Speciale sui giochi più rivoluzionari del Commodore 64
Assieme a Antonio Savona menzioniamo quei titoli che hanno fatto (e fanno) la storia dell’8 bit
Il Commodore 64 ha fatto senza dubbio la storia dell’home computer. Concepito come macchina da lavoro, ma conosciuto in tutto il mondo soprattutto per il gioco, il famoso 8-bit rimane una macchina iconiche che a distanza di oltre 35 anni continua a far parlare di sé.
E per certi versi rimane ancora magico. Dal 1982 ad oggi sono passati 36 anni e non solo si ricordano i grandi classici usciti e celebrati nei tempi d’oro ma commentiamo anche giochi più recenti. Se ci avessero detto tra gli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 che nel 2018 avremmo ancora visto nuovi giochi (e che giochi) per Commodore 64, probabilmente avremmo liquidato la questione con una fragorosa risata.
Abbiamo quindi voluto celebrare questo computer che ha fatto sognare una generazione intera di giocatori con uno speciale sui titoli più rivoluzionari che siano mai stati scritti per il C64, e che lo hanno consegnato alla storia.
Per farlo abbiamo contattato uno sviluppatore d’eccezione, Antonio Savona – autore del recente Planet Golf – e gli abbiamo chiesto quali secondo lui siano stati i giochi più rivoluzionari della storia del Commodore 64 e in che modo questi titoli hanno cambiato la storia del videogioco.
La lista che ne è scaturita non comprende necessariamente i giochi più belli (per quanto, ovviamente, questi siano anche meravigliosi), ma quelli che hanno apportato novità, rompendo gli schemi con il passato, creando un genere o ponendo le basi per lo sviluppo di nuove esperienze di gioco.
Parleremo quindi di titoli rivoluzionari o tecnicamente incredibili al punto che spesso si stenta a credere che il Commodore 64 possa farli girare. Antonio ha elencato e descritto con passione venticinque classici, soffermandosi, da tecnico, sull’aspetto implementativo oltre che sull’aspetto dell’innovazione vera e propria.
In chiusura di speciale abbiamo però voluto aggiungere altri titoli che rappresentano il punto di vista della redazione, scevra da fardelli tecnici, ma ugualmente trascinata da un’insana passione per questa macchina meravigliosa.
Siamo fermamente convinti che senza questi giochi e le innovazioni che hanno introdotto il panorama videoludico attuale sarebbe completamente differente. E ci siamo tenuti piuttosto stretti perché sennò non avremmo finito troppo presto.
Eccoli, buona lettura.
M.U.L.E. (1983, EA)
Nel 1983, il Commodore 64 poteva vantare già un’offerta videoludica estesa, ma le tipologie di gioco erano semplici e poco varie. Si trattava principalmente di conversioni da arcade, semplici platform o avventure testuali. M.U.L.E. arrivò come un fulmine a ciel sereno e niente fu più come prima. Tra le tante innovazioni che questo titolo ha introdotto citiamo un’intelligenza artificiale avanzata e, per la prima volta, credibile.
ARCHON (1983, EA)
Questo è forse uno dei videogame più innovativi della storia. Archon combina il gioco degli scacchi con il genere Arena in un’ambientazione fantasy. Già questo ardito (ma riuscito) connubio basterebbe a giustificare la presenza del capolavoro di Anne Westfall, Jon Freeman e Paul Reiche III in questa lista. Ma per apprezzare in pieno la grandezza di questa produzione dovete ad ogni costo possederne l’iconica confezione originale.
IMPOSSIBLE MISSION (1984, EPYX)
“Another visitor. Stay a while… stay forever!”. La frase più iconica della storia del videogame ci “invita” a perderci in questo gioco per sempre, e noi non possiamo fare altro che obbedire. Quando Impossible Mission uscì nel 1984 alzò l’asticella della qualità così clamorosamente che dovettero passare anni prima che altri giochi riuscissero anche solo ad avvicinarsi al capolavoro di Dennis Caswell.
Benché le prime cose che colpiscono il giocatore siano l’impressionante animazione del personaggio principale e l’incredibile parlato digitalizzato, non è solamente il comparto multimediale a fare di questo gioco una pietra miliare. Impossible Mission è, prima di tutto, uno dei giochi più appassionanti che questa macchina abbia mai conosciuto.
SUMMER GAMES (1984, EPYX)
Il primo gioco multievento per Commodore 64 e il primo della straordinaria serie “the games”. Fece la fortuna di Epyx ma anche di tanti giocatori in tutto il mondo. Sulla scia del successo di Track and field negli arcade, Epyx pensò bene di riprodurre un’esperienza di gioco simile per gli home computer, tralasciando però la natura frenetica dell’originale in favore di un approccio più strategico.
Il risultato fu grandioso. Summer Games verrà poi superato in qualità da altri titoli, come Summer Games 2 e California Games, ma ha il merito di aver lanciato il genere negli home computer e resta ancora oggi un titolo imprescindibile.
BOULDER DASH (1984, FIRST STAR SOFTWARE)
Il mondo dei sessantaquattristi si divide in due categorie: quelli che amano Boulder Dash, e quelli che non lo hanno giocato. Sì, perché è impossibile non cadere nella dipendenza entrando a contatto con questo geniale puzzle game. Boulder Dash si basa su una meccanica di gioco estremamente semplice, eppure assolutamente vincente. Basti pensare che il concept originale di Peter Liepa, a distanza di oltre 30 anni, sopravvive praticamente immutato in innumerevoli remake per mobile e consolle.
Prima di Boulder Dash, non esistevano puzzle game che non fossero una rielaborazione di giochi da tavolo o rompicapo già esistenti. Questi, per forza di cose, soffrivano della limitazione indotta dalla necessità di adattarsi a un nuovo media. Boulder Dash rappresentò una linea di rottura con tutto questo e fu il primo puzzle game di successo progettato esclusivamente per Home Computer.
BRUCE LEE (1984, DATASOFT)
Dopo i primi anni passati ad esplorare i generi più classici e “sicuri” dal punto di vista commerciale, nel 1984 gli sviluppatori iniziarono a sperimentare nuove direzioni creative spesso mescolando due generi per ottenerne uno nuovo. Non tutti questi esperimenti ebbero successo, ma Ron Fortier fu il primo a far funzionare questo approccio con Bruce Lee.
Il gioco si basa su un’idea tanto semplice quanto vincente: creare un platform perfetto e un picchiaduro perfetto, e farne poi un unico gioco. Bruce Lee non è altro che questo: l’espressione più alta di questi due generi racchiusa in un’unica esperienza di gioco. Nessuno ci era riuscito prima, in pochi ci riuscirono dopo.
COLOSSUS CHESS (1984, COMMERCIAL DATA SYSTEMS)
Può sembrare improbabile che una macchina con CPU 8 bit da 1Mhz e 64Kb di RAM possa giocare decentemente a scacchi. O almeno questa era l’opinione comune nel 1984, quando i giochi di scacchi su home computer erano principalmente degli esperimenti, destinati a perdere miseramente contro giocatori poco più che principianti.
Non Colossus Chess. Per la prima volta l’home computer era diventato un avversario notevole, anche per giocatori di livello. Provate questo piccolo gioiello di programmazione e capirete perchè, alla sua uscita, rappresentò una vera e propria rivoluzione.
WIZBALL (1986, OCEAN)
È difficile descrivere Wizball senza rischiare di confinarlo in una categoria che non gli appartiene. Forse perchè Wizball distrugge gli schemi, rifiutando testardamente di arrendersi a ogni definizione. Non si può descrivere, si può solo giocare.
E se l’idea di provare un gioco che inventa un genere e ne resta per anni l’unico esempio non è sufficiente per farvi caricare immediatamente questo gioiello, sappiate che Wizball rappresenta anche l’apice creativo di Martin Galway, forse il più abile musicista che si sia mai cimentato con il Commodore 64. Il mitico “Ocean Loader” fa da preludio a quello che è forse il pezzo più psichedelico che possiate mai ascoltare su un home computer. Magia pura.
MEGA APOCALYPSE (1987, MARTECH)
Questo gioco è semplicemente perfetto dal punto di vista tecnico. L’espressione “sfrutta al massimo le capacità del Commodore 64” è spesso abusata, ma se chiedete ad un “addetto ai lavori” di citare un gioco cui veramente questa descrizione si addica, nove volte su dieci vi citerà il capolavoro di Simon Nicol. Il campo stellato rotante, il multiplexer impeccabile, il parlato digitalizzato, la musica tra le più belle che Rob Hubbard abbia mai composto sono componenti che già singolarmente farebbero cadere la mascella. Simon Nicol riesce a farle coesistere senza imperfezioni, senza rallentamenti.
La dinamica di gioco particolarmente semplice può inizialmente lasciare perplessi, e la curva di difficoltà estremamente dura può scoraggiare all’inizio, ma questo gioco ha molto da offrire oltre all’aspetto tecnico a chi avrà la volontà di perseverare.
IK+ (1987, SYSTEM 3)
Forte del successo di International Karate, Archer Maclean avrebbe potuto tranquillamente dedicarsi ad un altro genere per concludere la sua carriera su C64, sicuro di aver già realizzato il picchiaduro più riuscito per questa macchina. Invece il canto del cigno di uno dei più talentuosi programmatori anglosassoni fu, ancora una volta, un picchiaduro. Archer aveva capito che era possibile migliorare ulteriormente una formula di gioco che tutti pensavano essere perfetta e di farlo con un’idea tanto semplice quanto geniale: in IK+ non sono due combattenti a sfidarsi, ma tre.
Nelle mani di chiunque altro un concept del genere sarebbe risultato in un pasticcio ingiocabile, ma Archer Maclean realizzò un capolavoro assoluto di giocabilità, una pietra miliare del genere con cui tutti i picchiaduro (non solo per questa macchina), devono necessariamente misurarsi.
PIRATES! (1987, MICROPROSE)
Sid Meier, fondatore di Microprose e creatore di Civilizations, è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi game designer della storia e Pirates! è forse il gioco che ha collocato il prolifico genio americano in questo olimpo.
Per darvi una idea di quanto innovativo fosse il gioco al tempo del suo rilascio, basti pensare che la stampa specializzata dell’epoca lo stroncò clamorosamente, salvo poi rivalutarlo come uno dei capolavori assoluti del Commodore 64: il gioco era così “avanti” che in pochi riuscirono a capirlo quando uscì, ma il tempo gli rese giustizia.
Tutt’ora, è veramente difficile definire questo capolavoro, che contiene elementi di simulazione, arcade, avventura, strategia ed altro. Un paradigma di gioco che, di fatto, si evolve mentre giochiamo.
THE LAST NINJA (1987, SYSTEM 3)
Se volessimo paragonare i videogiochi del C64 alle produzioni hollywoodiane, The Last Ninja sarebbe “Ben-Hur” in un mondo fatto solo di “Alex l’ariete”. Tale è la grandiosità di questa produzione System 3, creata assemblando un “dream team” di artisti che hanno portato a termine un progetto ambizioso come nessun altro nella storia del Commodore 64.
E la metafora dei film non deve sembrare fuori luogo: The Last Ninja segue realmente un canovaccio narrativo che sembra più adatto alla celluloide che ai bit, a cominciare dalla strabiliante colonna sonora di Ben Daglish che accompagna le avventure del ninja Armakuni fino allo scontro finale con lo shogun Kunitoki, e che oggi viene eseguita dal vivo nei locali underground londinesi.
Verrà poi superato in giocabilità dal suo seguito, Last Ninja 2, e in qualità grafica dall’ultimo gioco della serie, Last Ninja 3, ma Last Ninja resta la vera chiave di volta del genere.
PROJECT STEALTH FIGHTER (1987, MICROPROSE SOFTWARE)
La grafica wireframe di questo simulatore di volo oggi potrà farvi sorridere, ma quando Project Stealth Fighter apparve su C64 in molti gridarono al miracolo. L’aspetto tecnico, curatissimo, e la presentazione del gioco, praticamente perfetta, sicuramente ebbero il merito di attrarre anche i giocatori più diffidenti, ma è l’incredibile qualità della simulazione che mette Project Stealth Fighter in una categoria a sé stante.
Prima del capolavoro MicroProse, infatti, simulazione di volo e combattimento non si erano mai incrociati in modo soddisfacente sul Commodore 64.
La serie Flight Simulator era il punto di riferimento del genere, ma si limitava a coprire l’aspetto del volo simulato, mentre altri prodotti, più orientati al combattimento, scendevano a compromessi sull’aspetto della simulazione. Project Stealth fighter era quanto di più simile ci fosse a pilotare un F19. Anche in questo caso la confezione originale è pressoché imprescindibile, con il suo corposo quanto utilissimo manuale cartaceo, simbolo di tempi che non torneranno più.
DEFENDER OF THE CROWN (1987, CINEMAWARE)
Nel 1985 I primi home computer con tecnologia a 16 bit stavano facendo la propria comparsa. Amiga e Atari ST erano tra le piattaforme più ambite, ma il loro costo stellare faceva sì che gioielli come Defender of the Crown, uno dei primi titoli disponibili per queste macchine, restassero il sogno proibito di molti giocatori.
La grafica e il sonoro stupefacenti del capolavoro di Cinemaware sembravano destinati a restare per sempre una meta irraggiungibile per i “sessantaquattristi” e invece due anni dopo, proprio quando le macchine a 16 bit iniziavano a diventare più accessibili e il salto generazionale vero e proprio si stava compiendo, Defender of the Crown apparve sull’umile Commodore 64 mantenendo intatto il proprio fascino. Una conversione che tutti credevano impossibile.
BUBBLE BOBBLE (1987, FIREBIRD)
Una riproduzione pressoché perfetta dell’originale arcade. Quando venne annunciato, le aspettative erano veramente minime: come si poteva pensare di riprodurre la vastità del popolare titolo da sala giochi, fatta di 100 livelli, stanze segrete, molteplici nemici, stupende animazioni e musiche con un semplice Commodore 64?
Quando poi Firebird specificò che il gioco sarebbe stato disponibile anche su cassetta, in un singolo caricamento, anche i più fiduciosi persero le speranze di vedere una trasposizione decente. Invece Ste Ruddy ci regalò questo gioiello, lasciando tutti di stucco.
ZAK MCKRACKEN AND THE ALIEN MINDBENDERS (1988, LUCASFILM GAMES)
La Lucasfilm ha popolarizzato il genere punta e clicca (che aveva in realtà esordito sul C64 già prima di questo titolo) con moltissime produzioni di qualità tra la fine degli anni ‘80 e per tutto il decennio successivo, su numerose piattaforme.
Ma nonostante le complesse creazioni che lo seguirono, Zak McKracken resta ancora oggi la vetta più alta raggiunta da questo genere, al pari forse solo di capolavori come Monkey Island, che purtroppo non approdarono mai su C64.
ARMALYTE (1988, THALAMUS)
Lo Shot ‘em up era sicuramente il genere più apprezzato negli anni ‘80 e il Commodore 64, grazie alle sue caratteristiche tecniche (in particolare lo scrolling e gli sprite disponibili in HW) si prestava naturalmente all’implementazione di questa tipologia di giochi. Gli utenti del biscottone, pertanto, al ritorno dalle proprie scorribande in sala giochi, potevano continuare lo sterminio degli alieni sul loro amato home computer grazie ai tanti titoli disponibili per questa macchina.
Ovviamente c’era una differenza sostanziale di livello tra videogame arcade e le più limitate versioni home computer. Una differenza di cui i giocatori erano ben consapevoli e che accettavano di buon grado. Poi arrivò Armalyte che, di fatto, annullò questo gap. D’un tratto tornare a casa, abbandonando R-type, non sembrava più un passo indietro.
SAMURAI WARRIOR: THE BATTLES OF USAGI YOJIMBO (1988, FIREBIRD)
Tratto da un fumetto non molto popolare da noi, Usagi Yojimbo è un titolo che forse suonerà nuovo al sessantaquattrista occasionale. Ma se questa lista fosse composta da un solo titolo, probabilmente sarebbe proprio questo capolavoro della Firebird, tante sono le novità introdotte da Usagi Yojimbo, e tale è la sua giocabilità.
L’evocativa colonna sonora di un ispirato Neil Brennan accompagna le gesta del coniglio ronin Miyamoto Usagi nel giappone feudale del 600, popolato da combattenti antroporfi.
Contrariamente a quanto si era visto fino ad allora nei titoli Hack ‘n Slash disponibili su Commodore 64 o altre piattaforme, in Usagi Yojimbo la spada non è il principale elemento del gioco. Ogni nostra azione, dai combattimenti, alla meditazione, all’interazione con i normali cittadini, ha un effetto sull’ambiente che ci circonda e sui personaggi con cui interagiremo: è Il concetto di Karma, che mai si era visto prima di allora in un videogioco, e che diventerà invece fondamentale in molti RPG fantasy moderni.
MICROPROSE SOCCER (1988, MICROPROSE)
el 1988 le simulazioni calcistiche, sia manageriali che arcade, erano già presenti in doppia cifra sul Commodore 64. Può quindi sembrare improbabile che questo gioco della Microprose possa aver apportato così tante innovazioni da meritare di figurare in questa lista.
Eppure Microprose Soccer è un gioco a modo suo rivoluzionario, e conserva intatta ancora oggi molta della freschezza originale. Per prima cosa introduce condizioni climatiche variabili che impattano sulla facilità di controllo del pallone (dovremo aspettare Fifa 07 prima di vedere questa feature nella blasonata serie EA). C’è poi la rivoluzione del mitologico “tiro a banana”, antesignano del più realistico Aftertouch di Kick off. Laddove altri videogame combattevano le limitazioni della piattaforma nel vano tentativo di riprodurre il gioco del calcio nel modo più fedele possibile, in Microprose Soccer l’aspetto della simulazione è volutamente sacrificato in favore di una componente arcade mai sperimentata prima sul C64: In questo strampalato universo digitale il giocatore esperto può vincere 10-0 con il Brasile nella finale di coppa del mondo e un minuto dopo, lungi dall’essere appagato da questo risultato, essere di nuovo lì a tentare questa volta di portare l’Oman in finale. Il segreto di Microprose Soccer è proprio quello di non prendersi sul serio.
WASTELAND (1988, EA)
In questo gioco sviluppato dalla Interplay ci troviamo a cercare di sopravvivere in un mondo post-olocausto atomico, popolato da mutanti, cyborg e robot assassini. Si rompe quindi il connubio con il genere fantasy, tipico di molti altri RPG, ma ci si potrebbe chiedere se questo sia sufficiente a giustificare la presenza di questo titolo in questa lista.
Wasteland, infatti, non è certo il primo RPG ad uscire sul commodore 64, piattaforma per cui erano già disponibili diversi titoli della serie Ultima, tanto per citarne altri di indiscusso livello. Ebbene, a 30 anni dalla sua uscita, Wasteland è considerato da molti il miglior RPG mai uscito su qualsiasi piattaforma. Se credete che questa sia una affermazione esagerata, forse non lo avete mai giocato.
GRAND PRIX CIRCUIT (1989, ACCOLADE)
Chiedete a un appassionato del genere quale sia il più grande simulatore di F1 di tutti i tempi e molto probabilmente vi risponderà F1 GP2, il capolavoro di Geoff Crammond.
Bene, ora fate la stessa domanda a Geoff Crammond e avrete il motivo per cui Grand Prix Circuit figura in questa lista.
Non si può descrivere l’incredibile qualità di questa simulazione: questo gioco va semplicemente giocato. E se il genere non vi interessa, vale comunque la pena caricare Grand Prix Circuit anche solo per la spettacolare colonna sonora di Kris Hatlelid.
PROJECT FIRESTART (1989, ELECTRONIC ARTS)
Se chiedete a un giocatore moderno quale titolo abbia introdotto al pubblico il genere “survival horror”, quasi certamente vi citerà Resident Evil, oppure Alone in the Dark. Sebbene queste serie abbiamo indubbiamente reso popolare il genere, il primo vero survival horror per home computer è forse proprio questo meraviglioso titolo della Electronic Arts. Di certo, quando Project Firestart uscì nel 1989, sul Commodore 64 non si era mai visto nulla del genere. Non osate snobbare il gioco per la grafica minimale e i suoni elementari: Project Firestart riesce a creare una tensione unica nel giocatore proprio con i suoi vuoti e con i suoi silenzi.
TURRICAN (1990, RAINBOW ARTS)
Nessuna lista di giochi per Commodore 64 può dirsi completa se non vi figura almeno un’opera di Manfred Trenz, e fra i capolavori che il geniale programmatore tedesco ha realizzato a cavallo degli anni 90, Turrican sicuramente rappresenta il gioco più rivoluzionario. Ingiustamente tacciato di essere un clone di Metroid, è forse più corretto asserire il viceversa. Pur apparendo sul mercato quattro anni dopo il primo episodio della fortunata serie Nintendo, Turrican offre così tante novità in termini di gameplay rispetto al titolo NES da renderlo assolutamente originale. E infatti molte delle dinamiche di gioco che Turrican offre, a cominciare dallo scrolling multidirezionale e dalle mappe sconfinate, furono poi riprese da Nintendo ed introdotte negli episodi successivi della saga di Metroid.
Verrà poi superato da Turrican 2, che incredibilmente alza ancora di più l’asticella della qualità grafica e della giocabilità, ma Turrican resta la chiave di volta del genere Run ‘n gun per il C64.
MAYHEM IN MONSTERLAND (1993, APEX COMPUTER PRODUCTIONS)
Nel 1993 il Commodore 64 era arrivato alla fine del proprio periodo d’oro. Ad 11 anni dal suo lancio non poteva più reggere il confronto con le consolle che ormai dominavano il mercato con titoli come Sonic e Super Mario Bros, e anche gli utenti più affezionati avevano da lungo tempo abbandonato il piccolo di casa Commodore in favore di hardware più performante.
Qualcuno però si rifiutò di accettare la fine di questa macchina e, contro ogni logica di mercato, decise di rivolgergli un’ultima, grandiosa dichiarazione d’amore. Mayhem in Monsterland è un gioco che sembra girare su una macchina di categoria superiore, un miracolo di tecnologia che strappa prepotentemente il Commodore 64 dall’oblio in cui era caduto e lo trasporta orgogliosamente negli anni ‘90.
SAM’S JOURNEY (2017, KNIGHTS OF BYTES)
Questa lista dovrebbe contenere solo giochi che hanno fatto innovazione creando qualcosa che non si era mai vista prima su Commodore 64. Faremo un’eccezione per Sam’s Journey, che, sulla carta, è “soltanto” un platform game, definizione in cui ricadono migliaia di titoli per questa macchina.
Sam’s Journey è semplicemente perfetto. È il gioco da medaglia d’oro degli anni ‘80 che, invece che agli scaffali di un negozio, è stato affidato ad una macchina del tempo per giungere ai giorni nostri. Molti giochi C64 “moderni” cercano di rompere i ponti con il passato, introducendo dinamiche di gioco innovative per creare un’esperienza ludica più in linea con i canoni del nuovo millennio. Sam’s Journey orgogliosamente snobba qualunque innovazione e ci riporta ai gloriosi anni ‘80 come nessuna altra sedicente retro produzione odierna riesce veramente a fare.
ADDENDUM
Come anticipato, la redazione ha voluto integrare la lista fornitaci da Antonio Savona con qualche titolo che tecnicamente è stato strabiliante e, nonostante questo, è stato perso tra i radar.
PLANET GOLF (2017, Psytronik)
Chiaramente il nostro amico Antonio Savona non ne ha parlato ma ci pensiamo noi inserendolo in questa appendice. Planet Golf, uscito nel 2017 è sicuramente uno dei migliori giochi dell’anno scorso e senza dubbio un titolo di spessore.
Si tratta di un gioco di golf (come facile intuire dal titolo) con contaminazioni arcade ma ha dinamiche simili a quelle di un puzzle game moderno. Stupiscono la fisica che varia a seconda dei pianeti in cui si giocheranno le classiche 18 buche, il sonoro digitalizzato, le animazioni eccellenti ed il gameplay. La fisica, in particolare, sembrerebbe fuori dalla portata dell’umile 8 bit. Quando lo abbiamo visto ci siamo chiesti: ma siamo sicuri che questo sia un Commodore 64?
TURBO OUT RUN (1989, U.S. Gold)
Perché abbiamo inserito Turbo Out Run? A fronte di una discreta conversione per l’8 bit di casa Commodore firmata da Probe, c’è da segnalare l’eccellente comparto audio. Jeroen Tel ed i Maniacs of Noise fecero un vero e proprio miracolo realizzando un accompagnamento sonoro da applausi. Degna di nota specialmente la musica dei titoli, con strumenti e suoni digitalizzati e la voce dello stesso Tel che fraseggia con il sid: “oh oh out run!”
ELVIRA: MISTRESS OF THE DARK (1991, ACCOLADE)
Sicuramente non è innovativo ma è giusto menzionare questo titolo. Il motivo è presto detto: graficamente rappresenta un piccolo grande miracolo per le potenzialità del C64. Quando, due anni prima, questo gdr in terza persona uscì su Amiga in tutto il suo splendore, in pochi avrebbero pensato ad una conversione sull’8-bit di casa Commodore.
Troppi dettagli, troppi colori, troppo tutto (anche le forme di Cassandra Peterson che ricopre i panni della procace e tenebrosa Elvira). Invece Flair fece quello che a nostro avviso è un miracolo: riportò le centinaia e centinaia di location con dovizia di particolari, giocando al meglio con l’hardware ed offrendo un comparto video da applausi dove – mancanza di colori e risoluzione rimaneggiata a parte – si respiravano le atmosfere Amiga. Magari non del tutto ma ciò non toglie che questa sia comunque una conversione eccezionale, che ricrea alla perfezione il gameplay dell’originale.
THUNDER BLADE (1988, SEGA)
Conversione impossibile. Ma missione compiuta. Chris Butler fece il miracolo portando Thunder Blade su C64. Probabilmente non si tratta di un titolo innovativo o rivoluzionario, ma fu anche questa una conversione da urlo risultante in un gioco che sfoggiava anche una buona grafica in terza persona ed un design “3d” di livello spettacolare. Thunder Blade implementa effetti di zoom su C64 e questo probabilmente è uno di quei pochi giochi che vi riescono in maniera convincente, o comunque senza risultati nefasti.
C64ANABALT (2011, PAUL KOLLER )
Perché parliamo di C64anabalt? Certo, non è esattamente innovativo ma questo endless run game portato da Paul Koller su Commodore 64 a distanza di due anni dalla versione originale uscita su dispositivi mobile iOS ed Android, fece, probabilmente, riscattare la molla a molti amatori e sviluppatori verso il Commodore 64.
Probabilmente diede il la ad una nuova ondata di progetti che nel corso degli ultimi anni sono stati portati alla luce facendo, di fatto, rivivere una seconda giovinezza al Commodore 64.
Ma C64Anabalt è comunque un titolo tecnicamente ben fatto che sfrutta al meglio le potenzialità dell’8 bit. Scrolling veloce, piuttosto limpido e grafica dettagliata. Quanto basta per essere semplice e complesso al tempo stesso ed offrire una sfida sempre divertente.
EMLYN HUGES INTERNATIONAL SOCCER (1988, AUDIOGENIC)
Qual è il miglior gioco di calcio per C64? Da appassionati non sapremmo rispondere ma certamente menzioneremmo Microprose Soccer (già descritto in questo speciale) ed Emlyn Huges International Soccer. Quest’ultimo innovò il gameplay dando una fisica più complessa e la possibilità di effettuare giocate praticamente mai viste prima di allora. Colpi di tacco eleganti al punto che ci ricordano giocate reali storiche (abbiamo in mente quello di Scirea nell’azione che portò al momentaneo 2-0 di Tardelli dell’Italia sulla Germania nella finale di quel magico Mundial del 1982, ndr), possibilità di allungarsi il pallone e dribblare l’avversario sfruttando la velocità, rasoiate a mezz’altezza, o sotto l’incrocio, dribbling funambolici per scartare il portiere, colpi di testa spettacolari e… la possibilità di gestire la squadra e vedere i vari parametri (tutti configurabili) di ciascun giocatore delle squadre presenti.
Questo accresceva la mole tattica che incideva realmente sullo svolgimento della partita. Tutto ciè, unito all’ottima colonna sonora (scritta da Barry Leitch) ed agli effetti stadio durante la partita ha reso Emlyn Hughes International Soccer un gioco di culto (e sì, un po’ rivoluzionario rispetto agli standard dell’epoca) nonostante la grafica da pugno in un occhio.