Mass Effect, Speciale Parte II
Celebriamo i dieci anni della trilogia fantascientifica di BioWare
Nella prima parte di questo speciale abbiamo parlato di come, il viaggio iniziato dieci anni fa, sia arrivato a termine e non certo tra le stelle di un firmamento di assoluti successi. Mass Effect: Andromeda non ha scritto un bell’epilogo per la serie, ma questa è un’altra storia. Ad onor del vero Mass Effect è, prima di ogni altra cosa, una trilogia di videogiochi di ruolo d’azione, in terza persona, iniziata nel 2007 sotto forma di esclusiva per Xbox 360. Tale esclusività era solo temporale, per fortuna, perché mesi dopo arrivò anche su Pc Windows e qualche anno più tardi anche su PS3.
Al di là del discutibile epilogo di Mass Effect 3, su cui qualcuno parla ancora oggi dopo tanti anni, resta indubbio che questa trilogia abbia segnato profondamente il genere di un certo tipo di videogiochi di ruolo d’azione. Viene davvero difficile non misurare la validità di un gioco postumo, senza confrontarlo con gli standard qualitativi fissati da questa trilogia. Ancora oggi, tra Mars: War Logs, The Technomancer, lo stesso Andromeda o il “soulslike” The Sourge, i posteri faticano a convincere le masse, faticano a surclassare in qualità la trilogia di Mass Effect.
TANTO TEMPO FA IN UNA, GALASSIA VICINA VICINA
Mass Effect è il risultato di uno sviluppo di quattro, intensi, anni. Il team che aveva realizzato qualche tempo prima Jade Empire e Star Wars: Knights of the Old Republic stava realizzando quello che è, di fatto, un videogioco di ruolo d’azione, in terza persona, fantascientifico e originale. Niente licenze quali Star Wars o simili, ma un gioco che non appartenga a nessuno oltre che a quella BioWare capitanata (fino al 2014) da Casey Hudson. Il primo elemento di distacco rispetto a lavori quali Jade Empire e Star Wars, riguarda la gestione dei combattimenti che non sono più risolti rispettando le classiche regole da “gioco da tavolo”, quindi con turni e azioni da compiere. Tutto si svolge in tempo reale, pur mantenendo la pausa tattica che possa servire, al giocatore, per impartire ordini specifici ai classici due compagni di squadra che affiancano il protagonista.
Prima di spendere qualche parola sul protagonista, vogliamo soffermarci sull’ambientazione: la nostra galassia, la Via Lattea. I visionari sceneggiatori di BioWare immaginano che in seguito a scoperte archeologiche su Marte e all’attivazione di quello che viene definito “portale galattico” nei pressi di Caronte, satellite di Plutone, l’Umanità riesca a raggiungere i punti più lontani della galassia in pochi momenti, grazie alla possibilità di viaggiare più veloci della luce. Questa possibilità di viaggiare oltre la velocità della luce viene definita “effetto massa”, Mass Effect, che è il nome che battezza tutta la serie di videogiochi.
La Vita Lattea, dunque, è il teatro degli avvenimenti che vedono il Comandante Shepard e la sua astronave, una fregata dell’Alleanza Umana di nome Normandy, gli assoluti protagonisti. La minaccia a cui si deve far fronte si chiama Razziatori, una specie di bio-macchine che si risveglia quando le civiltà galattiche raggiungono il loro massimo apice tecnologico, per assorbirle e conseguentemente sterminarle senza risparmiarne alcuna.
EFFETTO MASSA
Il primo Mass Effect introduce il giocatore in questa Via Lattea che ha del prodigioso. Ha una storia politica e tecnologica plausibile, plurisecolare, offre un caleidoscopio di razze, civiltà e culture diverse tra loro, suggerisce che l’Umanità si sia riunita in un’unica, grande, Alleanza che non tiene più conto di etnia, religione e colore della pelle. Una volta che i confini dell’Uomo diventano quelli della galassia stessa, per sopravvivere viene meno il concetto di “nazioni” o confini di stato ed emerge il concetto di “abitanti dello stesso pianeta”, prima e “della stessa galassia” dopo, di fronte ad una minaccia che non interessa solo il pianeta Terra ma tutto quanto.
Tra fantapolitica, intrighi, misteri, terrorismo, spionaggio, piccole e grandi battaglie ce n’è abbastanza per poter dire che Mass Effect riesce pienamente a convincere, sebbene non sia esente da difetti. Essendo un videogioco di ruolo che fa da pioniere ad una nuova serie e un nuovo tipo di intendere questi videogiochi, porta con sé una lentezza d’evoluzione di trama che si trascina per la prima dozzina di ore. Doverosa, riteniamo, per introdurre bene il tutto con la ricerca di un compromesso tra “spiegoni” interminabili via dialogo tra personaggi e scene di intermezzo. Fatto il doveroso “giro di boa” gli eventi precipitano, i ritmi si innalzano e la tensione cresce di ora in ora fino a culminare con la battaglia conclusiva. Da qui ad un finale aperto che suggerisce un possibile seguito il passo è breve.
Moltissimi sforzi tecnici, da parte degli sviluppatori, sono stati compiuti per integrare all’Unreal Engine di terza generazione (il motore di gioco che pulsa sotto le texture dei tre Mass Effect) tutta una serie di utilità che avrebbero migliorato l’esperienza complessiva. Quelli che saltano di più agli occhi di chi gioca sono sicuramente gli sforzi atti a rendere i dialoghi tra i personaggi molto dettagliati, con una sincronia labiale che, prima del 2007, non ricordiamo di aver visto, non così sopraffina. Anche le espressioni dei volti, dieci anni fa, facevano davvero impressione: erano convincenti e – affiancate ad un discreto doppiaggio – facevano la loro parte per coinvolgere il giocatore-spettatore.
Il punto di debolezza più grande, del primo Mass Effect, resta (a parere di molti) il versante esplorativo di certi pianeti o asteroidi. Nel tentativo di rendere più vario l’intermezzo tra una missione principale e l’altra, BioWare introdusse la possibilità di atterrare su determinate superfici planetarie (non tutte) e di esplorarle in larga parte grazie al Mako, un mezzo di locomozione a sei ruote motrici. Tale aspetto viene, giustamente, messo da parte dal secondo episodio in poi, per dedicare maggiori sforzi a quanto viene apprezzato di più dal pubblico: narrazione, sviluppo dei personaggi, azione.
LE MINACCE ALLA VIA LATTEA AUMENTANO
Lungi da noi rivelare dettagli di trama fondamentali, scottanti o anche solo interessanti. Qui possiamo dire che Mass Effect 2 segue, cronologicamente, gli eventi giocati nel primo ma con un paio di aggravanti: Shepard risulta distante dall’Alleanza e vicino ad una nuova minaccia che supporta quella dei Razziatori conosciuti nel prequel. La nuova minaccia sono i Collettori e sembra che abbiano puntato l’attenzione, eccezionalmente, sulla razza umana piuttosto che su tutte le altre.
Mass Effect 2 mette subito da parte le velleità esplorative appena accennate (e anche male) dal prequel e si presenta come un gioco di ruolo in terza persona dal taglio decisamente action, in cui la fa da padrone la fase di sparatutto sopra a tutte le altre. Non mancano affatto i momenti di calma, le fasi di indagine, i dialoghi con una nuova squadra di alleati che è tutta da scoprire e tutta in fase di evoluzione. Nessuno, Shepard incluso, risulta piatto o prevedibile. Tutti i personaggi sono a tutto tondo e tutti da scoprire, anche grazie a missioni secondarie che ne svelano anche i segreti più reconditi. Il lavoro svolto dagli scrittori per incollarci allo schermo ha del prodigioso, mentre certe personalità vengono marchiate a fuoco nella nostra memoria: Thane Krios, Samara, Jack, Kasumi Gotho, Legion, prendono posto, si fanno spazio tra le maglie della vecchia squadra e conquistano anche dei posti d’onore nel cuore di chi gioca.
Approfondire le storie dei nuovi personaggi (ma anche di quelli già conosciuti) “trasforma” Mass Effect 2 in un gioco multiforme, sfaccettato, un mosaico di tanti piccoli tasselli che – guardati a distanza – formano un bellissimo colpo d’occhio. Ci viene in mente la missione di infiltrazione di Kasumi Gotho, o quella di Thane Krios, giusto per fare un paio di esempi. Anche quelle di Tali e Garrus non sono affatto da sottovalutare, e che dire del dissidio doloroso di Samara? Non vogliamo scrivere altro, per il rischio di rivelarvi troppo.
Come ogni secondo capitolo di ogni trilogia, Mass Effect 2, preso singolarmente, appare come un gioco senza capo né coda. Tuttavia vogliamo fare un plauso agli sviluppatori, capaci in ogni caso di introdurre una trama già avviata con maestria e di interromperla senza eccessive forzature. Viene da sé che la minaccia dei Razziatori, sullo sfondo, resta ed è pesante la sensazione che “è vinta la battaglia ma la guerra non sia ancora finita”. Tutto ci spinge a sapere come andrà a finire. E vista la qualità straordinaria raggiunta da Mass Effect 2, è naturale aspettarsi di più da Mass Effect 3.
IL KOLOSSAL DI BIOWARE
Tre milioni e mezzo di copie vendute al lancio, oltre sei milioni di copie vendute ad oggi, un finale da far venire la schizofrenia ai più esigenti ed un’impalcatura monumentale fanno di Mass Effect 3, a nostro modesto parere, l’ultimo e autentico kolossal di BioWare. Un autentico capolavoro, nel senso letterale del termine, la summa di una trilogia videoludica che fin dalle prime battute ci sussurra che stiamo giocando qualcosa che ha scritto la storia del nostro passatempo preferito.
Mass Effect 3 riporta Shepard, la sua ciurma faticosamente ricostruita in Mass Effect 2 e la Fregata dell’Alleanza, la Normandy SR-2 sulla Terra e – come di consueto – in giro per la Via Lattea a mettere i bastoni tra le ruote (prima) e un clamoroso punto finale alla minaccia dei Razziatori. Riguardo al punto finale, negli ultimi cinque anni, si sono spesi fiumi di parole, perché a fronte di una storia epica, di un’epopea indimenticabile, in parole molto semplici, non si è assistito ad una degna fine. L’amarezza percepita dai più irriducibili ammiratori di Mass Effect è ancora tanta, a distanza di anni, tuttavia tutti concordano nel dire che – finale a parte – l’intera trilogia è semplicemente imperdibile.
Tecnicamente parlando, Mass Effect 3 porta a saturazione cinque anni di sviluppo intenso, partiti dal primo Mass Effect e mai più interrotti, visto l’arrivo di Mass Effect 2 nel 2010 e del terzo il 6 marzo 2012. Graficamente davvero ineccepibile, affiancato da una colonna sonora capace di toccare le corde più profonde dei giocatori più sensibili, un doppiaggio – tutto sommato – convincente e un gameplay sempre più raffinato, frutto di cinque anni di evoluzione e mai peggiorato.
Pensavamo di aver visto tutto, con Mass Effect 2, invece nel capitolo finale assistiamo ad evoluzioni di personaggi insospettabili, colpi di scena degni di un film o un libro eccezionale e una battaglia galattica degna di Star Wars ma che ammicca ad una letteratura prettamente Fantasy: l’ultima grande, disperata alleanza fra tutte le razze del creato stellare. Alla fine di questa epopea, il giocatore fatica ad accettare il fatto che un’opera così bella sia anche giunta al termine. La premessa per un sequel che partisse da questo standard faceva ben sperare milioni di appassionati in tutto il mondo: Andromeda poteva (doveva) partire da quanto di buono e monumentale costruito in cinque anni dalla trilogia originale. Ma la storia è andata diversamente e di monumentale resta solo l’amarezza di non poter più godere di videogiochi di ruolo di fantascienza del valore indiscutibile come Mass Effect 3.
La trilogia originale di Mass Effect, quella con il Comandante Shepard come protagonista, resta imbattuta, insuperata e pietra miliare da cui parte lo standard a cui ogni titolo postumo deve guardare, per lasciare il segno. Non si può fare a meno di riconoscere a BioWare una certa maestria nell’aver consegnato, alla storia del videogioco, un così dettagliato, sfaccettato e colorato universo pulsante di mitologia, storia, vita, seppure virtuale. La Trilogia di Mass Effect sembra essere una sorta di pellegrinaggio per ogni videogiocatore appassionato di Fantascienza: da compiere almeno una volta nella vita. Non importa quando, perché chi vi scrive lo ha compiuto con un ritardo di cinque anni (dieci, considerando la pubblicazione del primo Mass Effect) e non sono invecchiati male, come tanti titoli della loro generazione.