Intervista a Mario Malagrino (Remote Life)
Dopo essere rimasti piacevolmente sorpresi da Remote Life, abbiamo girato qualche domanda all’autore, Mario Malagrino, per conoscerlo meglio. Ecco la nostra intervista
Non ci sono dubbi: Remote Life è stata una grande sorpresa. Una “piccola” grande perla indie firmata da Mario Malagrino, l’autore del gioco ed “one man show” dietro alla piccola software house Next Game Level e ad uno dei migliori shoot’em up di questi ultimi anni.
Remote Life, infatti, è stato in grado di fondere l’antico delle atmosfere alla modernità di una realizzazione artistica e tecnica veramente di gran livello. Chi ha letto la nostra recensione sarà anche rimasto, forse, sorpreso dal voto altissimo ma c’è tanta roba di primissima qualità e poi per il genere shoot’em up è un titolo di primo ordine. Senza se e senza ma. E non solo di questo 2019 ormai veramente agli sgoccioli.
Abbiamo contattato, quindi, lo sviluppatore di questo titolo made in Italy che ha realizzato il suo sogno: quello di fare un gioco tutto suo. Senza compromessi, senza restrizioni. Un modo per soddisfare la sua passione verso questo genere di giochi.
Ecco quindi la nostra intervista all’autore che oltre a presentarsi ci ha raccontato come ha sviluppato questo capolavoro chiamato Remote Life scoprendo qualcosa in più… incluso un’easter egg.
Buona lettura.
Sono designer e cg artist. I miei hobbies sono svariati, ma comunque sempre creativi. Fotografia, pittura all’olio, acquerelli. Mi piace comunque fare design anche nel mio tempo libero.
Da dove e come è nato Remote Life?
Già da giovane ho sempre avuto il sogno di sviluppare uno sparatutto spaziale. Ho passato molte ore a giocare davanti al mio Amiga 500. Alcuni anni fa ho deciso di postare su Facebook alcune immagini di un possibile sparatutto. Era solo un concept con pochi elementi, ma con alieni terrificanti. I commenti sono stati talmente positivi che mi hanno convinto di intraprendere l’avventura e di sviluppare Remote Life. Ma alla fine direi è nato dalla passione di creare qualcosa che rimanga nella storia dei videogame!
Mi dicevi che il gioco è frutto di tre anni di lavoro, cosa hai usato per forgiare il tuo progetto?
Si, tre anni molto lunghi. Principalmente ho usato 3D Studio Max, Zbrush e Photoshop. Uso la grafica 3d, per generare sprites pre-renderizzati. Mi sono trovato molto bene perché uso tutti i software da moltissimi anni.
Hai fatto tutto da solo o hai collaboratori?
Ho fatto tutto da solo. La libertà di espressione per me è molto importante. Credo che se ci fossero state altre persone, non avrei potuto fare un gioco che mi potesse piacere al 100%. Questo non vuol dire che mi sono chiuso in stanza, ma ho chiesto molti consigli ogni settimana coinvolgendo giocatori per darmi suggerimenti o commenti su immagini o video che caricavo su Facebook. Ma credo che un team debba fare dei compromessi. Ogni membro ha un’opinione e un certo gusto. Per Remote Life volevo decidere tutto io perché lo considero il mio “sogno nel cassetto” che ho potuto realizzare. Magari con altri progetti futuri posso anche aprirmi ad una collaborazione. Sicuramente un team ti spinge ad andare avanti. Questo mi mancava molto. Se sei solo, sei tu stesso a doverti convincere tutti giorni ad andare avanti. È stata un’esperienza preziosa ma anche in parte faticosa. Ma grazie a Dio sono arrivato al traguardo. Il 99% dei giochi falliscono perché non vengono finiti. Questo vale Soprattutto per i solo-game developer.
Qual è la tua giornata lavorativa?
Diciamo che non ci sono orari fissi. A dire il vero lavoro sempre. Sono un worcaholic. Capita raramente che mi metta a fare niente. Se non lavoro sfrutto il tempo per pensare e organizzare mentalmente progetti futuri. Remote Life è stato realizzato sia in regime di part time che in full time.
Pregi e difetti per quanto ti riguarda nell’essere uno sviluppatore indie?
Diffetti: Parlo un po’ degli indie che hanno un gruppo piccolo o sono soli come me. Devi fare tutto da te, e non ci sono né garanzie, né fondi economici. Il peso psicologico è molto grande perché non sai mai se la direzione che hai preso è quella giusta. È la classica “sindrome” dello sviluppatore. I campi da coprire sono tanti, e il pericolo di perdere di vista la meta è grande. Pregi: Organizzi il tempo come vuoi tu. Non hai le clausole burocratiche delle ditte AAA che ti schiavizzano e poi ti trattano come un numerino. Io consiglio di avere un gruppo di 3 persone: un artista, uno che fa musica e sound FX e un programmatore.
Facili le influenze di R-Type, Salamender, Menace, X-Out e così via, quanto è stato difficile mixare tutto e metterci del proprio sia dal punto di vista artistico che del gameplay?
A dire il vero ho avuto abbastanza chiaro fin dall’inizio cosa volessi fare. Mi piacque molto l’idea del “twin stick”. Poter giocare con due manopole separate ti dà una marcia in più. Per la parte artistica ho sempre voluto creare mostri, creature minacciose ed astronavi dal design accattivante. Quella è stato la parte più divertente. Ho creato talmente tanti mostri, che alla fine una parte non è stata usata.
Perché, secondo te, gli shoot’em up vecchio stile, fanno più parte del passato e non sono troppo attuali come altri generi e mi viene in mente in primis, gli fps?
Ti dirò la verità. Perché tutte le volte che leggo un articolo sui shoot’em up viene SEMPRE nominato il fatto che sono di nicchia, che non sono più di moda, o roba del passato. Cosi la gente continua a pensarlo e a ripeterlo all’infinito. Il fatto è che ogni anno escono diversi titoli shoot’em up. Magari i giocatori giovani non sono tanto portati per questo genere troppo impegnativo. Il genere shoot’em up è molto impegnativo, dove ci vuole la massima concentrazione e buona memoria. con questa intervista facciamo in modo di spezzare questa catena: shoot’em vanno molto di moda 😉 !
Qual è il punto forte del tuo gioco?
La grafica, il fatto che ogni livello sia diverso dall’altro, le missioni speciali in luoghi aperti e le missioni dove devi scortare navicelle grandi. Ed infine, l’amore per i dettagli piccoli. Scommetto che quasi nessuno ha notato che nella schermata dove si sceglie keyboard o gamepad, sotto al teschio c’è una manopola. Se la premete succede qualcosa… 😉 Provate.
E qual è la cosa che avresti voluto aggiustare meglio.
Buona domanda. Il gioco in se è molto completo. Credo che quasi nessun shoot’em up superi 10-12 livelli. Io ne ho 16. Forse avrei voluto aggiungere più extras e bonus.
Il titolo è sempre in aggiornamento, cosa ci aspetta?
Sono aperto a tutto. Per ora non ci sono state troppe richieste per aggiunte varie.
Arriverà la cooperativa e qualche altra modalità?
Forse… avevo in mente dei mini giochi inclusi in Remote Life.
Stai pensando alla versione console?
Probabilmente Xbox. Vediamo come sono messo con altri progetti.
Come ha reagito il mondo degli appassionati al tuo gioco?
È piaciuto molto. Sono rimasti tutti un po’ sconvolti dal fatto che è stato fatto solo da una persona. Molti scrivono che Remote Life è come un salto nel passato quando erano giovani. Sono contento di questo fatto 🙂
Ultima domanda di rito, cosa bolle in pentola oltre a Remote Life? Ci sarà un Remote Life 2 o stai pensando ad altro?
Si, Remote Life è fatto in modo che la storia abbia un continuo.
Grazie per il tuo tempo e la disponibilità.
Grazie a te. È stato un piacere.