11-11 Memories Retold, Recensione Pc
Un inno alla tragicità della guerra, in occasione del centenario della fine del primo conflitto mondiale
11 novembre 1918. È il giorno dell’armistizio, la fine ufficiale della prima guerra mondiale, il cessate il fuoco che decreta finalmente il termine di quattro anni di un conflitto come il mondo non ne aveva mai visti fino a quel momento. Si tratta di un periodo storico dall’importanza assoluta. Tra innovazioni tecnologiche continue ed un cambio radicale di mentalità e tattiche di combattimento. Tutte cose che decretarono la fine di un certo modo di intendere il conflitto armato tra nazioni.
Che il mondo videoludico, nel suo complesso, abbia sempre affrontato in maniere indecise e contrastanti questo celebre conflitto bellico è fuor di dubbio. Più in generale, il videogioco come medium ha sempre preferito il secondo conflitto mondiale, soprattutto nell’ambito degli shooter in prima persona. Forse per il maggiore dinamismo degli scontri rispetto alla, solo relativamente statica, guerra di trincea di trent’anni prima.
Eppure, il periodo che va dal 1914 al 1918 può avere tantissimo da dire. O almeno, questo è quello che sembra pensare Yoan Fanise, game designer precedentemente in forza a Ubisoft e già responsabile dello struggente Valiant Hearts; guardacaso, un titolo che già aveva provato ad esplorare la prima guerra mondiale da un punto di vista più vicino al cuore.
Separatosi dalla casa francese, il buon Fanise ha poi fondato il proprio studio, tale Digixart, con il quale ha sviluppato 11-11 Memories Retold (disponibile su Pc, PlayStation 4 e Xbox One), in collaborazione con la società di animazione britannica Aardman Animations (Wallace & Gromit). Quest’ultima è, in effetti, diretta responsabile del peculiare stile estetico del gioco, di cui ora parleremo.
L’ultima creatura di Fanise vuole dunque sfruttare – ma con rispetto – l’onda del centenario della fine delle ostilità (per l’appunto, l’11 novembre di quest’anno) per raccontare una sua propria visione personale sulla “guerra per finire tutte le guerre”. Vediamo com’è andata.
COSÌ VICINI, COSÌ LONTANI
Il racconto di 11-11 Memories Retold vede intrecciarsi le vite di due uomini ai lati opposti del campo di battaglia. Harry è un giovane fotografo canadese, un po’ impacciato e non particolarmente intelligente, innamorato perso della figlia del suo datore di lavoro, Julia. Si unirà all’esercito britannico (allora, il Canada era ancora una colonia dell’Impero, ndr) attratto dal fascino dell’uniforme, con il quale vorrebbe far colpo su Julia, e dalle promesse del carismatico ma vanesio ufficiale Barrett.
Di converso, Kurt è un ingegnere tedesco impiegato come geniere nelle linee del fronte, alla continua ricerca del figlio Max dato per disperso. Ha una moglie e una figlia più piccola, alle quali scriverà lettere per tutto il prosieguo del gioco. Tutti i tre atti del titolo si giocano sul continuo avvicinarsi, allontanarsi e avvolgersi di questi due destini, accomunati anche dalle vicende di due animali (e dalle loro interazioni con i due protagonisti), che diventeranno una sorta di spiriti-guida per entrambi: per Harry una colomba, per Kurt una gatta.
Va da sé, dunque che – come già si può immaginare guardando un qualsiasi trailer – 11-11 è un titolo che pone un forte accento sulla narrazione, configurandosi come un’avventura grafica cinematica sullo stile delle opere della compianta Telltale Games. Sfortunatamente, bisogna dire come, seppur sia senza dubbio apprezzabile lo sforzo degli scrittori in forza a Digixart di voler presentare una prospettiva più intima e personale sugli ultimi due anni di conflitto, la sceneggiatura presenta comunque numerose problematiche e storture che le impediscono di centrare completamente l’obiettivo proposto.
Il titolo, per esempio, “salta” continuamente da un personaggio all’altro, anche in momenti particolarmente concitati o importanti. E, sebbene ci siano alcune occasioni in cui questo escamotage narrativo, per quanto abusato e non solo nei videogiochi, funzioni egregiamente, la maggior parte delle volte l’unico effetto ottenuto è quello di spezzare inutilmente il ritmo di gioco. C’è un eccessivo affidamento al cliffhanger facile che dimostra una certa ingenuità da parte degli sceneggiatori.
Ciò si unisce anche ad una certa mancanza di contenuti e di “cose da dire”, soprattutto nei primi due atti del gioco: essenzialmente, l’intreccio di mostra spesso una certa staticità e superficialità, soprattutto nell’affrontare le vere problematiche del conflitto. Harry e Kurt si muovono su due fili paralleli che ben raramente si incontrano, e la maggior parte del tempo è trascorsa in vicende e località che si potrebbero tranquillamente classificare come “filler”. Il problema è che, in un titolo dalla durata di 4-5 ore, perdere così tanto tempo in eventi più o meno secondari invece che sulla sostanza ha l’inevitabile effetto di svilire il racconto complessivo, che solo nell’ultimo terzo di gioco, finalmente, acquista pienamente ritmo, vigore, pathos e una più compiuta umanità, portando ad un finale che, almeno in parte, riesce a far perdonare un percorso assai accidentato.
In effetti, è anche nell’atto conclusivo che le scelte effettuate dal giocatore hanno una qualche chiara importanza ramificatrice, portando ad uno fra sette finali disponibili. Anche qui, il problema è che per tutto il corso del gioco sono presenti altre tipologie di interazioni simili (come le lettere scritte da Kurt alla famiglia o le foto inviate da Harry a Julia) che farebbero presagire più serie e corpose conseguenze rispetto a quelle poi effettivamente presentate dal gioco, praticamente quasi nulle.
La rappresentazione della guerra di trincea, che dovrebbe essere un punto focale del titolo dati i suoi propositi da memoriale del conflitto, è altrettanto deficitaria. Le scene nelle trincee, che vorrebbero essere drammatiche cercando di far riflettere il giocatore sull’insensatezza dei combattimenti, scivolano via. E lo fanno senza colpire minimamente le corde del cuore, tra cliché abusati e una scrittura non all’altezza ma anche, forse a causa, dell’assoluta assenza di personaggi secondari di spessore.
A farla da padrone, insomma, nonostante l’innegabile buona volontà e qualche capace intuizione, sono una certa superficialità e la mancanza di decisione nella narrazione. E dire che si tratta di una produzione che puntava tutto proprio sul plot.
RACCONTI DI GUERRA
Come detto, il gioco segue la scia della moderna avventura grafica, dalla prima stagione di The Walking Dead in poi. Il che vuol dire, dunque, che si comanderà il personaggio principale all’interno di scenari di limitate dimensioni, interagendo con l’ambiente circostante lungo una sequela di eventi pressoché lineare.
Le differenze nei modi di agire e nelle conoscenze dei due protagonisti stanno nel fatto che con Harry potremo scattare fotografie facoltative (di nessuna utilità, all’atto pratico) all’ambiente circostante, mentre con Kurt potremo risolvere qualche enigma quando il tedesco si ritroverà a dover aggiustare radio o congegni di vario tipo.
Occasionalmente, quelle rare volte in cui Harry e Kurt si ritroveranno nella stessa stanza, sarà possibile risolvere alcuni enigmi, davvero molto basilari, che prevedono una certa forma di collaborazione tra i due, con il giocatore che passa alternativamente dall’uno all’altro con la pressione di un pulsante. Tutto considerato, però, la componente ludica di 11-11 si rivela incapace di tenere in piedi la produzione: le azioni eseguibili dai personaggi sono spesso banali, ripetitive e poco logiche, e hanno sovente l’effetto di rallentare ulteriormente un ritmo di gioco già basso.
Come detto, poi, i pochi enigmi presenti non riescono a stimolare a sufficienza i neuroni, data la loro bassa complessità, e poco senso hanno pure le (fortunatamente saltuarie) sezioni stealth, raffazzonate e inserite quasi come contentino per chi desidera un po’ più di azione. Rifacendoci ulteriormente all’esempio di Telltale Games e dei suoi titoli, in 11-11 mancano persino dei dialoghi a scelta multipla (fatta eccezione, di nuovo, per l’ultimo atto del gioco) che pure costituiscono normalmente un punto cardine di questo particolare sotto-genere.
Unico elemento, parziale, di salvezza è rappresentato dai collezionabili: insospettabilmente difficili da scovare, considerando le piccole dimensioni degli ambienti, Essi celano parecchie informazioni di rilievo sui retroscena della Grande Guerra, le tattiche usate, il contesto storico. Si tratta dello stesso, benvenuto approccio didattico che già aveva contraddistinto Valiant Hearts, e che riesce ad unire piuttosto bene divertimento e curiosità accademica.
ARTE DIGITALE
Dove 11-11 Memories Retold si riprende si redime, quantomeno in parte, è nel comparto audiovisivo. Come è possibile vedere dalle immagini dell’articolo, infatti, l’opera di Digixart è contraddistinta da un peculiare stile grafico, pressoché unico, finora, all’interno del medium: scenari, oggetti e personaggi sono renderizzati tramite “pennellate” di colore che, nel complesso, restituiscono l’effetto di un quadro impressionista in movimento.
Ad onor del vero, la tecnica è ancora un po’ grezza ed assai migliorabile, dato che in certi scenari, a seconda delle combinazioni di colore visibili, il risultato è quello di un’immagine sporca e impastata, non chiaramente distinguibile e anche un po’ faticosa per l’occhio. Fortunatamente, la maggior parte delle volte, l’effetto finale è davvero sorprendente e suggestivo. Inoltre è capace di dare un tocco di unicità e personalità al titolo anche soprassedendo sulle animazioni davvero legnose e basilari. Si può solo sperare che, in futuro, questa singolare tecnica venga migliorata e raffinata, data la sua assoluta e preziosa originalità.
A sottolineare ulteriormente le qualità tecniche di 11-11 concorrono, da una parte, il doppiaggio dei due personaggi principali, interpretati da Elijah Wood (Il Signore degli Anelli, Dirk Gently) e Sebastian Koch (Le vite degli altri, Il ponte delle spie), che riescono con le loro modulazioni a dare spessore e carattere ad Harry e Kurt, rispettivamente. Dall’altra, interviene la magistrale colonna sonora del francese Olivier Deriviere, già conosciuto in ambito videoludico per aver firmato le composizioni di Alone in the Dark e Remember Me e più di recente di Get Even e Vampyr. Il lavoro di Deriviere non è, forse, uno dei suoi migliori, ma riesce comunque a sottolineare con grazia ogni momento, con toni che resteranno impressi nella memoria del giocatore.
COMMENTO FINALE
Poteva essere davvero un’opera memorabile, questo 11-11 Memories Retold. Purtroppo, le numerose ingenuità della scrittura e il ritmo di gioco affondano un intreccio che pure, con tutti i problemi, riesce ad emozionare e colpire nell’ultimo terzo di gioco.
A ciò si aggiungono una struttura ludica insufficiente e, al tempo stesso, un impatto estetico affascinante e originale. Il risultato finale è un lavoro di contrasti che in egual misura si può amare ed odiare, innegabilmente divisivo.
Indifferentemente da come la si pensi, di 11-11 va comunque lodato il coraggio: per aver voluto parlare di storie intime e personali, per aver voluto affrontare il tema della guerra in una maniera più attenta e coscienziosa, e per aver voluto inaugurare una tecnica di rendering potenzialmente incredibile. Soprattutto in un mondo, quello videoludico, che quasi sempre preferisce piuttosto far cantare le armi.
Pregi
Visivamente originale e affascinante. Un accento più intimo sulla grande guerra. L'atto finale è assai meritevole.
Difetti
Parecchi problemi di sceneggiatura. Struttura ludica insufficiente. A volte, l'effetto estetico pittorico può confondere.
Voto
7