Pro Evolution Soccer e Winning Eleven, le due facce di una leggenda del calcio
Scopriamo grazie ad un'analisi di Adriano Avecone le differenze tra i due giochi realizzati da Konami
La serie di giochi calcistici Winning Eleven (Pro Evolution Soccer) di Konami ha rappresentato, per oltre un decennio, il punto di riferimento su console per questo genere videoludico.
Il franchise è entrato nella leggenda soprattutto grazie al lavoro svolto dallo studio KCET (Konami Computer Entertainment Tokyo) diretto da Shingo “Sea Bass” Takatsuka. Pur avendo ottenuto gloria eterna su Playstation, la serie ha avuto origine nel lontano 1995 su Super Nintendo, con il gioco Jikkyou World Soccer: Perfect Eleven (International Superstar Soccer), realizzato dallo studio KCEO (Konami Computer Entertainment Osaka). Questo titolo, dotato di una rappresentazione 2d con visuale prospettica, ha definito i dettami di base del gameplay della serie, offrendo un feeling molto arcade.
Il secondo titolo della serie è stato Jikkyou World Soccer 2: Fighting Eleven (International Superstar Soccer Deluxe), disponibile per SNES, Megadrive e PlayStation, curato sempre dallo studio KCEO, che espandeva e rifiniva il gameplay del primo capitolo. I giochi della serie Winning Eleven hanno adottato approcci tecnici e ludici legati soprattutto al team di sviluppo.
IL RAMO PRINCIPALE DELLA SERIE
In generale, i titoli più simulativi e longevi Winning Eleven/ISS Pro (KCET) rappresentano il ramo principale della serie, affiancati dal segmento di Perfect Striker (KCEO/Major A), che offrono una variante più arcade. Jikkyō J-League Perfect Striker per Nintendo 64 (1996) è stato il primo gioco della serie dotato di grafica 3d, seguito da Jikkyō World Soccer 3 (International Superstar Soccer 64, 1997), due titoli tecnicamente avanzati e dotati di un gameplay valido anche se a tratti un po’ confuso.
Pur offrendo una buona qualità generale, i titoli per Nintendo 64 erano funestati dal terribile antialiasing hardware in forza alla console Nintendo, vale a dire il celebre effetto miopia. La serie Perfect Striker proseguì fino al 2003 con alterne fortune.
World Soccer Winning Eleven (Goal Storm, USA/EUR) per Playstation (1996) è stato il primo titolo della serie curato dallo studio KCET. Si tratta di un prodotto molto interessante, che lasciava intuire le potenzialità di un approccio ibrido fra simulazione e arcade. Tale paradigma sublimò nel successivo Winning Eleven 97 (Goal Storm ’97 in USA e ISS Pro in Europa), che elevava in maniera drastica i positivi paradigmi ludici del primo episodio.
KCET COMINCIA A SFORNARE CAPOLAVORI
Dopo i primi due capitoli, il team KCET iniziò a sfornare un capolavoro dopo l’altro. Il primo di essi è stato Winning Eleven 3 (JAP) (ISS Pro 98, USA/EUR), un titolo dalla profondità leggendaria disponibile anche in diverse varianti, come ad esempio una versione dedicata ai mondiali di Francia ’98 e il fantastico Winning Eleven 3: Final Version (JAP).
Quest’ultimo gioco aprì la strada al titolo forse più importante dell’intera serie, vale a dire Winning Eleven 4 (ISS Pro Evolution), che stravolse i canoni arcade dei giochi precedenti presentando una grafica a risoluzione più elevata, una notevole precisione visiva e una simulazione rigorosa del gioco del calcio e della dinamica del pallone.
Al momento dell’uscita, Winning Eleven 4 fu un titolo molto divisivo per gli appassionati, ma alla lunga riuscì a conquistare il cuore della maggioranza degli utenti. Nel 2000 vide la luce il penultimo gioco della serie su Sony Playstation, vale a dire World Soccer Jikkyō Winning Eleven 2000: U-23 Medal Heno Chousen (ISS Pro Evolution 2), che estremizzava la componente simulativa e lo sfruttamento dell’hardware Sony. La serie ottenne la sublimazione con World Soccer Winning Eleven 2002, un titolo letteralmente perfetto e ancor oggi fresco come il primo giorno.
Il titolo offriva una notevole quantità di squadre, giocatori molto simili alle controparti reali, una velocità perfetta e il giusto equilibrio fra azione e simulazione. I titoli successivi della serie furono pubblicati su Playstation 2. Dopo una serie di difficoltà tecniche iniziali, dovute alla nuova architettura della macchina, la Konami pubblicò eccellenti titoli legati alla serie principale (Winning Eleven 5, 6, 7, 8, 9 e 10) e interessanti derivati come ad esempio Winning Eleven Final Evolution, Winning Eleven International e Winning Eleven Liveware Evolution, il primo della serie a supportare il gioco via rete.
LE DIFFERENZE
Il secondo punto di svolta della serie fu legato all’uscita di PES 6, che marcò il passaggio del franchise sulle macchine next-gen (PS3 e Xbox 360), implementando l’unificazione della base del codice della versione giapponese ed europea.
Le edizioni giapponesi (Winning Eleven) ed europee (ISS Pro) del gioco Konami/KCET presentano differenze radicali in termini tecnici e di gameplay. Le versioni giapponesi offrivano un impianto ludico completamente diverso dalle controparti europee, spesso falcidiate da una serie di inconvenienti di natura tecnica e di gameplay.
L’aspetto principale che funestava le versioni europee era l’utilizzo della modalità video PAL a 50 Hz, a differenza della versione giapponese, che adottava fisiologicamente lo standard NTSC a 60 Hz. Pur trattandosi di un fattore legato alle caratteristiche del sistema televisivo dei Paesi di commercializzazione del prodotto, la Konami ha proditoriamente evitato di inserire un selettore 50-60 Hz nel gioco, che avrebbe consentito agli utenti Playstation di sfruttare al meglio il gioco, a patto di disporre di un comune cavo RGB.
Il formato NTSC, oltre ad alcune differenze cromatiche, offre un aggiornamento dell’immagine su schermo più veloce del 16%, aspetto che si traduce spesso in una maggiore fluidità o velocità. Inoltre, la frequenza superiore dell’aggiornamento video NTSC offre una stabilità superiore dell’immagine, soprattutto a risoluzione interlacciata (640×400 pixel).
Nella versione giapponese di Winning Eleven, i progettisti Konami hanno scelto di sfruttare le risorse extra offerte dallo standard NTSC per impartire una maggiore fluidità al gioco, controbilanciata da un’azione più lenta, ragionata e simile alla realtà. Questa scelta ha spinto a prediligere un approccio più tecnico per l’azione di gioco, ottenendo un perfetto equilibrio in termini di gameplay.
La versione PAL di Winning Eleven, a causa della ridotta velocità dell’aggiornamento video, della scarsa stabilità del segnale a 50 Hz e della scelta di un gameplay più frenetico, appare spesso nettamente inferiore alla controparte nipponica. Le conversioni europee del gioco Konami erano a volte funestate anche da animazioni sincopate, transizioni incerte e azione a tratti troppo arrembante. Questa scelta di gameplay interessava anche le versioni europee di Winning Eleven per Playstation 2.
Molto probabilmente, tutto ciò era dovuto alla tendenza, da parte dei programmatori nipponici, di considerare i giocatori europei come meno interessati a un gaming più avanzato. La scelta in termini di gameplay operata dalla Konami era forse legata anche all’enorme successo ottenuto da titoli come Virtua Striker della Sega, che offriva una qualità grafica straordinaria e un’evocativa visuale ravvicinata da bordo campo, che garantiva un aspetto grafico straordinario, giocatori enormi e un coinvolgimento totale.
PES 6
Le differenze in termini di gameplay fra la versione giapponese e occidentale di Winning Eleven vennero a cadere con l’uscita di PES6, che unificò le due basi di codice, riducendo il carico di lavoro per il team di sviluppo. In ogni modo, già in corrispondenza del passaggio su Playstation 2, la serie aveva iniziato a evidenziare canoni lontani dal perfetto bilanciamento dei titoli per la prima Playstation. Per giocare alle versioni nipponiche di Winning Eleven, gli utenti europei dovevano ideare un metodo per tradurre il testo in giapponese visualizzato su schermo.
A tale scopo, un esercito di appassionati sviluppò una serie di patch, ovvero correzioni da applicare all’immagine del disco di una copia giapponese di Winning Eleven in modo da visualizzare gran parte dei testi usando i caratteri occidentali. Le patch più apprezzate furono quelle prodotte da team leggendari come Walxer, WeDoIt, Wendetta e tanti altri. Queste patch richiedevano un lavoro titanico, basato sulla masterizzazione di decine di Cd o sull’uso dei primi emulatori PSX per Pc, ancora acerbi a causa della scarsa conoscenza della piattaforma Sony.
L’individuazione delle stringhe da tradurre avveniva mediante reverse engineering, o ingegneria inversa, vale a dire una tecnica basata sull’analisi minuziosa dei file eseguibili del gioco in formato esadecimale al fine di individuarne le strutture testuali.
Ciò avveniva in base alla logica o a sondaggi casuali. Una volta creata una mappa dei file, al posto degli ideogrammi giapponesi occorreva inserire codici esadecimali corrispondenti ai caratteri occidentali, in modo da rendere comprensibili i nomi e i menu del gioco. Si trattava di un’operazione lunga e complessa, resa ancor più ardua dalla presenza di elementi testuali, spesso criptati, realizzati con immagini grafiche. Inoltre, le patch traducevano anche i nomi dei giocatori, che nelle ultime versioni ammontavano a diverse centinaia.
La tradizione delle patch sussiste ancor oggi, enfatizzata dalle conoscenze mutuate nel corso di un decennio, dalla disponibilità di ottimi emulatori e della possibilità di agire su un codice ormai statico da anni e anni.