The Land of Pain, la nostra recensione
Alessandro Guzzo mostra tutta la sua bravura in questo horror di ispirazione lovecraftiana
Tutto quello che andrete a legge nelle prossime righe necessita di un presupposto imprescindibile che dovrete sempre tenere a mente: The Land of Pain è un gioco horror in prima persona realizzato da un solo sviluppatore, Alessandro Guzzo. Dopo esservi presi del tempo per far vostro questo concetto, che risulta tanto fondamentale ma mai scontato, (è una recensione scritta quindi non c’è bisogno di mettere in pausa, prendetevi tutto il tempo che vi serve), possiamo andare ad analizzare il lavoro sbalorditivo dello sviluppatore. L’esclamazione è incredibile che tutto questo sia stato fatto da una sola persona, non è mai stata più adatta come in questa occasione.
Vi lasciamo alla nostra recensione del titolo uscito su Steam per gli utenti Pc a metà settembre del 2017. Ricordiamo che l’autore è al lavoro su un altro horror che deve ancora uscire: The Alien Cube che abbiamo trattato in questa anteprima sulla demo.
Detto questo, vi auguriamo una buona lettura.
IL BOSCO CHE NON TI ASPETTI
È incredibile come nell’ultimo periodo, siano stati rilasciati numerosi giochi, tutti ispirati ai romanzi di Lovecraft e The Land of Pain è appunto tra questi ma riesce comunque a distinguersi grazie all’abilità di Guzzo nell’estrapolare oscurità e mistero, classici della figura di Cthulu e riproporla in un ambiente montano. All’inizio del gioco infatti, ci ritroviamo in un bosco all’interno del quale si trova una vecchia baita dove il nostro protagonista ha intenzione di trascorrere un periodo di relax. Visto il titolo del gioco, l’ispirazione e l’iniziale ambientazione, siamo già pronti a quello che accadrà dopo o almeno crediamo di esserlo.
Raggiunta la baita, incastonata in una bellissima valle baciata da sole in fase di tramonto e il cinguettio degli uccelli, decidiamo di accendere il fuoco e di rifornirci d’acqua dal pozzo nelle vicinanze. Al ritorno da quest’ultimo, notiamo (impossibile da mancare) una enorme sfera color argento vicino alla baita. Nonostante la nostra riluttanza ad avvicinarci (se non lo facessimo non avanzeremmo nel gioco), decidiamo di toccarla e… perdiamo i sensi. Ok, inizia il nostro calvario.
Ci risvegliamo dunque, in una gabbia e per di più bosco tetro e buio, nella terra del dolore appunto. La gabbia, da cui riusciamo ad uscire facilmente, è solo il primo di tanti enigmi e puzzle che dovremo risolvere per andare avanti in questa avventura o meglio, incubo.
Nelle prime battute di gioco, una particolarità ci è saltata subito agli occhi anzi in questo caso è meglio dire al cuore: nonostante l’assenza di mostri o creature misteriose, siamo circondati da un perenne stato di ansia mista a rassegnazione, pronti a saltare dalla sedia anche al solo fruscio di una soglia. Una componente mai scontata che l’autore è riuscito a centrare e mantenere viva nel corso di tutto il gioco.
UNA SCAMPAGNATA DECISAMENTE ALTERNATIVA
Una terra del dolore per il giocatore e dello spavento per i giocatori, dove accadono eventi soprannaturali, misteriosi e a prima vista impossibili da verificare per il nostro “eroe”. Il tutto contornato da inquietanti e maestose figure richiamanti Cthulhu. Inoltre, sono numerosi i richiami alla famosa creatura: troveremo tanti testi in cui si fa riferimento e osserveremo scene di sacrifici e rituali offerti.
Il nostro viaggio, che all’inizio sembrerà una girovagare per capire dove ci troviamo, consisterà nell’andare avanti e indietro nel bosco, per trovare l’oggetto che ci serve per poter entrare in una determinata porta o salire al piano di sopra. Questa perenne ricerca di oggetti e questo perenne spostarsi da una parte all’altra del bosco, all’inizio è un po’ spaesante per via della grandezza del bosco, ma si attenua nella parte finale del gioco. Per esempio, dopo esserci usciti dalla gabbia, dobbiamo trovare una scala per salire al piano superiore di una casa, scala che troveremo solo alla fine del bosco vicino ad un’altra costruzione. Quindi, presa la scala dovremo ritornare indietro e ripercorrere tutto il bosco.
The Land of Pain è fondamentalmente questo, però con un senso di terrore pronto a cogliervi sempre di sorpresa. Quindi l’ambientazione lo fa da padrone, vista la narrazione semplice e senza nessun colpo di sorpresa a livello di trama. Rimangono comunque cariche di effetto, le lunghe scie di sangue lasciate dagli altri prigionieri, i rimasugli degli scheletri e i vari cadaveri mutilati.
LA CREATURA
La domanda sorge spontanea: ma c’è il mostro? Si, il mostro c’è e non tarderemo a trovarlo. Una volta incontrato e appurato il motivo per cui vuole farci fuori ( lo capiremo grazie ai vari fogli sparsi in giro e al diario del protagonista) sarà inutile nascondersi e sarà inutile affrontarlo (non possiamo combattere). Dopo essere morti varie volte nel tentativo di eluderlo, abbiamo capito che l’unica cosa che ci rimane da fare è quella di scappare fino a quando non scompaiono dallo schermo i segni della sua vicinanza (immagine sfocata e cambio di musica). Anche nello scappare, però bisogna fare attenzione al fiato del nostro personaggio: non essendo un mezzo-fondista, dovremo riposarci per prendere fiato ed è proprio in queste occasione che rimaniamo vulnerabili al suo arrivo.
L’USO DEL MOTORE GRAFICO
The Land of Pain sfrutta in maniera ottima il motore grafico CryEngine, per cui gli ambienti (in primis il bosco) sono resi veramente bene. Impossibile non notare, appena iniziato il gioco, la fantastica resa dei colori al tramonto in questo ambiente montano dove anche i piccoli oggetti non vengono lasciati al caso, nonostante qualche texture poco dettagliata. E’ necessario inoltre, un piccolo appunto in merito agli edifici che risultano simili tra loro e poveri di “mobilio”. Comunque, nulla di grave.
COMMENTO FINALE
Nonostante la sua brevità, non possiamo negare che The Land of Pain sia un titolo veramente ben fatto. Nel caso ve lo foste già scordato è stato realizzato da una persona sola e sembra che ci abbiano lavorato molte di più. Le piccole mancanze e il genere inflazionato non vanno comunque a scalfire la bellezza di questo primo gioco realizzato da Guzzo.
Dunque, visti gli ottimi risultati, non possiamo far altro che aspettarci un secondo titolo dello stesso livello se non addirittura migliore.
Pregi
Ottima resa grafica. Horror degno del suo nome. Trama intrigante
Difetti
Ambienti un po' vuoti. Brevità. Enigmi poco differenziati
Voto
8.5