A Tale of Paper – Recensione PS4

L'insostenibile leggerezza di un foglio di carta

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Scrivere la recensione di A Tale of Paper, l’ultima esclusiva PS4, è stata una bella sfida. Colpa di questo infausto periodo? No, decisamente no. Forse tutto quello che ci sta succedendo, da qualche mese a questa parte, è il perfetto catalizzatore per apprezzare la profondità di un videogioco e non soltanto fermarsi al primo impatto ed all’aspetto esteriore.

Open House Games ci fa vivere un’esperienza emotiva fatta di suoni e immagini, con un gameplay cullato tra questi due elementi.

Un platform? Un puzzle? Entrambi, ma anche no. È difficile decifrare il genere e catalogarlo in un settore specifico. Ci sono dei piccoli rompicapi e, in generale, si corre e si salta tra i vari elementi che l’ambientazione offre. La storia si svela con il passare dei minuti di gioco, senza sapere dove vuole realmente andare a parare. Vi possiamo assicurare che, tolti i primi 10-15 minuti di gioco, in cui non sapete né come vi chiamate e né perché siete li, A Tale of Paper vi prende e vi porta nel suo mondo. Allontanarsi non sarà facile.

Più andate avanti e più la voglia di scoprire aumenta sempre di più. Il contesto intorno a voi racconta il perché siete lì, e richiede sempre la vostra attenzione scatenando emozioni sempre contrastanti. A poco a poco quella banalità che gli avete etichettato nei primi minuti di gioco, lascia spazio allo stupore e alla sete di conoscenza. Lo divorerete, lasciando dentro di voi un vuoto. È quel vuoto è da colmare con una profonda autoriflessione. Con molta probabilità è proprio questo l’obiettivo che gli ideatori di questa avventura si sono prefissati.

La software house spagnola ci vuole far riflettere su quello che un videogioco può realmente dare. Se volete scoprire cosa ha da offrire A Tale of Paper restate con noi e con la nostra recensione di questa ultima esclusiva PS4.

SCRIPTA MANENT

Le parole di Caio Tito, riferite in quel famoso discorso al senato romano e divenute, poi, una vera e propria massima, sono perfette per introdurre il gameplay di A Tale of Paper. Nella stesura di questa recensione ci siamo dovuti mordere un sacco di volte la lingua per evitare lo spoiler. Ma non è stato per niente facile, motivo per cui ci siamo limitati allo stretto indispensabile.

Perdonateci se reputerete le nostre parole troppo banali o poco chiare ma sono figlie di questa politica anti-spoiler. Doverosa ed essenziale vista la natura del gioco. I momenti iniziali di A Tale of Paper sono drammatici. Non capirete una mazza. Niente dialoghi, tutorial, spiegazioni, cut-scene e filmati introduttivi. Iniziate il gioco con un pupazzo di carta che si sveglia. Dovete guidare questo insolito eroe alla scoperta di qualcosa, un qualcosa che si rivela a poco a poco in maniera quasi subliminale (se siete attenti nel cogliere i segni).

Il vostro personaggio è in grado di muoversi lungo tutto lo scenario, in un mondo che si presenta apparentemente 2d. L’anima platform, infatti, non gli manca. Giudicarlo “solo” come tale è, però, un vero peccato. C’è veramente tanto da scoprire. La complessità dei vari livelli diviene progressivamente sempre più alta. Ad aiutare il nostro eroe in questa sua crociata ci saranno le varie trasformazioni sotto forma di origami. A seconda degli ostacoli da superare possiamo scegliere se evolverci in rana, aereo, pallina di carte, razzo e anche un volatile.

Tutto questo per poter passare oltre e capire cosa c’è dall’altra parte. Non ci saranno nemici e boss finali ad attendervi. L’unica forza ostile sarete voi stessi e le vostre scelte. Se dobbiamo trovare un difetto in tutto questo, dobbiamo menzionare il controllo del personaggio. A volte, infatti, si ha quasi la sensazione che accadono delle cose senza il nostro volere. E questo lo si vede soprattutto nei salti e nelle camminate adagio, dove la precisione è fondamentale. L’unico consiglio che ci sentiamo di darvi è quello di non accelerare i tempi e capire come siete arrivati e dove volete andare.

UNA POESIA DI 3,5 GB

Quando si hanno davanti titoloni del calibro di The Last of Us Parte 2 e Call of Duty Modern Warfare ci si accorge del “peso” di un videogioco. Dai 90 ai 150Gb, numeri che nascondono un enorme sforzo realizzativo, che poi diviene sinonimo di un gran videogioco. Ma come diceva qualcuno non conta la lunghezza del martello, ma come colpisci il chiodo. Open House Games, con il suo A Tale of Paper, dimostra che questo chiodo lo sa colpire molto bene.

Un videogioco è un insieme di elementi che si armonizzano tra loro. Storia, gameplay, grafica e suoni devono muoversi all’unisono per far sì che si configuri la tanto inseguita immersione. Anche perché è quello che tutti noi cerchiamo. In alternativa esiste la vita reale, quella di tutti i giorni. Quella che, in un modo o in un altro, ci porta a fare delle piccole gite fuori porta verso la dimensione virtuale.

Il comparto audio e grafico sono gestiti magistralmente. Il primo, attraverso una colonna sonora e degli effetti audio non convenzionali, riesce a guidarci nel gameplay. Quasi come se fosse un guida spirituale, ci indica cosa fare senza mai esporsi in prima persona. La grafica, invece, nonostante la potenzialità dell’Unreal non è tutto questo wow. Le texture e la risuluzione sono mediocri, illuminate da una gestione della luce e un’ambientazione che esprime tutto il genio creativo di questa software house spagnola.  

A Tale of Paper ci vuole raccontare una storia. Lo fa, però, come se fosse una poesia. Con rime baciate, chiuse, alternate e incatenate, esprime un punto di vista, attraverso un viaggio nell’anima, la nostra supponiamo. È come se quel pupazzetto di carta, poliforme come un origami, assomigli sempre più a noi con il passare dei minuti e delle ore di gioco. E come in uno specchio, troviamo la nostra immagine riflessa, tra una corsa e un salto. E li chiamavano “solo” platform…

COMMENTO FINALE

Potevamo scrivere molto di più su A Tale of Paper ma non lo abbiamo fatto. Una decisione presa a malincuore ma necessaria. In compenso, però, abbiamo concentrato nelle nostre parole l’essenza di quello che, senza mezzi termini, è uno dei giochi più interessanti di questo 2020. Open House Games è riuscita a farci vivere una bella avventura grazie a un semplice foglio di carta. Semplice per modo di dire, visto che si può trasformare in maniera originale e utile.

Le dinamiche del gameplay sono chiare sin da subito. Un platform 3d con dei piccoli elementi puzzle. Niente di più semplice. La complessità vive nel contesto, un ambientazione dove ogni elemento non è mai casuale. Tra momenti di suspense, e qualche piccolo intermezzo action, salto dopo salto si aggiunge un tassello al nostro mosaico.

Graficamente non eccelle, salvo una stupenda gestione della luce. Il comparto sonoro è magistrale, con delle sequenze da pelle d’oca. Il controllo del personaggio poteva essere decisamente migliore, motivo per cui perde il mezzo voto. Altrimenti sarebbe stato da 10.

Pregi

Una poesia senza una storia, almeno all'apparenza. Grafica e suoni dipingono il gameplay di questo gioco, in grado di illuminare l'ultimo mese con PS4 titolare in campo. Comparto audio magistrale. Una bella esclusiva in grado di farci riflettere sul significato del videogioco stesso. A volte il peso dell'esperienza può cedere il passo alla creatività e alla voglia di fare qualcosa di diverso...

Difetti

...ma senza osare troppo. Il controllo del personaggio è uno degli aspetti cardine in un gameplay.

Voto

9.5