Il grande pregio di Steam è quello di esser stato la vetrina apripista del mondo dello sviluppo indipendente. Un’apripista fondamentale per la complessiva scena videoludica perché ha permesso ad innumerevoli perle indie (ed anche a giochi più ordinari ma non per questo trascurabili) di approdare sul mercato, solitamente con prezzi più contenuti rispetto ai tripla A, pur nonostante ottiene visibilità. Un merito che, in modo probabilmente fondamentale, ha mutato profondamente il mercato o una parte considerevole d’esso che, nei fatti, ha sconfessato l’idea, per certi versi malsana, che servano budget enormi e squadre da centinaia di elementi per poter sperare di avere un prodotto qualitativamente valido. In quest’ottica, Bartlow’s Dread Machine, potrebbe costituire un ottimo esempio.
Il titolo sviluppato da Tribetoy e Beep Games, è stato rilasciato lo scorso 30 luglio in accesso anticipato ed è da ieri in beta aperta proprio sulla piattaforma Valve (ma che dovrebbe arrivare entro la fine di settembre anche su Xbox One), presentandosi in modo innovativo seppur obbedendo ad alcune leggi… “vetuste”. Bando alle ciance, ecco la nostra anteprima del gioco.
UNO SPARATUTTO, VECCHIO… STAMPO
Bartlow’s Dread Machine è uno sparatutto con visuale variabile, che passa dalla terza persona a quella isometrica a seconda degli stage che affronteremo.
Sin dalle prime battute, il titolo mostrerà innanzitutto uno stile originale e personale: l’intero gioco è sostanzialmente una trasposizione videoludica (con tanto di trama) dei vecchi giochi da luna park. Inq questi, armati di un fucile a piombini, bisognava abbattere bersagli statici o mobili, mossi meccanicamente su dei mini binari.
Una caratteristica che, con le dovute e personali riserve, sarà sostanzialmente traslata a piè pari nel titolo. Tutti gli stage, infatti, saranno attraversati proprio da delle mini rotaie su cui i personaggi del gioco si muoveranno.
In pratica, tutta l’avventura sarà vissuta come se fossimo davvero dinanzi ad un giochino meccanico in cui l’utente avrà il controllo di un singolo eroe. Bartlow’s Dread Machine si comporterà sostanzialmente come un classico twin stick shooter (ovvero, il controllo del personaggio avverrà in larghissima misura con l’uso delle due levette): una scelta che si rivela azzeccata e organica, garantendo meccaniche fluide e che mai singhiozzano.
Una scelta stilistica atipica, per uno sparatutto western atipico: nel gioco, interpreteremo un letale agente segreto americano che assisterà, durante una parata, al rapimento del mitico presidente a stelle e strisce Roosvelt. Ma chi c’è dietro questo atto immondo? Un terribile uomo mascherato, a capo di una sorta di organizzazione/setta che ben presto, si rivelerà in grado di scatenare orde demoniache di nemici. Infatti, dopo poco, il nostro alter-ego si troverà suo malgrado ad affrontare zombie, ossuti cowboy e nemici occulti… impossibili (avete mai visto in azione dei terribili gamberetti assetati di sang… ehm, latta?).
Scontri che saranno impreziositi da scambi di battute degne di un film western duro e puro (scelta che risulta divertentemente stridente con ciò che avviene su schermo). Come già anticipato, Bartlow’s Dread Machine ci vedrà muovere il nostro eroe su stage che si svilupperanno in orizzontale, seguendo forzatamente il percorso segnato dalle rotaie. Una scelta che, per certi versi e soprattutto per i giocatori più anziani, riporterà alla mente giochi come Metal Slug e (più appropriato anche tematicamente) Sunset Riders.
UNA SPORCA DOZZINA… DI ROTAIE
Naturalmente, Bartlow’s Dread Machine non si limita semplicemente a ripescare dal passato alcune caratteristiche degli shooter old-school: ogni stage del gioco, che sarà anche contraddistinto in modo più che pregevole da uno stile estetico particolare e ben elaborato, avrà dalla sua tanti elementi principali.
A partire da coperture distruttibili, fino a piccole chicche come gli sforacchiamenti dei proiettili che rimarranno impressi sui fondali degli stage. Com’è lecito attendersi, l’idea dei movimenti su rotaia è sicuramente originale, ma impone una rigida limitazione delle possibilità d’azione date al giocatore. Una scelta che potrebbe non piacere a tutti ma che, gli sviluppatori, hanno parzialmente tamponato offrendo, livello per livello, alcune piccole aggiunte al gameplay di stampo meccanico, oltre che sfide variegate e anche modifiche visuali, come detto.
La limitazione dei movimenti non è, nei fatti, un danno irreparabile anche a livello di mera rigiocabilità del titolo: stage dopo stage, accumuleremo “sporchi” verdoni che potremo utilizzare per l’acquisto di armi e vestiario, ognuno d’essi con caratteristiche specifiche che impatteranno direttamente sul gameplay.
In aggiunta, esplorando da cima a fondo i vari stage del gioco, avremo anche la possibilità di sbloccare volti iconici del ‘900 che saranno poi, successivamente, utilizzabili avviando una nuova campagna. Naturalmente, se proprio volessimo trovare un neo ad una produzione altresì originale e ben realizzata, l’elemento “negativo” che è più evidente è la ripetitività. Bartlow’s Dread Machine, sostanzialmente, sarà un’infinita sparatoria seppur variegata da alcune intelligenti scelte estetiche e contenutistiche degli sviluppatori. Nulla che, però, non possa esser risolto applicando al gioco una roadmap di contenuti atti proprio ad ampliare il gameplay meccanicamente e concettualmente.
Ovviamente, parliamo di un titolo in early access e che, quindi, ha (si spera!) dinanzi a sé un futuro di contenuti extra ancora piuttosto lungo. Ad esempio, si potrebbe approfondire ed espandere il lato (al momento, solo accennato) più squisitamente ruolistico. Si potrebbero, dunque, aggiungendo nuove caratteristiche: la possibilità di ottenere nuovi bottini oppure delle vere e proprie classi di stampo gdr.
In aggiunta, il titolo offre di base una modalità cooperativa locale e, tramite l’uso di Remote Play Together su Steam, anche online. In questo senso, una valida aggiunta potrebbe essere, a livello di mera rigiocabilità e longevità, l’introduzione di meccaniche di matchmaking e di un vero e proprio comparto online strutturato: Bartlow’s Dread Machine è più divertente in cooperativa.
UNA RIVOLTELLA PIUTTOSTO LUCIDA
Tecnicamente parlando, Bartlow’s Dread Machine è sin dagli albori un titolo che gode di ottima salute. Non sono stati riscontrati bug degni di menzione (in realtà, ne è stato avvistato solo qualcuno, casuale e di minore entità).
Anche a livello di performance, data la natura stessa del titolo non particolarmente pesante, il gioco scorrerà fluido e senza intoppi di sorta. Sarà così anche su configurazioni hardware meno performanti. Gradevole il particolare stile visivo con la presenza di scenografie che sembrano di cartapesta. Ne parleremo più diffusamente quando recensiremo il titolo. Possiamo aggiungere che ricorda un po’ lo stile di Book of Demons (sebbene le ambientazioni siano diametralmente opposte) ed altri titoli.
Una menzione va fatta alle musiche, complessivamente ben realizzate e ad hoc con l’aria tragicomica che si respira all’interno del titolo. E va ricordata anche l’effettistica sonora, ricolma anche di “cling” e “clong” meccanizzati che renderanno ancora meglio l’idea che ci si trovi dinanzi ad un gioco da luna park dei primi del novecento.
COMMENTO FINALE
Bartlow’s Dread Machine è un ottimo titolo: originale, ben realizzato e stilisticamente pregevole. Considerando il suo status di accesso anticipato, il gioco ha un luminoso futuro dinanzi a sé.
L’unico leviatano da sconfiggere per gli sviluppatori, sarà una sorta di ripetitività antologica (per il genere), ma anche concreta e relativa alle originali premesse meccaniche del gioco. Confidiamo nell’olio di gomito degli sviluppatori: Bartlow’s Dread Machine è un titolo sicuramente da tenere d’occhio!
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