The Blast of Cast Part II la supermega recensione
The Last of… is for boys, The Blast of Cast Part II is for man
Lo abbiamo atteso come il messia. Il classico gioco che pur non innovando nulla è così ben fatto da essere rivoluzionario perché sfrutta appieno una console che è all’apice del suo ciclo vitale e che si appresta a dare il cambio alla Next-Generation.
Nel giorno di The last of… noi vi parliamo di The Blast of Cast Part II. Un gioco per uomini. Il fatto di recensirlo, vi assicuriamo, è una grande responsabilità perché siamo consapevoli che miliardi di persone in Italia e forse anche nel nostro condominio potrebbero essere spinti a comprare questo gioco.
Ma cosa è the Blast of Cast Part II? Ebbene è il gioco. La nuova pietra miliare basata sulla verticalità, sull’innovazione della verticalità e su una storia che si fonda sempre sulla verticalità che è elevata al cubo.
E ci vuole un cubo così per giocare ad un titolo che potremmo – senza essere tacciati di essere megalomani – definire come il nuovo Wanking Simulator. L’unico gioco ad aver preso 11/10 da noi ma anche dal suo oculista.
Ma bando alle ciance e parliamo di questo titolo finalmente giunto in esclusiva PS4 e anche PS5. Ma di quest’ultima versione non possiamo parlare perché la fotografia di papà non vuole.
DOVE ERAVAMO RIMASTI? SI MA NIENTE SPOILER
Avete presente la fine della prima parte? Bene, da lì parte la seconda. Ma con qualche anno di pausa. Nel frattempo, i nostri due eroi il sig. Callo e Callotta – sfuggiti anche al Covid 19, 2119 – si sono stabiliti in una ridente cittadina dello Yorkshire. Un posto da cani. Un posto così ospitale che Silent Hill al confronto è una reggia e la casa della famiglia Addams è un ridente cottage per scappatelle extraconiugali.
The Blast of Cast Part II ci porta così in un’ambientazione diversa rispetto al predecessore. La quale era immersa nella paludosa Comacchio tornata ad essere tale per via dei tragici eventi che furono la base per altezza diviso due nonché il lato per lato del tanto celebrato, ma mai abbastanza incensato, The Blast of Cast.
Ed i nostri personaggi, adesso più maturi e dopo aver scoperto le loro sessualità in tutti i modi, sono liberi di esprimersi come vogliono. Callo non disdegna i piaceri della carne ma essendo più maturo pensa più a come commerciare in armi e munizioni per difendersi dagli zombie nati dagli esperimenti della tristemente famosa H725. Callotta, invece, si scopre maschio perché ha visto una partita di calcio del Palermo e si sa che il calcio non è un gioco per femminucce. Ed ogni tanto si fa la barba.
La trama, senza fare anticipazioni, è qualche cosa che vi terrà attaccati allo schermo per parecchie ore con tanti sussulti, palpitazioni, ma anche – e perché no – rutti, lingua felpata e voglie di gelato in stile stereotipo ampiamente abusato e sorpassato della donna incinta. Eppure incinta anche se siete uomini.
La regia del messicano Spielbergo (il corrispettivo di Spielberg ma pagato meno che ne I Simpson fece vincere un Oscar a Mr. Burns) è come sempre ispirata, perfetta, ricca di sottotrame narrative degni di nota che ricamano un prezioso tessuto di episodi in grado di ammaliare. Si passerà dalle risate spensierate ad attimi di vera tensione, ma ci sarà spazio per la passione – numerose, infatti, le scene che potremmo definire osé al punto che nei paesi di fede islamica questo titolo è stato severamente vietato ed i capi dell’Isis potrebbero muovere ad una nuova guerra santa solo per andare a prendere gli autori – e per il rammarico.
Soprattutto perché la longevità in questi casi non è mai troppa e le 56 ore trascorse solo per la storia principale ci sono sembrate di contro molto poche. Per “colpa” sua, abbiamo perso 7 giorni di lavoro ma ne è valsa la pena. Ve l’assicuriamo. Anche perché dopo essere stati licenziati per assenteismo e giusta causa possiamo goderci le 172 ore di trama secondaria ed alcuni spunti commentati proprio da Spielbergo in lingua originale e quindi con nel più classico dialetto di Guadalajara.
Cosa chiedere di più? Potremmo parlare della profondità dei dialoghi. Oseremmo dire epici. Senza fare troppe anticipazioni potremmo accennare alla tanto discussa scena saffica in cui Callo si bacia con Paloma. Ah, no, scusate, Callotta si bacia con Paloma tra lo stupore di tutti i presenti e tra le lacrime di Callo che, da signore qual è, mette mani al portafoglio e sbatte i soldi in faccia a Reginaldo con il quale aveva scommesso sull’eterosessualità della sua compagna di avventure. A tutto questo il danno dovuto al fatto che Reginaldo ebbe a pretendere anche due capponi e Callo dovette intraprendere il famoso viaggio – opzionale – verso Zagarolo dal quale tornò non solo con due capponi ma anche con una moglie, Stanislaa, che non lo abbandonerà più.
Probabilmente abbiamo detto già troppo ma è giusto ricordare la profondità di questo episodio che – ci segnalano – abbia fatto piangere mezzo mondo. Non ultimo il biografo ufficiale del barbiere del capitano Jean-Luc Picard. A sugellarne la straordinaria delicatezza, in questa parte del gioco, gli appassionati possono anche decidere come guadagnare i soldi per il viaggio di andata. Il nostro Callo, infatti, era rimasto senza un tappo di sughero e per guadagnarne avrebbe potuto fare tante cose, prendere tante scelte: rapinare i negozi della zona, depredare le banche che incontrava li per caso, vendere pizze ai funghi allucinogeni, trattare con la fazione degli zombie umpa-lumpa di Campobasso o – e sappiamo essere una delle scelte più gradite sia dal vasto pubblico che dal pubblico di Vasto, in provincia di Chieti – quella di vendere fiammiferi durante le feste in maschera dei ricchi.
Potremmo anche accennare a qualche marachella di Callotta ma preferiamo non rovinarvi il sano gusto di provare in prima persona ma anche in terza persona questo capolavoro assoluta della narrativa videoludica.
QUANDO LA VERTICALITÀ PRESCINDE DA TUTTO
Per chi non lo sapesse, The Blast of Cast Part II, oltre al sequel della prima parte, è anche un horror survival, thriller pepsicologico, shoot’em up, gestional-solitario realizzato dalla software house italo-statunitense What’s American Boy in collaborazione con la giapponese Unnimancicachi e dall’italianissima CaneCattivo-LupoLuponis.
Un’altra parte importante del gameplay è senza dubbio la verticalità. Ne avevamo già parlato all’inizio. Che eleva al quadrato ogni nostra parola ed ogni vostra azione nel gameplay.
Ma cosa intendiamo per verticalità? Pensate all’esplorazione. Avete presente? Ecco, è così bella che ogni parola diventa superflua. Non siamo ancora pronti a parlare apertamente di verticalità anche se esperti di mezzo mondo lo fanno. Per noi è un concetto così sacro che il solo accennarlo ci inibisce.
Basti pensare al fatto che quando ci troveremo – in una delle tante sessioni di parkour – anche ad esplorare edifici piano per piano e piano piano. Dal basso in alto e dall’alto in basso. Ci credereste? Neppure in Las Vegas su Olivetti Prodest Pc 128 era possibile fare con grande dovizia di particolari questa fase.
È VIOLENTO MA CON GUSTO… E QUINDI PUÒ ESSERLO
The Blast of Cast Part II e mezzo è violento da fare schifo. Avete presente quando un calciatore sfiora Neymar e questi si butta morto per terra come se fosse stato preso di petto dal TGV a levitazione magnetica? Ecco, ancora più terribile. È cattivo ed è senza censure. Un po’ come quando sperate che il vostro o vostra partner vi lasci l’ultima patatina ed invece se la mangiano.
E va oltre il politicamente corretto, anche peggio della cancellazione di Via col Vento dai palinsesti di un noto network, sia pure in modo provvisorio, perché si scopre che è razzista. E fanno pure bene dice il coro di perbenisti. E quindi è cattivo ma lo è con gusto e quindi può esserlo. Ragazzi, non rompete quello che non si può rompere: è un capolavoro a prescindere e può essere violento. E poco importa se vedremo scene anche pesanti. Pesanti più di Chuck Norris. Quest’ultimo ha provato il gioco ed ha affermato di avere problemi a dormire da solo con la luce spenta.
LA FORMULA DI UN SUCCESSO ANNUNCIATO
Ma la sintesi del successo è questa semplice formula matematica studiata da Harry Potter edArchimede Pitagorico per etichettare questo fenomeno.
Prendete il gameplay di Pac-Man, lo moltiplicate per i suoi anni (40) e lo frazionate per due spruzzando un flambé di Dragon’s Slair con macchie barocche di Yu-Gi-OH!. Poi urlate ad alta voce l’esclamazione del maestro Germano Mosconi (che Dio l’abbia in gloria) MA CHEEE è OH!?!? e moltiplicate per la metà di Monkey Island più i due ottavi di Football Manager da sottrarre alla radice quadrata di Spider-Man più quella di God of War con un po’ di Humor di Flimbo’s Quest e quel mistero di The Last Ninja in versione C64.
La conclusione è ovvia: otterrete The Blast of Cast Part II e due quinti.
TECNICAMENTE PARLANDO
The Blast of Cast part II e ventisette rosso rasenta la perfezione tecnico. Forte di una vena artistica baciata dal dio delle telecomunicazioni astrali in asse con l’emisfero boreale della calotta cranica di Spilbergo ed in opposizione al Sagittario, il gioco è perfetto anche tecnicamente. E vi diremo di più: ogni ambientazione è varia ed ha un piccolo universo dentro di sé.
La caratterizzazione dei personaggi è spettacolare e anche i cavalli sono protagonisti più del cavallino rampante dello stemma della Ferrari. Dovreste provarli e per fortuna tra qualche giorno anche voi potreste.
Cosa dire della colonna sonora? Ascoltatela ed andrete in estasi ma anche in paranoia in molti punti caldi e riscaldati accuratamente da iniezioni di mercurio ed onde 5G. L’effetto Pac-Man poi è spettacolare.
Provare per credere.
PRECU… PRE COMMENTO FINALE
Come avrete certamente immaginato, o intuito, si tratta di una parodia. Una recensione immaginaria di un gioco che non esiste per prendere in giro un sistema di cui noi stessi facciamo parte. E prenderci in giro anche noi, ne è testimone la videoparodia che linkiamo qui e che è riprende la celebre scena de La Caduta. Un evergreen che si può adattare a tutte le occasioni.
Essere dentro questo sistema, o ai margini più realisticamente parlando, però, non implica per forza che uno debba condividere tutto. È altrettanto vero, e siamo onesti con noi stessi e con voi, che se fossimo più coinvolti da chi fa il mestiere del PR nel partecipare in comunione con altre grosse realtà alla sacrosanta possibilità di lavorare con gli stessi mezzi, probabilmente questa recensione non sarebbe mai uscita. Ma visto che dobbiamo sorbirci le scuse diplomatiche più utili a scartavetrare qualunque attributo riproduttivo maschile che altro, abbiamo anche noi voluto dire la nostra. Mani legate, per mani legate (mani al quadrato) almeno siamo realmente propositivi.
A prendere ed a prenderci in giro. È, infatti, giusto essere ogni tanto ironici, sarcastici, pungenti ed auto-critici. Anche noi, sicuramente, abbiamo le nostre colpe e chi vi scrive ha quella di non essere capace a tirare fuori tanti click. Magari in un’altra vita. Tornando seri, per un attimo, questa è una protesta civile al fatto di non essere seriamente considerati da chi dovrebbe comunque avere rispetto per il nostro lavoro perché – per inciso – siamo tutti bravi ed utili quando riceviamo le note stampa e pubblichiamo le notizie facendo, però, spesso i conti con un lessico più adatto ad una comunicazione pubblicitaria che altro. Ma questo, alla fine, è normale perché ognuno fa il proprio lavoro.
Tuttavia, ci domandiamo perché quando c’è da chiudere una coverage (del gioco non ce ne può fregare meno di niente, credeteci: campiamo ugualmente) in alcune occasioni non rientriamo più nei piani. Mi chiedo – ed è ovviamente una riflessione personale – il perché, allora, si debba continuare su questa strada. Evidentemente sono importanti i numeri e mai la qualità o altro. Evidentemente non è neppure la qualità. Chissà.
Ah, ultima nota e domanda: ma a che serve – sempre giornalisticamente parlando – prospettare la possibilità di “concedere” il codice al day one o in prossimità, quando tutto il mondo, tutta la stampa, anche non specializzata, tutti i social anche quegli alieni, hanno già riportato la recensione? E molti lo giocano da oltre un mese creando hype e tutto il resto in schiere di persone che pendono dalle loro labbra? Ai posteri ed ai poster l’ardua sentenza.
COMMENTO FINALE
Siamo giunti al ratto finale (e non delle sabine) di The Blast of Cast Part II e quindici. Volevamo arrivare a 2.000 parole per sintetizzare nei nostri immensi limiti un capolavoro. Ma l’avrete già intuito, non dobbiamo aggiungere altro. È un capolavoro perché lo diciamo noi e basta. Lo diciamo perché è così e perché riesce ad essere migliore, ottimo, grandioso laddove tutti gli altri falliscono.
Cosa vogliamo dire? Boh. A tutti condanniamo la violenza gratuita ma a lui no, perché è un capolavoro già scritto e ci sono bastate due ore per averne la prova assoluta nonostante i dubbi esistenziali che ci accompagnano di notte. Ah se li conosceste davvero XD.
A tutti condanniamo qualche glitch ma qui sono splendidi ed artistici anche più iconici di quelli leggendari trovati in Skyrim.
A tutti condanniamo i difetti ma a lui no perché ha mostrato di essere maturo e duro, più di Duke Nukem.
Dovete comprare a tutti i costi questo gioco e chi vi dice il contrario, beh, è un malpensante ed un mentecatto. Parola di boyscout, di lupetti e di iscritti al club della mangusta alata del Baron Mangiacarot arrostit mascalzon e figli di cagat.
Pregi
Tutto e di più. Anticipa le tecnologie che vedremo sulla PlayStation6 di almeno una decina d’anni. Il futuro è ora.
Difetti
Il prezzo non è adeguato, nel senso che 70 euro ci sembrano veramente pochi per quanto offre il prodotto e ci è sembrato pure ingiusto avere avuto l’onore di averlo recensito soltanto noi in tutto l’universo conosciuto e sconosciuto, buchi neri compresi.
Voto
14