Ad inizio anno, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha mostrato la volontà di introdurre la “dipendenza da videogiochi” nella lista delle malattie.
E così, trentasei esperti di salute mentale, scienziati sociali e docenti di fama internazionale appartenenti a centri di ricerca e università, tra cui l’università di Oxford, l’università Johns Hopkins, l’università di Stoccolma e l’università di Sydney, si opporranno, in un articolo di prossima pubblicazione, al piano dell’OMS di creare una classificazione della “dipendenza da videogiochi” da introdurre nella lista delle malattie.
L’articolo, dal titolo “A Weak Scientific Basis for Gaming Disorder: Let us err on the side of caution“, sarà pubblicato sul Journal of Behavioral Addictions e metterà in discussione la proposta dall’OMS, sostenendo quanto segue:
- “Rimane molta confusione, anche fra gli autori che sostengono la diagnosi, in merito a cosa sia, esattamente, la dipendenza da videogiochi”.
- “Riteniamo che la base di prove esistente sia di bassa qualità”.
- “Formalizzare un disturbo con l’intento di migliorare la qualità della ricerca trascura il contesto sociale non-clinico più ampio”.
- “Non vengono (ancora) impiegati standard scientifici robusti”.
- “Il panico morale potrebbe influenzare la formalizzazione e potrebbe aumentare come sua conseguenza”.
- Una dipendenza “dovrebbe essere stabilita chiaramente e inequivocabilmente prima di formalizzare nuovi disturbi nel sistema di classificazione delle patologie”.
In vista della sua imminente pubblicazione, una coalizione formata dalle associazioni di categoria del settore dei videogiochi di tutto il mondo ha sollevato la questione dell’inclusione della “dipendenza da videogiochi” nella lista delle malattie mentali con una lettera indirizzata all’OMS, che ha visto tra i firmatari anche AESVI, l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia.
“L’opposizione mondiale alla discutibile e infondata classificazione della dipendenza da videogiochi da parte dell’OMS continua a crescere – ha dichiarato Simon Little, CEO, Interactive Software Federation Europe – il processo dell’OMS manca di trasparenza, è profondamente viziato e non dispone di un supporto scientifico obiettivo. Invitiamo a interrompere questo processo”.
Thalita Malagò, segretario generale di AESVI – Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani – ha aggiunto che qualsiasi classificazione di un disturbo connesso all’uso dei videogiochi rischia di rappresentare in modo negativo la comunità di videogiocatori di tutto il mondo. Il valore educativo, terapeutico e ricreativo dei videogiochi è consolidato e ampiamente riconosciuto.
I videogiochi sono uno strumento utile per acquisire competenze chiave, abilità e atteggiamenti richiesti per una vita di successo nella società digitale.
La Brazilian Union of Video and Games rappresenta le più importanti aziende brasiliane nei settori degli audiovisivi e dell’intrattenimento interattivo. L’Entertainment Software Association rappresenta i principali editori negli Stati Uniti e controlla e gestisce E3, la più importante fiera per i videogiochi e i prodotti correlati. L’Entertainment Software Association of Canada rappresenta i principali editori di software interattivo in Canada. Interactive Entertainment South Africa si occupa di attività di lobbying e sviluppo di politiche per contribuire alla crescita dei settori legati a giochi locali, serious games, simulazioni, giochi da tavolo, realtà aumentata e realtà virtuale. La Interactive Games & Entertainment Association rappresenta i principali editori di software interattivo in Australia e Nuova Zelanda.
La Interactive Software Federation of Europe rappresenta importanti editori di software interattivo e associazioni di categoria in 18 Paesi europei. La Korea Association of Game Industry è composta da 66 aziende, tra cui i principali editori coreani che rappresentano più del 90% delle vendite nel settore dei videogiochi, e collabora attraverso una partnership ufficiale con il governo coreano per promuovere e sviluppare l’industria dei videogiochi in Corea.