Il 2020 è stato, soprattutto per via della pandemia, l’anno dei rinvii. Dying Light – Hellraid è solo la punta di un iceberg composto in egual misura da titoli indipendenti e iper-blasonati. Titoli che si sono visti slittare la release (persino più di una volta, come nel caso di Cyberpunk 2077), spiazzando di volta in volta i trepidanti fan. Nel caso del dlc di Dying Light (qui la nostra recensione), si è trattato solamente di qualche settimana. Ma la storia che precede il suo rilascio è ben più complessa e intricata, e si trascina da anni.
Siamo nel 2013, quando viene annunciato per la prima volta da parte di Techland l’inizio dei lavori su Hellraid, un hack’n slash ispirato a titoli come Hexen ed Heretic. Questo dopo aver appena rilasciato Dead Island Riptide e aver messo, inoltre, già in cantiere lo stesso Dying Light, che sarebbe uscito un paio d’anni dopo. Passano gli anni, e continuano a susseguirsi trailer, notizie e nuovi dettagli sul gioco, che nel frattempo arriva in una versione mobile, Hellraid: The Escape. Ma di quella originale, concepita per Pc e console, ancora nessuna traccia concreta circa una release vera e propria.
Si arriva poi al 2016, quando si comincia a sentir parlare di Dying Light 2, mentre Hellraid continua a essere “in pausa”. Un progetto che ormai sembra obiettivamente naufragato; almeno fino allo scorso aprile, quando Techland ne annuncia la riesumazione nelle vesti di dlc per Dying Light. Una nuova modalità, nuova ambientazione, nuove armi e presumibilmente uno stile di gioco che avrebbe dovuto rendere omaggio al progetto iniziale. Tutto nelle vesti di un contenuto aggiuntivo che prometteva di coronare in grande stile il lungo e ricco supporto post-lancio degli sviluppatori a Dying Light. Sarà stato davvero così? Scopriamolo nella nostra recensione Pc di Dying Light – Hellraid.
UN CABINATO INFERNALE
Harran, 2020. In seguito a un misterioso blackout, gli abitanti della Torre hanno trovato nel seminterrato un misterioso cabinato arcade. Che viene poi incautamente trasportato ai piani superiori. Più precisamente nella stanza accanto a quella del negoziante, che comprende anche il nostro giaciglio. Una stanza rischiarata dalla luce di qualche lugubre candela, che riesce appena a far distinguere la scritta campeggiante sullo schermo del cabinato. Insert soul.
Dying Light – Hellraid presenta ai Kyle Crane novelli e veterani una nuova modalità. Interagendo col cabinato verremo trasportati in un’antica fortezza. Una tetra roccaforte presidiata dalle forze demoniachi del principe degli inferi, Ba’al. La sfida consiste nel superare una sorta di dungeon nel minor tempo possibile. Per farlo dovremo trovare tre frammenti di un artefatto, la pietra di Clavis, che servirà ad accedere alla sfida finale di Hellraid. Un boss che dovrà essere sconfitto, prima di poter mettere le mani sulle ricchezze della fortezza.
Il cammino sarà, come è facile immaginare, irto di pericoli. Rappresentati principalmente (se non solamente) da nemici di vario genere, che non potremo evitare in alcun modo. Il percorso si svolge infatti attraverso diverse sezioni, con porte demoniache che andranno sbloccate sia interagendo con degli altari, sia con delle leve che serviranno a sbloccare i cancelli, che normalmente bloccheranno l’accesso alle suddette porte.
Il tutto con l’obbligo di far piazza pulita dei nemici in ogni frangente. Ma chi sono i nostri avversari? Ci troviamo dopotutto in un’altra dimensione, all’interno di una roccaforte infestata dai demoni. A sbarrarci il cammino troveremo infatti degli scheletri armati, così come degli zombie più posseduti del solito. E tra di loro non mancheranno alcuni esemplari in grado di usare la magia.
UN MASSACRO UNILATERALE. O FORSE NO
Zombie e scheletri capaci di scagliare fulmini e palle di fuoco, ambientazioni che lasciano ben poco margine all’utilizzo del parkour (così centrale nel gioco base). In Dying Light – Hellraid non c’è modo di sfuggire al confronto diretto con le forze del male. Oltretutto si viene trasportarti in quel mondo senza il proprio equipaggiamento (che verrà depositato in automatico nella propria sacca, al rifugio).
Bisognerà perciò fare affidamento a qualche lama spuntata che potremo raccogliere da terra, in attesa di poter mettere le mani su qualcosa di più sostanzioso. Dal mondo “reale” si mantiene però il livello, e con esso le statistiche e le abilità conquistate tra il gioco base e l’espansione The Following (qui la nostra recensione). Chi gioca da molto tempo potrà dunque contare sulle statistiche aggiuntive fornite dal grado Leggenda.
Un aspetto che abbatterà non poco sia il livello di sfida complessivo che la longevità del dlc. I ragazzi di Techland avevano promesso un sistema di progressione esclusivo che avrebbe caratterizzato l’esperienza in Dying Light – Hellraid. Ma nel concreto ciò non avviene neppure lontamente: non vi sono infatti abilità o mosse peculiari della modalità. La progressione nel “grado Hellraid” risulta ben poco stimolante e redditizia.
Da alcune casse disseminate nel dungeon e dai cadaveri dei nemici potremo raccogliere dei gettoni, che potremo scambiare nel mondo reale con le armi introdotte nel nuovo dlc. Tali transazioni saranno possibili interagendo nella cassa accanto al cabinato, che fungerà da negozio. Un totale di 10 nuove armi (principalmente spade, asce e mazze medievaleggianti) potrà dunque arricchire il nostro arsenale complessivo in-game.
FILOSOFIA GATTOPARDIANA
Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Così recita il nipote del principe di Salina nel celebre romanzo di Tomasi di Lampedusa intitolato il Gattopardo. Un’asserzione (con tutto il suo significato dietro) che calza a pennello anche nel caso di Dying Light – Hellraid. Un dlc che annunciava qualche meccanica nuova, in onore di un’IP (quella del progetto Hellraid) trascinata a lungo e poi accantonata.
Eppure ciò non è avvenuto, poichè i contenuti proposti appaiono afflitti da una preponderante azione di “re-skin”. Stesse mosse, contrattacchi e hitbox, sia per noi che per i nostri avversari, che di fatto sono protagonisti di un semplice restyling. Gli scheletri più forti si comporteranno esattamente come gli avversari umani nel gioco base, e anche le altre tipologie di mostri ci bombarderanno con costanti sensazioni di dèjà-vu.
L’unica eccezione rimane quella degli attacchi magici di alcuni di loro, ma è ben poca cosa rispetto alle premesse/promesse che hanno preparato il terreno al rilascio di Dying Light – Hellraid. Che alla fine si pone come una sorta di mini-roguelite, per giunta privo di qualsiasi elemento procedurale. Stesso dungeon e stanze da attraversare, medesimo numero di nemici.
A seconda della nostra velocità a massacrare ciò che ci si parerà dinanzi, una run nel dungeon potrà durare anche una semplice mezz’ora, o persino meno. In più, per massimizzare il grado Hellraid (cosa che sbloccherà tutte le armi e i costumi disponibili), basteranno tre o massimo quattro run in totale. Per un totale di appena qualche ora di gioco, comunque afflitto da una cocente e imperante mancanza di stimoli.
UN INCUBO DIVERSO DALLE PREMESSE
A tenere i giochi parzialmente a galla ci pensa la direzione artistica, che almeno sul fronte delle ambientazioni e dell’atmosfera regala un’esperienza interessante. All’altezza di tutto ciò che è stato mostrato in questi anni circa i lavori, purtroppo mai conclusi, sul progetto Hellraid. Trasformato poi nella seconda espansione di Dying Light, dove la prima, The Following, costava sì il doppio, ma offriva 100 volte di più in termini di contenuto.
In Dying Light – Hellraid invece ci ritroveremo a “spammare” il tasto di attacco nel tentativo di far piazza pulita il più velocemente possibile. Nel desiderio, via via più intenso, di arrivare alla fine del percorso e di sbloccare così armi e costumi da esibire al di fuori della roccaforte demoniaca. Affrontare la nuova modalità con qualche amico potrebbe rendere tutto più sopportabile, ma è bene non aspettarsi chissà quale miracolo.
SCONSIGLIATO
Dying Light – Hellraid appare a tutti gli effetti non solo come la proverbiale occasione sprecata, ma anche come una conclusione assolutamente indegna a questi cinque anni di supporto magistrale al gioco base. Cinque anni di contenuti post-lancio, quasi tutti gratuiti, che hanno mantenuto in vita uno degli open world survivalistici a tema zombie migliori in circolazione. Eventi a tempo, sfide della community con obiettivi comuni e tanto altro che ha tenuto ancorati tantissimi sopravvissuti dalle parti di Harran e circondario.
Giocatori e in generale un’esperienza che certamente avrebbe meritato una migliore conclusione.Certo, da parte di Techland si parla già di aggiornamenti e update che nei prossimi mesi dovrebbero arrivare ad arricchire Hellraid. La speranza è che possano così rimediare alla mediocre offerta contenutistica che il dlc è ora capace di garantire, e che rende del tutto ingiustificato e ingiustificabile l’esborso richiesto. Almeno per il momento.
Pregi
Buona direzione artistica, che regala un'ambientazione affascinante e stimolante. Un omaggio al mai realizzato progetto Hellraid, ora confluito in un dlc...
Difetti
... Che però non rende giustizia all'IP che per anni si è promesso come un brutale hack'n slash sulle orme di Heretic ed Hexen. Scarsa offerta a livello contenutistico, che limita la longevità a qualche ora. Dungeon ripetitivo e nessun elemento procedurale. Nemici quasi del tutto identici a quelli del gioco base, contraddistinti solamente da un semplice restyling.
Voto
5
1 commento su “Dying Light – Hellraid, Recensione”