Rage in Piece, Recensione

Un platform colorato, tondo ma cattivissimo nel quale dobbiamo sfuggire alla morte violenta per riposare eternamente in pace

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La vita è un mistero tutto da vivere. La morte è un mistero in tutto e per tutto. Cosa succede dopo? C’è vita dopo la morte? Ma al di là di queste domande che il genere umano si pone da sempre, cosa succederebbe se conoscessimo la data della nostra dipartita? Non sarebbe una gran cosa ma è quello che succede a Timmy Malinu, il protagonista di Rage in Peace, titolo indie sviluppato da Rolling Glory Jam per l’editore Toge Productions.

Le premesse non sono delle migliori perché il nostro ragazzo è piuttosto giovane, ha 27 anni, ed in un giorno qualunque della sua vita straordinariamente ordinaria, mentre si sta preparando per andare in ufficio a svolgere il suo lavoro da impiegato incontra la Mietitrice. Non è uno degli amori di Bender in Futurama ma la morte in persona che gli preannuncia allegramente che proprio in quella giornata, la sua vita cesserà entro 24 in modo violento con la decapitazione.

Ma il nostro Timmy ha un desiderio: morire placidamente a casa propria ed in pigiama. Possibilmente nel proprio letto. Va detto che anche in sede di presentazione, gli sviluppatori indonesiani hanno parlato apertamente di aver preso spunto per l’incipit del gioco, dalle opere di Paulo Coelho de Souza e sospettiamo fortemente (siamo menti sopraffine a volte, che credete? Ndr) che il libro sia “Come il fiume che scorre” visto che un capitolo intitolato “Il morto in pigiama”.

E dunque, qual è il nostro obiettivo? Si, avete capito bene: far si che Timmy riesca a poter morire serenamente a casa propria in pigiama entro la mezzanotte. Per farlo, però, dovrà evitare… di morire in un ultimo giorno di vita un po’ movimentato.

Ecco la nostra prova relativa alla versione Pc ricordando che il titolo è uscito lo scorso 8 novembre anche su Switch. Buona lettura.

NON VOGLIO PERDERE LA TESTA, VOGLIO MORIRE IN PACE

Rage in Peace parte da una premessa alquanto strana: il premio finale sarà una morte dolce, che poi è l’ultimo desiderio del protagonista, ma per farlo deve evitare morti violente attraverso cinque grandi stage suddivisi in più livelli a loro volta composti da segmenti molto più brevi. Strano e se andrete avanti nel gioco le numerose scene, dialoghi e flashback che vivremo spiegheranno molte cose.

A parte questo, dobbiamo dire che il gioco appartiene a quella categoria di titoli cattivi al punto che ci spingiamo a definirlo bastardo. Avete presente la perfidia che c’è in Syobon o in Andy Contreras trap adventure? Bene, siamo a quei livelli. Forse un po’ più sotto ma il numero di morti che esige il gameplay sarà elevato anche per i giocatori più smaliziati.

Il gameplay si riduce in una corsa ed in salti per evitare ostacoli che appaiono improvvisamente dove la tempistica per effettuare l’azione è fondamentale. Per fortuna gli schemi sono sempre gli stessi (sia dei movimenti dei nemici che della comparsa degli ostacoli che delle sequenze delle piattaforme) per cui bisognerà fare molta attenzione ma il risultato non cambierà molto perché l’ostacolo letale si materializza così velocemente che spesso, anche se si sa cosa bisogna fare, si finisce sempre per morire in modo violentissimo e sempre per decapitazione.

E vi sono molti modi di finire indegnamente: ci possono cadere addosso dei tubi dell’areazione, o possono apparire magicamente degli squali da una pozza d’acqua… in ufficio. O ancora essere trafitti da canne di bambù (zen, giusto sottolinearlo) o da frammenti di vetro e così via. A tratti, vista l’incredibile varietà e stravaganza di ostacoli e nemici, siamo tornati indietro ai tempi degli Happy Tree Friends e pensiamo agli incredibili suonatori di bongo selvaggi.

Un trial ed error che sminuisce un attimino la trama che seppur elementare ci è sembrata tutto sommato carina e sviluppata bene grazie ai numerosi dialoghi di intermezzo che accompagnano il nostro folle viaggio verso la morte tranquilla. L’azione è velocissima e viene intervallata da alcuni dialoghi con zombie, la stessa morte. Ci sono anche alcuni intermezzi in cui dovremo soltanto spostarci anziché saltare o effettuare doppi salti. Ma la cattiveria non è fine a sé stessa: è molto sottile. Correre si ma non sempre ed anche stare fermi aiuta, a volte ad evitare ostacoli. Ma l’insidia è sempre dietro l’angolo perché ci sono anche alcuni nemici da evitare e delle boss fight da vincere per andare avanti.

Per fortuna è possibile ricominciare ogni volta che si vuole e soprattutto riprendere dall’ultimo dei numerosi checkpoint. C’è anche la modalità Goldfish che aggiunge ulteriori punti dai quali ripartire dopo l’ennesima fine ingloriosa. E così all’infinito fino alla conclusione.
Mentre è giusto segnalare la possibilità di raccogliere bonus o oggetti da collezione lungo la nostra run che ci daranno sempre dei piccoli dettagli sul mondo di gioco. Il problema dell’avanzare della frustrazione, però, è dietro l’angolo anche per via delle numerose morti “evitabili” e sicuramente a sorpresa. Come detto, sarà fondamentale imparare a memoria il posizionamento e le tempistiche ma a questa si devono unire i riflessi. Del resto non abbiamo molto da fare se non correre, saltare ed eseguire il doppio salto. Amen.

STILE GRAFICO CARINO, MUSICA ECCELLENTE

La parte tecnica di Rage in Peace fa segnare un punto in favore della produzione indonesiana. Lo stile grafico ci ricorda un po’ quello di Super Meat Boy ma è molto più colorato e meno tetro. A volte stride la rotondità ed i colori vivacissimi della grafica con l’estrema difficoltà del gameplay.

Anche gli ostacoli o i nemici non sembrano mai avere l’aria cattiva. Stesso dicasi per la Morte e per gli Zombie o anche dei boss che si affronteranno.

Abbiamo apprezzato moltissimo la varietà di quanto visto nelle varie ambientazioni surreali, a volte tenue, a volte tetre, altre più allegre (si, proprio così) ed a tratti quasi psichedeliche. Si varia dagli ambienti chiusi degli uffici a foreste o a deserti o agli interni di una piramide e così via.

Ottime anche le animazioni: sempre fluide e mai incerte. Certo, stiamo parlando sempre di ambientazioni ed animazioni in 2d. Roba ormai alla portata di tutti gli sviluppatori che vogliono cimentarsi in videogiochi. Il compito però è fatto bene da parte di Rolling Glory Jam ed è supportato da una valida impostazione artistica che si esalta in alcune scene di intermezzo da applausi (soprattutto verso la fine). Il tutto viene accompagnato ed arricchito da un’ottima colonna sonora che propone diversi brani orecchiabili e di vario stile. Dal metal rude a temi più delicati. A tratti sembra di essere ad un concerto rock, ad altri di musica new age.

COMMENTO FINALE

Rage in Peace è sorprendentemente. Dolce e cattivissimo allo stesso tempo, possiamo definirlo un action platform davvero spietato. Livello di difficoltà elevatissimo, attorno all’ottavo grado della scala dei “vaffa” (non quanto Syobon, Andy Contreras Trap Adventures e Impossible Game) e quindi anche in grado di generare frustrazione.

Questo è un difetto ma anche un pregio per quei giocatori che amano le sfide impossibile. Memoria, riflessi e tempistiche sono le nostre armi in un titolo che racconta una storia carina grazie anche a dei dialoghi divertenti.

Dal punto di vista tecnico, inoltre, il gioco si difende davvero bene con una coloratissima e ben dettagliata grafica in 2d dallo stile peculiare e molto interessante nonché ricco di animazioni e finezze. Ve ne accorgerete con il passare dei livelli. Le animazioni sono molto buone. Eccellenti le musiche che includono diversi virtuosismi d’autore unendo ed alternandosi a più stili come scritto nella recensione.

È un gioco molto carino ma che va preso con le pinze. L’aspetto “carino e coccoloso” è ingannevole perché nasconde tanta fine cattiveria ed è comunque, al di là dei dialoghi comici, un titolo che va oltre offrendo momenti più profondi. Peccato per la sua enorme difficoltà che controbilancia un titolo piuttosto breve in termini di durata.

Pregi

Trama e concetto carini. Divertenti i dialoghi. Stile grafico carino e vario. Animazioni fluide. Colonna sonora originale da standig ovation.

Difetti

Trial and Error veramente mortificante a volte. Un po’ ripetitivo.

Voto

8-