Remothered: Broken Porcelain, recensione

Stormind Games torna con Remothered: Broken Porcelain, secondo capitolo della serie survival horror. Riuscirà il gioco a ripetere il successo del predecessore?

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L’orrore ha più forme, più volti, più suoni: può esser uno scricchiolio, un vetro che s’infrange, un colpo di pistola, una voce nel buio. Remothered: Broken Porcelain, in un certo senso, tenta in modo vistoso di riassumerli tutti: sarà un “buon” riassunto?

Il titolo di cui discuteremo in questa sede, secondo capitolo della saga inaugurata alcuni anni fa da Remothered: Tormented Father, fu annunciato durante gli Italian Video Games Awards dello scorso anno che vide anche il team portarsi a casa il titolo di “Miglior gioco italiano” grazie proprio a Tormented Father. Broken Porcelain era previsto, originariamente, per l’agosto di quest’anno.

Ma la pandemia ha prodotto danni d’ogni tipo: ecco che, il titolo del team siciliano di Stormind Games, è stato rimandato di alcuni mesi per arrivare su Pc e console lo scorso 13 ottobre. Se,  però, il piatto è succulento l’attesa non fa altro che amplificare la voglia che diviene addirittura necessarietà “alimentare”.

Bando alle ciance, ecco la recensione della versione Steam dell’atteso secondo capitolo della saga Remothered, Broken Porcelain diffuso dal publisher Modus Games. Buona lettura.

IL BUIO, LA LUCE E ANCORA IL BUIO

Remothered: Broken Porcelain è un gioco d’avventura in terza persona, dalle “fosche” tinte horror, caratterizzato prevalentemente, come si confà al genere d’appartenenza, sulla “silente” esplorazione di ambienti alla ricerca di elementi chiave per proseguire con l’intreccio narrativo.

Al contempo, le fasi di gioco saranno caratterizzate da diversi tipi di puzzle ed enigmi che dovremo, diligentemente, risolvere. Una formula piuttosto classica del genere, seppur il titolo di Stormind Games avrà alla sua faretra qualche “inattesa” freccia.
Per chi ha giocato il primo capitolo, Broken Porcelain si pone a cavallo di Tormented Fathers, fungendo dunque sia da prequel che da sequel nel “fittizio” sviluppo della trama. Nel gioco, vestiremo i panni di una giovanissima ragazza, Jennifer, dallo spirito indomito e ribelle: la “precoce” protagonista, dopo essere stata espulsa da un istituto femminile, si ritrova assunta all’Ashmann Inn, un hotel che, fin dai primi istanti “odorerà di marcio”. Un marcio cupo e oscuro, ricolmo di indicibili segreti che si mescoleranno con il buio passato della stessa protagonista che, ben presto, si troverà suo malgrado a lottare per la propria vita.

Com’è lecito attendersi, la colonna portante di una produzione “adventurous” è l’intreccio narrativo. Remothered: Broken Porcelain, in questo senso, nasconde all’interno della sua offerta ludica una ben studiata ed intrigante trama, come detto ricolma di oscurità e disperazione, ma anche di temi riguardanti la psiche umana, la natura dell’uomo con il suo buio e la sua luce, il senso stesso dell’esistenza e la classica lotta per la sopravvivenza.

In generale, l’intreccio si rivelerà pregevole e con un buon mordente, caratterizzato anche da diversi salti temporali che, un pezzo alla volta, comporranno la “cornice a mosaico” che intrappola gli eventi reali (o irreali, dipende dal punto di vista) che ci si pareranno innanzi.

Una storia che, costellata anche di personaggi sufficientemente caratterizzati, in linea di massima, riuscirà a tenerci saldamente incollati allo schermo della nostra piattaforma (nel caso di questa recensione, il Pc) seppur la durata dell’esperienza è di circa 5 ore.

NASCONDERSI, CORRERE E… NASCONDERSI ANCORA

Da un punto di vista più squisitamente ludico-meccanico, Remothered: Broken Porcelain potrebbe essere riassunto in una corta sequenza di parole: correre, nascondersi, esplorare. Nella tradizione dei survival horror inaugurata, compiutamente, da Amnesia anni fa, la nostra ribelle eroina dovrà vedersela con delle orribili entità assetate di sangue, gli stalker, che, come suggerisce il nome, le staranno dietro come dei segugi infernali, cercando di appropriarsi della giovane vita di Jennifer.

Purtroppo per lei, non potrà affidarsi ad un arsenale di fuoco di tutto rispetto ma, semplicemente, dovrà usare l’astuzia per liberarsi dei suoi inseguitori: la ragazza potrà nascondersi all’interno di mobili di varia natura, al contempo evitando qualsiasi rumore o, al contrario, facendone e tanto per distrarre gli stalker o far deviare loro la propria “pattuglia”. Nel gioco, comunque, saranno presenti delle armi “basilari” ma che potranno esser utilizzate solo in momenti “specifici”.

In aggiunta, la nostra protagonista, potrà affidarsi anche ad un “crafting” basilare di oggetti, raccogliendo gli “ingredienti” girovagando negli ambienti, che le saranno utili nel corso dell’esplorazione.

Diciamo immediatamente che, in generale, l’evidente tallone d’Achille della produzione è racchiuso quasi completamente nel suo gameplay. A partire dagli stalker, non propriamente reattivi e che alle volte rimarranno impassibili seppur passeremo nel loro campo visivo.

Anche il fattore stealth, concettualmente piuttosto curato e che si tradurrà in una serie di passaggi, cunicoli e zone di interesse ben posizionate grazie ad un level design lineare ma non per questo poco interessante, verrà parzialmente meno perché, in linea di massima, non sarà propriamente difficile sfuggire ai nostri inseguitori o, se scoperti, avremo a che fare con degli eventi quick time tendenzialmente facili da gestire. Una situazione che, ad onor della cronaca, è migliorata sensibilmente rispetto al day one, dopo una serie di patch, seppur non completamente scomparsa.

Nel titolo, di tanto in tanto, saremo protagonisti di vere e proprie boss fight che, tendenzialmente, avverranno sempre in spazi piuttosto limitati e che ci vedranno all’opera non solo nello schivare i “fendenti” avversari, ma anche nel tentare di porre fine allo scontro utilizzando degli arnesi di fortuna: anche in questo caso, a causa di qualche piccolo problema relativo a collisioni e “trigger spaziali”, l’esperienza non sarà sempre completamente “liscia”.

LIGHTS OUT

Sin dal day one, Broken Porcelain ha sofferto di una realizzazione tecnica non esente da difetti, come già sottolineato in precedenza. Oltre alle questioni meccaniche, citate, ci saranno anche dei limiti relativi dettati da tanti piccoli dettagli non perfettamente funzionanti. E nonostante, come detto, diverse patch abbiano tamponato un po’ la situazione, il titolo della software house italiana Stormind Games è ancora oggi imperfetto. Da cutscene non organicamente inserite nel fluire ludico (e, alle volte, addirittura tagliuzzate alla buona), sino ad animazioni non convincenti. Per chiudere con compenetrazioni poligonali non particolarmente esaltanti.

In linea di massima, seppur esteticamente il titolo non farà gridare al miracolo, Broken Porcelain si presenterà più che sufficiente e in grado, comunque, di tener coerentemente fede all’atmosfera che la narrativa, corta ma piuttosto intensa, ci propone.

Detto ciò, l’occhio non sarà esattamente “sazio”. In linea di massima, le texture sia ambientali che dei personaggi, non saranno particolarmente aggraziate. E, alle volte, specialmente per quanto riguarda i dettagli secondari dell’ambiente, risulteranno tendenzialmente piatte e dalla caratterizzazione quasi azzerata.

Anche l’audio, fondamentale nei titoli horror, sarà non perfettamente intergrato: il senso dello “spazio sonoro” non è particolarmente “chiaro” e spesso ci troveremo in difficoltà nello stabilire, ad orecchio, se un nemico è vicino o lontano. Restando in tema, un plauso – senza se e senza ma – va invece alla scelta della colonna sonora. Questa risulta ben caratterizzata e, quando serve, ansiogena al punto giusto.
Ultimo dettaglio da considerare, le performance a livello di fluidità. La versione testata, Steam su di un Pc di fascia medio/alta, ha offerto una buona scorrevolezza e una sufficiente scalabilità delle opzioni con cui è stato quasi immediato ottenere un buon compromesso tra resa estetica e fluidità.

Naturalmente, di base il titolo non è piuttosto esoso in termini di richieste hardware, quindi anche le macchine meno performanti potranno assaporare l’avventura Stormind Games senza grossi pensieri. Come abbiamo di già ripetuto, la situazione è in costante evoluzione viste le numerose patch che dal Day one sono state pubblicate, piuttosto celermente, per tamponare le criticità del titolo.

COMMENTO FINALE

Broken Porcelain è e non è. Gli evidenti limiti, da questioni di gameplay a sbavature tecniche, azzoppano in modo evidente l’ultima produzione del piccolo team siciliano di Stormind Games, seppur il titolo abbia fascino e spessore da vendere. Una produzione che, complice anche una durata piuttosto limitata (seppur, l’intera saga sia concepita “a capitoli”), non riesce a brillare quanto dovrebbe.

Comunque, Broken Porcelain resta una esperienza di gioco sufficiente e in grado di regalare (poche) ore di tensione e angoscia.

Pregi

Atmosfera cupa al punto giusto, Colonna sonora. Trama intrigante...

Difetti

... peccato finisca subito. Alcuni evidenti problemi tecnici e di gameplay ne tarpano le ali.

Voto

6,5