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Metal Gear Survive, Recensione PS4

Il titolo di Konami è un vero e proprio simulatore di sopravvivenza con qualche buon spunto… il resto scopritelo con noi

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Dopo l’allontanamento di Hideo Kojima da Konami, sul futuro del franchise di Metal Gear sono scese parecchie ombre. In molti si sono infatti chiesti se senza il suo “papà” la serie possa avere un futuro e, in caso di risposta affermativa, come questi potrebbe svilupparsi e progredire, se cioè cercando di mantenere lo stile tipico del creatore oppure “evolversi” in qualcos’altro. La risposta della software house giapponese è Metal Gear Survive.

Nell’attesa Konami, infatti, ci propone uno spin-off basato su un mondo alternativo di Metal Gear, in cui azione, orrore e fantascienza sono protagoniste. Ma con un’importante avvertimento: Metal Gear Survive non aspira in nessun modo a essere un Metal Gear Solid VI. Si tratta infatti di un titolo in terza persona fortemente incentrato sulla sopravvivenza, in cui elementi da sparatutto, strategia, crafting e cooperativa si mischiano per dare vita a un’insolita avventura. Ma basteranno per far emergere il gioco sulla concorrenza? Vediamolo insieme.

L’INVASIONE DEGLI ULTRACORPI

Metal Gear Survive è ambientato subito dopo il finale di Metal Gear Solid V: Ground Zeroes, ma in una sorta di realtà alternativa, dove la Mother Base viene risucchiata all’interno di un cunicolo spazio-temporale dopo l’attacco XOF, e Big Boss in fuga a bordo di un elicottero.

La base finisce in un’altra dimensione con alcuni dei suoi occupanti mentre il protagonista, dopo una serie di eventi tragici, vi verrà inviato in missione successivamente dal Governo americano. Qui ci fermiamo, però, per evitare spoiler (o anticipazioni se vi piace la nostra lingua): diciamo solo che a Dite, dove si svolge l’avventura, troverà una forma di vita aliena cristallina in grado di attaccare e infestare il corpo umano, per poi impossessarsene e controllarlo.
I “posseduti”, chiamati Vaganti, sono dotati di particolari caratteristiche in relazione ciascuno al tipo di mutazione generato dal “parassita” in corpo. Sono molto aggressivi, ed eliminarli non è impresa facile, specie se si incontrano in grande numero. Da questo punto di vista diventa fondamentale l’approccio dell’utente alle varie missioni, molte delle quali, specie inizialmente, è opportuno affrontare in maniera stealth. Importante inoltre l’attenzione che egli riserverà alle sue armi e all’equipaggiamento che porterà con sé, ai potenziamenti e ai compagni di sventura che in certi casi saranno al suo fianco. Ma andiamo per ordine.

Per prima cosa, dimenticatevi per un momento del titolo, e concentratevi con noi sui contenuti. Da questo punto di vista, il gioco propone una struttura e un gameplay che richiama alla mente vari generi. Fulcro dell’esperienza è la modalità giocatore singolo, che richiede una connessione a Internet permanente, dove l’utente ha a disposizione una base da ricostruire e difendere, all’interno della quale deve poi creare una comunità, con strutture adibite alla sopravvivenza, allevamenti di animali, depositi di materiali, campi coltivati, cisterne per la raccolta di acqua e depuratori per renderla potabile.
Più altri elementi utili a sbloccare nuovi bonus per aumentare la quantità di opzioni, come quelle legate alla fabbricazione di armi, munizioni, barricate, cibo, e via discorrendo. Per farlo deve procurarsi in giro i materiali necessari allo scopo (le risorse sono condivise con la modalità multiplayer), oltre a reclutare sopravvissuti per il campo, ciascuno dei quali da assegnare poi a specifiche funzioni legate alla propria classe, e raccogliere progetti, indizi utili sul virus mutante e sugli infetti.
Fondamentale racimolare poi l’energia Kuban, rilasciata proprio dai corpi dei mutanti uccisi, che serve per il crafting ma anche per far salire di livello il personaggio, generato da zero tramite il classico editor, e ottenere i punti abilità che servono per sbloccare i vari talenti correlati alla classe del soldato.

MANGIARE E BERE PER NON MORIRE

Niente di particolarmente originale, insomma. Eppure, dopo le prime ore di gioco, che per forza di cose risultano un tantino ripetitive anche per via di un continuo andirivieni dai punti esplorati alla base (il crafting del materiale si può fare solo lì), l’esperienza migliora un po’.
Complice la voglia del giocatore di esplorare per sistemare ciò che resta della Mother Base e un livello di sfida tarato verso l’alto, più che una trama semplice o incarichi tendenzialmente abbastanza simili tra loro
.

Proteggere se stessi e le proprie postazioni non è affatto semplice, e la morte, specie all’inizio, è sempre dietro l’angolo. Anche perché a rendere più difficile il tutto ci pensa il sistema che gestisce lo stato di salute del personaggio, aspetto di fondamentale importanza all’interno dell’economia del gioco.
Questi poggia le sue basi su due parametri separati, ovverosia la fame e la sete: due compagni di viaggio da tenere assolutamente sotto controllo, visto che influiscono rispettivamente sulla salute e sulla resistenza. Bevendo o mangiando cibi liquidi, si può migliorare in percentuale la condizione della resistenza del protagonista, mentre nutrendosi con cibi solidi ne beneficia la sua salute.

Il problema è che animali da cacciare, e in generale cibo e bevande, se ne trovano pochi inizialmente, e visto che la base è ancora in fase di costruzione, non sono disponibili nemmeno raccoglitori di acqua, depuratori o magazzini di stoccaggio della la carne su cui fare affidamento.
E se si considera il fatto che entrambi i sopra citati parametri calano in maniera piuttosto rapida anche quando il personaggio resta fermo, si può capire come mantenerne alta la condizione non è impresa semplice. In generale questo sistema ci è piaciuto, ma secondo noi andrebbe un po’ rivisto, rallentando per esempio il tempo di “consumo” delle barre dei due status.
Ad ogni modo, altro aspetto da non sottovalutare sono gli effetti della contaminazione dovuta al contatto con qualche sostanza tossica o alla mancanza di ossigeno. Specie in quelle aree della mappa dove ci si trova avvolti dal Dust, una polvere velenosa che oscura la visuale, in maniera non dissimile a una tempesta di sabbia, e che può soffocare se non si indossa una maschera antigas munita della giusta quantità di ossigeno. Ma anche quest’ultimo va scemando velocemente, non si trova facilmente e dunque diventa altro motivo di difficoltà per l’utente. Affrontare orde di creature con una limitata deambulazione o disturbi alla vista può equivalere a morte certa.

TOWER DEFENSE

Meno originali risultano invece le sessioni cooperative online, giocabili in compagnia di altri tre compagni, anche se trovati i giusti equilibri di squadra, sono capaci di intrattenere. Una volta lanciata la lobby, che si sblocca attraverso la campagna singolo giocatore, e organizzato il team, il giocatore si avventura in mappe prese d’assalto da orde di mostri, cercando di sopravvivere ondata dopo ondata come nel più classico tower defense. Non ci sono sessioni esplorative di gruppo, insomma.

I nemici passano dai classici, barcollanti esseri simil-non morti fino ad altri più aggressivi o dotati di certe abilità, come quelli caratterizzati da un’enorme testa che esplode prima che il corpo ospitante cada al suolo. Oltre che sulle armi, anche qui si può contare su tutto il necessario per pianificare una difesa, e quindi sul supporto di barricate, filo spinato, trappole ed esplosivi.

Ma fondamentale resta l’intesa coi compagni, coi quali coordinarsi per coprire ogni angolo, condividere le proprie risorse, visto che non c’è una scorta di squadra, e sfruttare a dovere le peculiarità delle varie classi. Da questo punto di vista ce ne sono abbastanza per soddisfare gusti ed esigenze dei vari videogamer, dal cecchino al soldato forte nel corpo a copro o bravo dalla media distanza, e così via. Ma la presenza di una grande quantità di armi, oggetti, gadget e vestiti che vanno “craftati” sfruttando le risorse raccolte, fanno si che il concetto di classe, in certi frangenti, venga perfino superato.
Anche se non mancano missioni giornaliere e settimanali con scopi differenti e inediti, per gran parte del tempo lo scopo finale resta quello di resistere alle orde. Il che alla lunga può risultare noioso, e pertanto speriamo che in futuro vengano rilasciati contenuti aggiuntivi gratuiti per rendere più varia l’esperienza.

Come altri titoli recenti, anche Metal Gear Survive offre un sistema di microtransazioni: questo va a influire su alcuni aspetti, visto che molti dei bonus acquistabili tramite le Monete SV, quelle usate nel gioco, accelerano i progressi e la crescita del giocatore aumentandone l’esperienza e le risorse. Nessuno ovviamente obbliga le persone a usare certi trucchi per facilitarsi il compito, però qui il problema è che le microtransazioni vanno a toccare anche altri aspetti, come per esempio gli slot di salvataggio: gratis ce n’è solo uno, e per averne un secondo bisogna pagare 9,99 euro!
Se un utente vuole quindi mantenere due progressioni diverse e contemporanee dell’avventura, è costretto a pagare, e la cosa non è giusta.

Passando ad altro, su PlayStation 4 il gioco si presenta abbastanza bene tecnicamente, grazie all’uso del FOX Engine. Il titolo punta molto sulla caratterizzazione di personaggi, menu e oggetti tipica della serie principale, a volte perfino a discapito del dettaglio. Di conseguenza abbiamo un ottimo design generale di militari, armi e aree, che rispecchiano lo stile tanto amato dai fan della saga di Metal Gear, ma ambienti talvolta mediamente definiti e texture non sempre all’altezza.

Insomma, nell’insieme il prodotto “funziona” graficamente, ma rispetto a Metal Gear Solid V: The Phantom Pain non c’è un salto in avanti visivo notevole, ed è un peccato perché secondo noi si poteva fare di più. Allo stesso modo si poteva far meglio in ambito movimenti e animazioni, visto che i modelli poligonali dei militari sono gli stessi di The Phantom Pain, per cui a volte risultano un po’ rigidi da controllare durante gli scontri copro a corpo, che nel gioco sono preponderanti sugli altri.

Per esempio si poteva implementare un comando per la schivata rapida, che sarebbe risultata molto utile in certi frangenti. Ad ogni modo, tutto gira fluidamente e poi sono buone la regia e le sequenze di gioco, soprattutto quella iniziale che introduce l’utente all’interno dell’avventura, gli effetti particellari e quelli di luce e ombra. Allo stesso modo piace il comparto sonoro, che non brilla per originalità, ma risulta funzionale, e pertanto valido, alle varie situazioni di gioco, sia per quanto riguarda gli effetti audio che le musiche.

COMMENTO FINALE

Metal Gear Survive non è Metal Gear Solid, né vuole esserlo: tenetelo bene a mente se volete prendere seriamente in considerazione questo gioco. Provatelo, valutatelo come abbiamo fatto noi guardandolo come un prodotto a se stante.

E solo allora decidete se merita o no la vostra attenzione. Il titolo di Konami porta infatti solo parte del nome del franchise, ma per il resto è un prodotto completamente differente, uno spin-off incentrato su meccanismi da survival open world, forse un po’ ripetitivi, ma che se decontestualizzato dal “marchio”, non è male, nonostante non sia né originale, né un capolavoro.

 

Pregi

Meccaniche di gioco da survival puro. Livello di difficoltà tarato verso l’alto. Gran quantità di oggetti e strumenti di difesa. Modalità cooperativa divertente…

Difetti

…ma che offre poche varianti allo schema principale Modalità singolo giocatore che alla lunga potrebbe risultare ripetitiva. Le microtransazioni. La connessione Internet obbligatoria per giocare, anche in single-player.

Voto

7,5

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