Era il 1981 e il mondo dei videogame era giovanissimo, embrionale e ancora appannaggio di pochi (piuttosto abbienti) fortunati. Quando Wolfenstein apparve come “esclusiva” per Apple II, fu una piccola rivoluzione, poiché uno dei primissimi titoli ad offrire meccaniche simil stealth. Ma, il totale stravolgimento, arrivò circa 10 anni dopo, con Wolfenstein 3d, Il titolo che portò alla ribalta e, sostanzialmente, creò il concetto di shooter moderno, ancora sostanzialmente immutato.
Per questo, ogni iterazione della serie, Youngblood compreso, ha una pesante eredità a cui guardare e non può non considerare la passata grandezza.
Vi parleremo della versione PlayStation 4 di Wolfenstein: Youngblood, nuovo titolo sviluppato da MachineMachines ed Arkane Studios e pubblicato da Bethesda la settimana scorsa anche per le altre piattaforme. Buona lettura.
BREVE INTRODUZIONE
Siamo negli anni ’80. Diciannove anni dopo gli eventi di Wolfenstein II, l’eroe senza paura, B.J. Blazkowicz è scomparso a Parigi in seguito ad una missione contro i nazisti. Dopo anni di duri allenamenti con il padre, le figlie gemelle di B.J., Jess e Soph Blazkowicz, devono entrare in azione. Per salvare capra e cavoli… nella fattispecie il mondo libero e loro padre.
Da una nuova base operativa nella profondità delle catacombe parigine, pianificate come e quando attaccare per abbattere il regime nazista.
GAMEPLAY DI WOLFENSTEIN: YOUNGBLOOD
Partiamo subito parlando del nocciolo del gioco. Wolfenstein Youngblood è uno sparatutto in prima persona, sequel cronologico di Wolfenstein II. Ma non fatevi ingannare da quel termine “sequel”: Youngblood è tutto fuorché un canonico seguito di uno dei “canoni” dei videogame. B.J. Blazkowicz è (momentaneamente) a riposo ed ha lasciato l’intero palcoscenico alle sue dolci figlie. Loro sono Sophia e Jessica, due gemelle che hanno ereditato dal protagonista della saga la stessa “ira funesta”. Un’ira che si esprime a suon di pallottole.
Le due gemelle sanguinarie collaboreranno con la resistenza anti-nazista francese al fine di fermare i folli piani di conquista del mondo. Ed è proprio qui la novità sostanziale della nuova iterazione: l’intero titolo sarà giocabile in cooperativo a due persone, utilizzando appunto le due temibili eroine.
Il gioco avrà dalla sua una serie di nuove caratteristiche, alcune buone e altre meno buone, ma poggerà le basi su quello a cui la serie ci ha abituato da tempo immemore: un gameplay frenetico, arcade e solido. E Wolfenstein Youngblood non fa differenza, offrendo meccaniche shooting precise nella loro visibile irrealtà, al contempo però divertenti, dinamiche e old style al punto giusto.
Le scene di combattimento saranno al solito ultra-gore. Vedremo pezzetti di nazisti che voleranno sullo schermo a destra e a manca. Noteremo anche un amore “chirurgico” (è il caso di dirlo) per l’amputazione e il disossare dei nemici. Ma, appena iniziato il viaggio stermina-nazi delle due “bloody twin”, ci accorgeremo ben presto di un’altra succosa novità, ovvero l’introduzione di una sostanziosa componente RPG.
Sia le gemelle, sia i nemici, avranno un livello indicativo, come nei più classici canoni ruolistici, della “difficoltà di abbattimento”. I nostri oppositori avranno una barra che ne indicherà i punti ferita e, in contemporanea, i nemici più ostici saranno “segnalati” dal gioco con la presenza di un teschio. Naturalmente, questo sistema comprenderà anche l’accumulo di esperienza. Questo ci consentirà di salire di livello e accedere ad una serie di abilità speciali che potranno essere sbloccate e che determineranno il tipo di gameplay.
Ad esempio, il poter sfoggiare una doppia arma in Youngblood sarà una abilità da sbloccare. Il poter raccogliere un’arma speciale abbandonata da un nemico appena trucidato, sarà anch’esso legato ad una skill da sbloccare.
Nel corso della sistematica eliminazione dei nemici, otterremo delle monete in-game, con cui potremo acquistare potenziamenti per le armi e, addirittura, oggetti cosmetici per le nostre “donne”.
In questo senso, Wolfenstein Youngblood, nella sua semplicità, ci porrà dinanzi una scelta ben precisa e, sostanzialmente, sarà quasi impossibile, anche per la discreta difficoltà di gioco, riuscire a costruire un personaggio in grado di “far tutto” senza risultare poi complicato da gestire nei livelli più complicati.
LA SFUMATURA RUOLISTICA
Naturalmente, l’introduzione di un discreto comparto RPG ha “trasformato” il gioco: rispetto ai suoi predecessori, Youngblood risulterà più lento e meno dinamico, proprio per la presenza dalle classiche limitazioni, superabili con un investimento di tempo e di energie diverso dal canonico “spara spara” vecchio stile, concettuali della progressione “step by step” dei titoli ruolistici.
La caratteristica, che potrà sicuramente attirare una fetta di popolazione a cui l’ibridazione di genere piace, potrebbe risultare ostica. Soprattutto per chi ha amato l’incedere brutalmente spensierato dei precedenti capitoli. Li la parola d’ordine era, semplicemente, “spara”. Qui, invece, la musica – sempre al ritmo di piombo ed esplosioni – è un po’ diversa e cambia spartito.
Un’altra caratteristica, implementata per “ragion di stato” ma che risulterà alla lunga snervante, saranno le interazioni cooperative: se nelle prime ore di gioco il collaborare per aprire una porta o superare un ostacolo sarà sicuramente divertente, dopo svariate ore, sentiremo il peso di azioni tutte uguali, ripetute tantissime volte e che, in sostanza, spezzano il gameplay perché nulla più che micro-filmati a cui assistere con una certa frequenza.
Il neo, tutto sommato un piccolo fastidio e null’altro, viene però enormemente tamponato dall’ottimo lavoro di level design e di caratterizzazione ambientale, da sempre un marchio di fabbrica della produzione. In modo particolare, Youngblood introduce “più vita” rispetto ai suoi predecessori: gli ambienti, sia da un punto di vista più meramente quantitativo e qualitativo, risultano colmi di dettagli e di piccolezze da osservare, senza contare il succitato design che rende i combattimenti frenetici e ostici al punto giusto, risultando peraltro sempre “nuovi”. Per quanto concerne la longevità, il gioco si attesterà su di una durata compresa tra le 10 e le 15 ore, risultando un ottimo acquisto qualità/prezzo.
TECNICA
Da un punto di vista strettamente tecnico-artistico, il gioco risulta un pieno plus. A partire proprio dalla caratterizzazione delle due gemelle: seppur non particolarmente “catartica” (ma Wolfenstein è sempre stato un gioco di “poche parole”), le protagoniste indiscusse del gioco, riconoscibili e distinte seppur troppo orientate ad una “personificazione” stereotipata del “teenager figo”.
Una caratterizzazione che, nei fatti, risulta però convincente e ben amalgamata con il resto del gioco. Da un punto di vista più squisitamente tecnico, Youngblood si afferma con un lavoro di ottima fattura. Sia graficamente, per quanto concerne modelli poligonali e ambienti, sia a livello di prestazioni. Avremo infatti la possibilità di giocare in UHD su PS4 Pro ad un solidissimo 30 FPS. Queste caratteristiche rendono il titolo godibile ed una pregevolissima manifattura videoludica, anche grazie ad una quasi totale assenza di bug o glitch degni di nota.
Da segnalare anche un ottimo lavoro profuso a livello di effetti di luce e particellari, notabili soprattutto con l’utilizzo delle armi laser. Qualche piccolo difetto, assolutamente secondario, è possibile notarlo a livello di piccole animazioni durante le cutscene, ma nulla di davvero sconvolgente.
COMMENTO FINALE
Wolfenstein: Youngblood non è esattamente il sequel che ci aspettavamo, ma forse è l’incipit di una “nuova via” per la serie: la svolta RPG e cooperativa rende sicuramente il gioco più godibile, seppur gli amanti degli shooter old style potrebbero restare “insoddisfatti” dal notevole numero di “ostacoli” da superare per riuscire a godere appieno del flusso dinamicamente vivace a cui la serie ci ha da tempo abituato.
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