The Outer Worlds, la nostra recensione

Finalmente, il seguito spirituale di Fallout: New Vegas è arrivato. Ecco a voi la recensione di The Outer Worlds, nuovo rpg sviluppato dai creatori originali di Fallout

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L’annuncio di The Outer Worlds, nuova opera di Obsidian Entertainment, è stato un bel colpo al cuore. L’indimenticabile Fallout: New Vegas, a distanza di quasi dieci anni riscuote ancora un ottimo successo nel pubblico, e le critiche per alcuni aspetti del gameplay di Fallout 4, più il mezzo passo falso di Fallout 76, non hanno fatto altro che aumentare l’interesse attorno a questo nuovo gioco di ruolo.

Con Tim Cain e Leonard Boyarsky, i creatori del primo storico Fallout, saldi al comando come game’s directors, le sensazioni erano più che positive. Il gioco, è disponibile a partire dal 25 ottobre su Playstation 4, Xbox, e Pc attraverso lo store di Epic Games. Obsidian, ha annunciato che nel corso del 2020 The Outer Worlds sbarcherà anche su Switch.

GIOCARE “RUOLEGGIANDO”

Le ambientazioni dei giochi di ruolo, soprattutto quelli di ultima moda e spesso affiancati a mappe in open world, spaziano dal fantasy al post apocalittico, ma fantascienza vera e propria se n’è vista ben poca. Certo, potremmo accorpare gli archetipi ruolistici del genere post apocalittico ad un modello di fantascienza, ma chi conosce il genere sa benissimo che parliamo di tipologie ben diverse.

Per questo, quando Obsidian diffuse il primo trailer di The Outer Worlds, la voglia di gustarselo lì, in quel momento, nudo e crudo, era tanta. Per mesi e mesi abbiamo seguito il progetto, soppesando ogni notizia e cercando di filtrare gli spunti squisitamente “propagandistici”, da ciò che il gioco poteva esprimere nella realtà. E senza ombra di dubbio, l’atmosfera e l’ambientazione di questa nuova iterazione del duo “Tim&Leonard”, ha coraggio e fantasia da vendere.

L’umanità ha finalmente alzato lo sguardo, e non per qualche scollatura o per la finale del Super Bowl. Ci si è spostati su nuovi mondi per necessità, voglia di esplorazione, e sfruttamento di tutto ciò che è umanamente comprensibile, anche meno. Sulla nostra cara sfera blu, il futuro ha riservato un brulicare incessante di corporazioni che hanno allungato i loro tentacoli anche nei nuovi sistemi stellari.

Il protagonista della storia di The Outer Worlds, è uno dei tanti coloni che ha deciso di darsi all’avventura acquistando un biglietto nella “Hope”, una nave da trasporto coloniale verso il sistema di Alcione. Accomodato nella propria “vasca” per il sonno criogenico, avrebbe dormicchiato per qualche annetto, in attesa dell’arrivo nel nuovo mondo. Siccome nella vita le cose non vanno mai come vorresti, il sonno di è protratto per qualche giorno in più, giusto una settantina d’anni.

Mentre il nostro alter ego dorme tranquillo, il gioco ci propone un breve video introduttivo, fino a presentarci il primo co-protagonista della storia, tale Phineas Welles, uno scienziato che ha qualcosa di Doctor Who. Attraccando in tutta fretta alla Hope, ora alla deriva nello spazio da tempo immemore, riesce a sganciare la nostra cella, e portarsela dietro mentre viene attaccato da una pattuglia di una delle corporazioni del sistema.

Tornato alla propria base, non senza riportare qualche danno alla nave, inizia a “scongelarci”. Tra sogno e realtà, sentiamo le sue spiegazioni, apprendendo che la colonizzazione di Alcione si è rivelata un fallimento, con pianeti alla soglia dell’abbandono, e una disparità tra ricchi e poveri a livelli mai visti. E la Hope, alla deriva dello spazio senza un vero motivo, anzi alla stregua di un mistero.

Scope del nostro nuovo amico, è liberare tutti i coloni ancora addormentati sulla nave, ma per farlo ha necessità di diverso materiale, visto che liberare un essere umano dal sonno criogenico dopo così tanto tempo è quasi impossibile.

E chi sarà l’eroe che aiuterà l’idealista Phineas? Ovviamente noi, che dopo questa breve spiegazione, verremo catapultati senza troppe cerimonie sul primo pianeta che andremo visitare. Ma tra la spiegazione, e la discesa sul pianeta, ecco che il gioco ci impone le prime, importanti scelte: la creazione del proprio personaggio.

THE OUTER WORLDS, IL GAMEPLAY 

Un editor grafico in realtà non troppo profondo, ci permetterà di personalizzare a piacimento il nostro alter ego, anche per il sesso. Scelto l’aspetto estetico, si passa alla creazione vera e propria, capace di ingolosire e soddisfare diversi tipi di giocatori. Gli attributi principali sono Corpo, Mente e Personalità. Da questi tre elementi, si dirameranno i vari punteggi riferiti alle abilità, come ad esempio l’affinità alle armi da fuoco o all’hacking.

Obsidian, ha lavorato molto per fornire una serie di specializzazioni e skill che non fossero mere statistiche su una scheda del personaggio altrimenti inutile, e infatti non solo molto diversificate, ma avranno anche un importante impatto sull’economia del gameplay. Ogni abilità principale è suddivisa in piccoli gruppi, ad esempio quella relativa alla comunicazione è suddivisa a sua volta dalla Persuasione, dalla Menzogna e dall’intimidazione.

A questo, fa seguito il menu relativo alla propria inclinazione, o se vogliamo attitudine. Il nostro eroe è un ascensorista, o un elettricista esperto nell’avvolgimento dei cavi elettrici? Al di là della simpatica descrizione, le inclinazioni andranno a fornire determinati bonus, come ad esempio la resistenza ai danni elettrici. Potremo anche optare per una scelta neutra, decidendo di non applicare nessuna attitudine al proprio alter ego, la decisione sarà solo nostra.

Scesi sul primo pianeta, prendiamo confidenza con i comandi, trovandoci a nostro agio se abbiamo già giocato su console a Fallout 4 o The Elder Scrolls Skyrim. Il feeling con il joypad è praticamente perfetto, forse c’è solo da aggiustare la velocità di cambio dell’inquadratura che può risultare lenta, ma si sistema tutto smanettando tra le opzioni. Il tasto R2 servirà a sparare, il quadrato a raccogliere gli oggetti e riporre le proprie armi, il triangolo per switchare tra gli slot di armi veloci, mentre il tasto X servirà per saltare.

Detto così, sembrerebbe di trovarsi di fronte ad un clone dell’ultima fatica Bethesda, eppure la somiglianza è ancorata solamente allo schema di controllo. Infatti, già dopo qualche ora di gioco, veniamo subissati dalla qualità di un rpg profondo, sfaccettato e sorprendentemente accessibile. Lo sforzo narrativo dello sviluppatore si vede tutto nei dialoghi, e nella mole d’informazioni che riusciamo a carpire dalle letture durante la nostra partita. Ogni dilemma che affronteremo non sarà una semplice scelta morale da decidere in qualche secondo, ma potrà avere delle ripercussioni in momenti della storia in cui non ce lo saremmo minimamente aspettati.

A prima vista, la missione principale e la trama che fa da base all’intero compartimento videoludico, sembrano quasi banali, ma è tutta apparenza. I sistemi che andremo a visitare, i personaggi e i compagni con cui interagiremo, sono legati in modo complesso e indissolubile, riuscendo nel difficile compito di non minare la libertà offerta al giocatore, che avrà pieno controllo sul proprio destino e quello degli eventi che andrà ad affrontare. I cattivi, potrebbero non essere i veri nemici, e viceversa. In generale, le parole funzionano meglio delle armi, e fattore è particolarmente evidente andando ad analizzare il sistema di combattimento.

C’è un sistema di rilevamento, che ci permetterà di giocare un personaggio ladro in modo davvero appagante. Potremo ad esempio nasconderci nell’erba alta, e tentare di aggirare un nemico prendendolo alle spalle. Nel momento in cui dovremo “menare le mani”, torneremo tra i terreni già solcati da altri sparatutto in prima persona.

A far da contraltare ad un combat system piuttosto classico, abbiamo armi e armature che soffrono l’usura e andranno riparati, e tutti i valori relativi alle abilità offensive, vero ago della bilancia soprattutto contro i nemici più coriacei. E non dimentichiamoci i compagni, che con le loro abilità possono arrivare a ribaltare l’esito di uno scontro che fino a pochi attimi prima ci vedeva sconfitti.

A questo punto, qualche riga sui compagni è doverosa. Sono tutti molto ben caratterizzati, tanto nella classe quanto nel background. Per reclutarli, dovremo completare delle quest, a cui si aggiungeranno altre avventure che ci aiuteranno a conoscerli meglio, andando ad approfondire la nostra amicizia. A differenza di giochi simili, le romance non sono quelle che ci si aspetterebbe, ma questo elemento viene trattato in maniera più soft, e a nostro avviso decisamente migliore rispetto ad altri giochi.

AMARA FU LA SCOPERTA…

Tanto buon lavoro, ma qualche ombra l’abbiamo, ma più che ombra è meglio parlare di sbavatura. Il lato artistico di The Outer Worlds, è una gioia per gli occhi. Si passa da scenari retro futuristici, a fusioni con elementi steampunk, il tutto in modo coerente. I colori vibranti e accesi, tipici anche degli anni ’50 della saga dei Fallout, renderanno ogni panorama davvero unico. Ma ecco che arriva il rovescio della medaglia. La dimensione delle mappe è davvero ridotta, e rispetto all’enormità di Fallout New Vegas, ammettiamo che questo fattore ci ha spiazzato.

Per effetto di questa limitata estensione, le aree cittadine risultano fin troppo vicine, e nonostante una buona mole di dettagli, sono soprattutto gli interni a soffrire un calo di dettagli, risultando impersonali e poco vissuti. È come se invece di offrire un’esperienza immensa e volutamente “spaziosa”, il team di sviluppo abbia puntato tutto su un’unica portata ma dal gusto eccezionale.

E infatti, la longevità si attesta sulle 30/40 ore svolgendo molti degli incarichi secondari. Per chi avesse interesse nella sola storyline principale (e lo sconsigliamo altamente), parliamo di un massimo di 15/20 ore.

Open world a tutto tondo, dalla durata mastodontica o un piccolo grande mondo, ricco di eventi che si susseguono senza sosta? Una discussione di questo tipo potrebbe durare per eoni, ma secondo noi il sentiero intrapreso da Obsidian è quello giusto, e chissà che in un prossimo capitolo la longevità si alzi vertiginosamente.

COMMENTO FINALE

Era molto tempo che aspettavamo un titolo che ci mettesse in crisi, sia sul piano emozionale che su quello passionale. Ebbene, The Outer Worlds non solo è il degno seguito spirituale di Fallout: New Vegas, ma eleva la formula al quadrato.  Scelte morali, una storia così ben scritta che non sfigurerebbe affatto in una serie televisiva, personaggi ben caratterizzati ed un sistema di gioco che finalmente premia le scelte del giocatore. E lo bacchetta senza ritegno quando sbaglia.

Peccato per una longevità solamente nella media e per la dimensione delle mappe, che confidiamo sia il preludio ad un secondo capitolo ad ampio respiro. L’accoppiata Tim Cain e Leonard Boyarsky funziona a meraviglia e siamo ansiosi di vedere cosa potrà offrire in futuro.

Pregi

Il ritorno di chi i giochi di ruolo si sa fare, per davvero. La scrittura e i dialoghi sono fantastici. Buona traduzione italiana. Graficamente ispirato.

Difetti

Longevità solo nella media. Dimensione delle mappe ridotta. Finisce.

Voto

9