Amnesia: Rebirth, Recensione PS4

Il folle lato della paura

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A dieci anni di distanza, Amnesia: Rebirth ci porta in un nuovo viaggio nel labirinto della mente e della follia. Frictional Games si riaffaccia sul mercato videoludico dopo le ultime fatiche di Soma e la saga di Penumbra. Lo fa con il suo titolo di punta, quello che ha fatto conoscere questo piccolo studio di Helsinborg al mondo intero. Quello che in un certo senso ha aperto le coscienze verso il concetto di “avventura psicologica”.

Di titoli simili quest’anno ne abbiamo visti eccome. Basti pensare a Those Who Remain, Deliver Us To Moon, Infliction: Extended Cut, Draugen. Validi testimoni di come la strada che veniva tracciata 10 anni fa da Amnesia: The dark Descent sia stata seguita. Torna, però, il titolare a reclamare un posto in campo nella squadra delle avventure grafiche immersive in prima persona.

Lo fa con una vecchia formula, nuova per chi all’epoca non ebbe il piacere di spassarsela tra puzzle infernali e viaggi verso la dimensione della disperazione e del tormento. Tendenzialmente la formula, in termini di gameplay, non cambia. Si segue un percorso pseudo obbligato, si raccolgono prove per ricostruire passato e presente e si risolve qualche rompicapo qua e là. Il tutto condito con un pizzico di malsana follia.

Graficamente non male, vista la nuova release del HPL engine arrivato alla versione 3.5. Oltre alla gestione della fisica, è stata posta particolare attenzione al design delle ambientazioni. Creative ma al tempo stesso non troppo distanti dalla realtà. La discesa verso le tombe è veramente “tanta roba”, soprattutto in termini di atmosfera. D’altronde in Amnesia: Rebirth, senza dubbio, sono la cosa più importante.

Per il resto la paura e la follia vi porteranno a braccetto in un bel viaggio, dove per arrivare sino alla fine bisogna essere disposti ad accettare diversi compromessi in termini di normalità. Anche il semplice aprire un baule può nascondere delle insidie inaspettate. Se volete scoprire cosa si cela dietro Amnesia: Rebirth non vi resta che iniziare con noi questo thrill-trip, in compagnia della nostra recensione per console PS4.

LA PAURA FA GAMEPLAY

Ci sono giochi che è meglio evitare in ore notturne, e Amnesia: Rebirth rientra in questa speciale categoria. Frictional Games è famosa per sfornare gameplay da paura, nel senso letterale del termine. L’esperienza con Soma e la serie di Penumbra ha fatto capire, a questo piccolo studio svedese, che direzione doveva prendere un possibile nuovo capitolo del suo titolo primogenito.

Si comincia inseguendo lo stesso stile confusionario del primo capitolo. In Amnesia: The Dark Descent iniziamo con il povero Daniel ai piedi del castello di Brennenburg senza sapere il perché e il per come. La confusione accompagna, anche, la protagonista di questo nuovo capitolo, Tasi Trianon, un’archeologa francese alle prese con una spedizione del deserto algerino finita con uno schianto aereo (o è almeno quello sembra…). L’obbiettivo è quello di trovare una strada verso la salvezza e la verità, due traguardi che non sempre coincidono.

Il fattore interattivo è importantissimo in Amnesia: Rebirth. Tutto può essere toccato, aperto, analizzato, letto e memorizzato. La nostra Tasi, tra un goccino di Laudanum e allucinazioni molto reali, ci farà conoscere la sua storia. Non sappiamo se è colpa del fatto di aver giocato e ricordare piuttosto bene The Dark Descent, ma la trama del gioco poteva essere un tantino meno remake. Sì sono passati 100 anni e sì il protagonista non è uomo ma l’obiettivo a cui vuole andare a parare il gioco lo si capisce piuttosto in fretta.

Nonostante questo la storia di Amnesia: Rebirth non è scontata e se avete avuto la fortuna di “non” giocare al capitolo precedente vi godrete una bella avventura grafica, con delle sfumature tipiche del survival horror. La spinta verso questo ultimo genere è molto presente sin dai primi minuti di gameplay. Oltre alla follia quindi, vero marchio di fabbrica di Amnesia, troviamo anche delle belle iniezioni di sana paura.

REMAKE O REBIRTH?

Questa nuova iterazione della saga ideata da Frictional Games profuma di reboot. La provocazione lanciata nel titolo ha un suo perché, viste le potenzialità di questa next-gen in termini di immersione. Il comparto audio è eccezionale con delle alternanze di alti e bassi in cui è difficile addormentarsi con il pad in mano. Quando meno te lo aspetti arrivano certe “stimpanate” da far accapponare la pelle.

Il comparto grafico è quella cosa che resta un po’ nel limbo dell’indecisione. Fermo restando che le ambientazioni sono originalissime e ben congegnate, anche a livello di gameplay, le texture e il livello di dettaglio non sono delle migliori. Di momenti cartolina ce ne sono a iosa, merito anche del gioco di luci e ombre. La discesa, in senso fisico e metaforico, è guidata anche da giochi di colori emozionali.

Mentre giocavamo ad Amnesia: Rebirth ci chiedevamo chissà come renderà il feedback aptico mentre Tasi scende cammina sui sassi? Che livello di profondità sonora ci regalerà il tempest engine in ambienti aperti e chiusi? Frictional Games un pensierino lo ha già fatto, secondo noi, e questo nuova iterazione della saga potrebbe essere una prova generale per l’inizio di un qualcosa di assolutamente unico.

Se è vero che PS5 e Xbox Series X saranno in grado di immergerci nel gioco, beh, chi meglio di un’avventura grafica in salsa survival horror potrebbe riuscirci? Figuriamoci, poi, se a tutto questo ci aggiungiamo anche la realtà virtuale. Il PSVR2 è ancora nell’universo delle indiscrezioni e rumor ma giochi del calibro di Amnesia sarebbero perfetti per questa tecnologia. L’unica cosa che, in un certo senso, preoccupa è che cotanta immersione potrebbe finire con l’invertire il gioco delle parti.

Succede già adesso, figuriamoci se non ce rendiamo conto. Amnesia: Rebirth, infatti, ha la forza di portarci nel dramma e nella disperazione della giovane Tasi. Passo dopo passo bisogna trovare il coraggio di accettare ciò che non si vuole scoprire e ricordare. Il confine tra realtà e fantasia diventa sempre più sottile sino a scomparire. Arriverete a un punto in cui i giochi sono fatti e dietro l’ultima porta troverete la verità. Trovare il coraggio di aprirla non sarà facile.

COMMENTO FINALE

Amnesia: Rebirth è il classico gioco che divide in due la platea dei giocatori: tra chi ha già giocato al capitolo precedente The Dark Descent e chi, invece, approccia alla saga per la prima volta. È indubbio il fatto che il titolo di Frictional Games merita di finire nella vostra collezione dei giochi del 2020. Come, anche, il fatto che se non amate il genere delle avventure in prima persona (che non c’entrano un tubo con gli FPS) rischiate seriamente di annoiarvi.

Dal punto di vista narrativo non esplode di originalità, ma non per questo pecca di “scontatezza”. Il continuum degli eventi sono in grado di trascinare senza mai annoiare. Emergono, per originalità e creatività, le ambientazioni. Di solito sono il piatto forte per questo genere di giochi e la software house svedese, questo, lo sa benissimo. Texture e risoluzione grafica potevano essere migliori e farci vedere la vera forza dell’ HPL Engine 3.5.

La saga è ufficialmente ripartita. Adesso non possono aspettare altri 10 anni per il prossimo capitolo. Se non conoscete la serie ma siete degli amanti dei survival horror in soggettiva, siete “obbligati” a prenderlo. Difficilmente rimarrete delusi.

Pregi

Rievocando i vecchi fasti del passato, il giusto mix tra punta e clicca e avventura grafica e mantenuto, con una leggera spinta verso l'action e una enorme verso il survival horror. La narrazione scorre liscia e senza intoppi, con momenti di alto contenuto emozionale ...

Difetti

... anche se la storia poteva essere un po' più frizzante e originale (soprattutto se conoscete A Dark Descent). La grafica delle ambientazioni è notevole, anche se texture e risoluzione non fanno impazzire.

Voto

8,5