porteremo a compimento delle azioni, decresceranno.
Nel caso in cui dovessero completamente prosciugarsi e finire sotto lo zero, i componenti del nostro gruppo si ammaleranno, diserteranno o soccomberanno alla “paura dell’ignoto” e ai pericoli che li circondano. Avremo l’opportunità di reintegrare sanità, con un uso bilanciato di alcuni elementi, come cioccolato, whisky e altri oggetti.
Naturalmente, sparsi per la mappa, ci saranno dei punti di interesse che attiveranno delle vere e proprie “scenette”, facendo mutare la visuale dall’alto del gioco, in una ravvicinata a scorrimento.
In questo senso, oltre a poter ammirare l’ottimo lavoro a livello di design artistico profuso dagli sviluppatori, gli intermezzi narrativi o di combattimento, saranno poi effettivamente il fulcro dell’esperienza vera e propria di gioco.
Potremo, ad esempio, scoprire luoghi sconosciuti ricolmi di manufatti e tesori, incrociare mostri erranti oppure interagire con le popolazioni indigene per ricevere aiuto, se saremo amichevoli e se naturalmente saranno anche loro ben disposti nei nostri confronti. Con un’attenta pianificazione e il giusto mix di prudenza e spregiudicatezza, il nostro gruppo si farà così strada nei territori inesplorati, fino al compimento dell’obiettivo.
Portare a termine con successo una spedizione significa tornare alla base con un bel bottino e una buona dose di fama e reputazione in più, tutte cose spendibili per l’organizzazione della successiva avventura. Raccogliendo reperti e completando le missioni, chiaramente, potremo accedere a preziose ricompense, come oggetti utili e anche membri dell’equipaggiamento specifici per ogni club, dalle caratteristiche intrinseche specifiche.
Naturalmente, Curious Expedition 2 avrà anche una vistosa componente più squisitamente organizzativa: i personaggi saranno caratterizzati da una serie di valori che regolano i legami tra i diversi membri del team, mentre la popolarità con le varie fazioni indigene è gestita da un indicatore numerico, mentre qualsiasi interazione è, invece, regolata da una serie di tiri di dadi e stat check.
Ogni personaggio, infatti, oltre ad abilità peculiari e statistiche passive, alcune ottenibili anche nel corso del gioco, avrà in dote con sé una riserva di dadi che si compone di qualità offensive (rosse), difensive (blu), e di supporto (verde). Ogni “prova”, dalla deduzione alla fuga, passando per il combattimento, impone uno o più lanci di dado e la gestione delle conseguenze dal punto di vista narrativo.
In questo senso, sia le fasi di dialogo che di combattimento, premiano con evidenza una attenta pianificazione e una scelta oculata del party, tamponando quindi grandemente (ma non del tutto) uno dei problemi che affligge spesso gli esponenti di questo settore, ovvero l’eccessiva casualità delle situazioni. Casualità che è comunque presente e preponderante e che, ovviamente, costituirà il senso stesso della progressione ludica: in linea di massima, nella personale esperienza di gioco, ad ogni morte si avanza di un passo per comprendere i fondamenti “innegabili” per la costituzione di un party “giusto”.
La cosa, naturalmente standard nei rappresentanti del settore, potrebbe risultare frustrante per taluni, data l’alta variabilità delle situazioni che affronteremo e, con essa, la facilità con cui sarà “game over” per colpa del “caso”. In aggiunta, la stessa casualità, di cui sopra, ben presto toccherà un limite estetico di situazioni: tradotto, dopo alcune ore di gioco, i contesti narrativi o le situazioni procedurali che dovremo gestire, si ripeteranno a iosa. Una questione che unisce, faticosamente, tutti gli appartenenti al genere e che, anche nel caso di Curious Expedition 2, non riesce ad esser superata in modo sostanziale.
TECNICHE DI VIAGGIO
Il comparto tecnico di Curious Expedition 2 è tanto semplice quanto ispirato con grafica essenziale ma molto pulita e evocativa. Ed un sonoro all’altezza dell’atmosfera “misteriosa” e frastagliata che il titolo offre.
Una scelta artistica, quella dell’estetica da fumetto europeo che, in realtà, ha diviso la community che proveniva dal primo episodio della saga. Curious Expedition 2, infatti, è transitato da un’evocativa pixel art di stampo classico ed elegantemente retrò, ad un ben più dettagliato tratto da graphic novel occidentale. Questo ci ricorda per stile, colori (e con essi, situazioni), le avventure/disavventure del mitico Tin Tin creato e disegnato da Georges Prosper Remi, in arte Hergè.
In generale, lo switch radicale a livello di mero design, non ha a nostro avviso né migliorato né peggiorato la situazione, ma l’ha fatta permanere sullo stesso livello del precedente chapter per quanto concerne pregio ed eleganza.
Per quanto riguarda la complessiva pulizia tecnica, non c’è davvero nulla da obiettare: gli sviluppatori hanno fatto un ottimo lavoro e, data anche la semplicità tecnica oggettiva del titolo, Curious Expedition 2 fluirà senza ostacoli di sorta o impedimenti di carattere meccanico o tecnico.
COMMENTO FINALE
Curious Expedition 2 è un gioco evocativo, longevo che mescola, con un estro per certi versi inatteso, storia e magia. Meccaniche canoniche, unite a piccoli colpi di classe, ne fanno un “must try” per gli amanti del genere strategico a turni con elementi roguelite.
Naturalmente, come il 99% degli esponenti del settore, il titolo porta con sé gli strascichi dell’appartenenza, fra difficoltà piuttosto alta, la casualità come “padrona” delle movenze e, in generale, una certa ripetitività di situazioni e contesti. Detto ciò, il titolo è sicuramente pregevole ed una naturale evoluzione del primo capitolo.
Pregi
Artisticamente pregevole. Narrativamente “curioso”. Elementi ruolistici, strategici e roguelite.
Difetti
Difficoltà alta e non adatta a tutti. Una certa ripetitività di situazioni e contesti.
Voto
8