Stellaris, Speciale sull’evoluzione del gioco

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Fin dalla sua uscita originale, il 9 maggio 2016, è stato chiaro che Stellaris avrebbe seguito l’esempio degli altri titoli che compongono la sempre più ricca “scuderia” di Paradox Interactive. Lungi, infatti, dall’essere delle mere esperienze usa-e-getta, titoli come Crusader Kings II ed Europa Universalis IV sono testimoni di una politica incentrata sempre di più sulla creazione di “piattaforme” il cui ciclo vitale può essere esteso in modo indefinito anche di diversi anni, grazie all’apporto costante di espansioni e dlc più o meno sontuosi.

È vero che tale modello di business si sta ormai imponendo in modo sempre più prepotente nel media videoludico in generale attraverso i generi più disparati, ma Paradox rimane tra le case più convinte sostenitrici di tali politiche: il suddetto Crusader Kings II, per esempio, continua ad essere fra i titoli più giocati dello studio ad oltre 5 anni dall’uscita originale, grazie ad un flusso costante di espansioni piccole e grandi.

È con una certa dose di aspettativa che viene accompagnato, dunque, ogni annuncio relativo a contenuti inediti in arrivo per Stellaris; se già il titolo firmato dal game designer Johan Andersson si è dimostrato, all’uscita, sufficientemente completo (e ne è prova la nostra recensione, più che positiva), fatta eccezione per una parte centrale della partita un po’ monotona, provare ad immaginare come potrebbe essere il gioco fra 3 o 4 anni fa salire un brivido lungo la schiena per le potenzialità ancora inespresse.

Ci sono tantissimi elementi che possono essere ancora espansi, rivisti e migliorati nello strategico di Paradox, che andremo a vedere più in là nel corso di questo speciale, ma nell’attesa di ulteriori annunci proviamo, adesso, a fare il punto della situazione attuale, in occasione della recentissima uscita dell’ultimo dlc Synthetic Dawn.

DALLE PIANTE AI LEVIATANI

Fin da subito, il team di sviluppo si distinse per l’approccio scelto al supporto post-lancio per il gioco, che viene trattato alla stregua di una semplice base di partenza per limare e perfezionare all’inverosimile la formula proposta.

Subito dopo l’uscita, infatti, sono stati subito lanciati diversi hotfix, mentre la prima patch maggiore arriva meno di un mese dopo la pubblicazione del titolo; l’aggiornamento viene intitolato Clarke, dal nome del celebre scrittore di fantascienza, e già il fatto che a delle “semplici” patch gratuite viene dato un nome proprio dovrebbe far capire l’attenzione posta dallo sviluppatore verso la propria opera. Lontano dall’essere solo delle semplici pezze correttive, le patch di Stellaris seguono pienamente i principi che negli ultimi anni hanno definito la filosofia delle software house in merito agli aggiornamenti gratuiti per i propri titoli, quindi nuove funzionalità e caratteristiche aggiuntive inedite, in maniera non dissimile da quanto avviene per il sempre più fiorente mercato mobile.

Già il secondo aggiornamento maggiore Asimov, giunto a brevissima distanza dal primo, introduce un’ampia gamma di modifiche e revisioni al sistema di diplomazia – che ancora dopo più di un anno rimane, ad onor del vero, uno dei punti critici del gioco – tra cui la possibilità di imbastire alleanze difensive e l’inaugurazione del sistema di “fiducia” tra razze, presente ancora oggi.

Il primo dlc reso disponibile qualche mese dopo il lancio è, in verità, un po’ una delusione. Il Plantoid Species Pack si limita infatti ad aggiungere nuovi fenotipi ed elementi estetici originali per creare razze di vegetali senzienti; un po’ poco, considerando che il cosiddetto “midgame”, ovvero la parte centrale della partita, continua ad essere una vera e propria croce di Stellaris. Passa ancora qualche altro mese, ed ecco arrivare un primo dlc un po’ più sostanzioso: Leviathans, accompagnato dalla quantomai necessaria patch maggiore 1.3 Heinlein, è il primo Story Pack (categoria cui fa parte anche l’ultimo arrivato Synthetic Dawn) disponibile per il download.

Tale nome designa, nei piani dello studio, un tipo di espansione intermedia, con contenuti troppo grandi da inserire in un update gratuito e al tempo stesso troppo piccoli per giustificare un prezzo eccessivo; Leviathans rappresenta un primo tentativo di rivitalizzare la struttura interna delle partite, proponendo non solo l’aggiunta di gigantesche e misteriose entità cosmiche conosciute come i Guardiani, ma anche alcune novità per quanto riguarda la gestione degli imperi caduti, che ora possono entrare in guerra fra loro trascinando con sé tutte le altre razze più giovani. Alcune caratteristiche aggiunte gratuitamente come i punti di raduno e la possibilità di esplorare automaticamente i settori completano un pacchetto che si mostra, in verità, complessivamente un po’ timido nei suoi propositi. Le aggiunte proposte dal game director Martin “Wiz” Anward sono benvenute ma poche in numero, e rimane altissimo il desiderio di ulteriori novità.

IL PIANETA IDEALE

Inizia dunque un lungo processo di sviluppo, destinato a durare diversi mesi e che porterà alla pubblicazione della prima espansione maggiore di Stellaris, ovvero Utopia, inframezzata da un’ulteriore patch (la 1.4 Kennedy, più focalizzata sulla correzione di bug e sul ribilanciamento che altro). Utopia rappresenta il culmine di un anno di lavoro, un dlc corposo ed enorme che va ad intervenire su quasi ogni aspetto del gioco relativo alla gestione politica ed etica del proprio impero.

Prima di tutto c’è l’aggiunta di una nuova risorsa, l’unità, da spendere su determinati alberi di “perk” chiamate tradizioni, che a loro volta andranno a sbloccare, una volta completati al massimo, degli speciali talenti di ascensione. Tale meccanismo segue gli stessi principi già visti in titoli che propongono una simile funzionalità, come Civilization V, con ogni tradizione che sblocca dei bonus specifici – in particolare se si completa al massimo il relativo albero – e i talenti di ascensione che forniscono mezzi inediti completamente rivoluzionari per la propria partita: un certo talento, per esempio, dà al giocatore la possibilità di costruire le cosiddette megastrutture (come le celebri Sfere di Dyson), che sono una parte concettualmente importantissima di questa espansione.

E poi, ancora, percorsi da seguire per la propria civiltà che possono portare alla trascendenza psionica, oppure alla padronanza della propria forma biologica tramite la manipolazione genetica; una precisa “perk” rende possibile ergersi a veri e propri difensori della galassia contro le minacce di fine gioco, con relativi bonus militari e sociali. Le combinazioni e le possibilità previste sono davvero parecchie.

Utopia poi capitalizza al massimo su quella che, ormai, può essere considerata la vera forza di Stellaris, ovvero la possibilità di gestire nei minimi dettagli le politiche interne, e financo l’etica, del proprio impero: accanto ad un sistema di scelta della propria indole politica rifatto da zero – che ora non permette più strane combinazioni di principi sociologici incompatibili fra loro – troviamo la possibilità di assumere il controllo di specie-alveari (un po’ come gli Zerg di StarCraft), la presenza di nuovi strumenti per la gestione della popolazione, tra l’altro attuabili a seconda della specie, e una ridefinizione del ruolo delle fazioni politiche minori, ora latrici di gustosi bonus – a patto, ovviamente, che le si contenga nella loro influenza sulla gente.

IL FUTURO È D’ORO?

Lo stato del titolo, nel post-Utopia, è senza dubbio molto interessante, un vero e proprio trampolino di lancio per raggiungere una definizione e una completezza ancora lontane ma comunque auspicabili entro qualche anno e ulteriori contenuti aggiuntivi.

Ad oggi, Stellaris è un titolo assolutamente godibile, ancora più che al lancio. Sotto certi aspetti, per esempio per quanto riguarda la manipolazione socio-culturale della propria razza, è praticamente imbattuto dalla concorrenza, per profondità e incidenza delle scelte da compiere nella definizione dei propri principi etici, morali e politici. Eppure, non mancano le criticità, alcune davvero importanti, ancora da risolvere: i punti particolarmente dolorosi e immediatamente individuabili sono soprattutto due, ovvero la parte diplomatica e quella militare.

Sembrerà strano che un titolo che poggia tanto sul gameplay emergente e sui rapporti instaurati fra decine di razze diverse possa avere una tale mancanza, eppure il lato diplomatico di Stellaris lascia incredibilmente a desiderare: i trattati che è possibile stipulare con i propri vicini sono pochi in numero e risibili per importanza, la meccanica basata sulla “fiducia” che gestisce i rapporti fra civiltà continua a non essere adatta per simulare pienamente delle vicissitudini politiche realistiche, e il sistema in generale presta spesso e volentieri il fianco a numerosi problemi di bilanciamento e mancato realismo; non è infrequente, per esempio, che nelle fasi finali di una partita si creino spesso dei blocchi di potere composti da più federazioni pacifiste, e la cosa – oltre ad essere ben poco realistica – conduce anche alla perdita di qualunque attività militare, e conseguentemente di sfida e interesse da parte del giocatore.

Proprio l’attività militare rappresenta la seconda, gravissima mancanza del gioco; sebbene sia senza dubbio vero che i titoli Paradox non si siano mai distinti particolarmente per la profondità nella gestione dei propri eserciti, in Stellaris la situazione è particolarmente desolante, affossata com’è da una costante semplicità di fondo che rende noiose anche le azioni militari teoricamente più epiche e maestose.

Le guerre sono degli affari monotoni e stantii, dato che a vincere è quasi sempre la fazione con più navi indipendentemente dal livello tecnologico, e a ciò si aggiungono l’impossibilità di impartire delle vere e proprie strategie di battaglia, a parte designare un ammiraglio con dei bonus piuttosto risibili, e la mancanza di strumenti per la personalizzazione delle proprie armate, un po’ come avviene nella serie Galactic Civilizations.

CONCLUSIONI

Si tratta di questioni che difficilmente possono venire risolte da semplici patch, le quali possono andare ad incidere solo parzialmente sulle funzionalità di gioco; probabilmente, o almeno così si spera, tali elementi verranno affrontati più di petto da Paradox in una futura espansione maggiore dello stesso tipo di Utopia, che magari potrebbe anche occuparsi di introdurre novità di cui, ad oggi, si sente la mancanza, come lo spionaggio – che allo stato attuale è completamente assente. Data comunque la presenza di parecchie modifiche amatoriali – disponibili comodamente tramite lo Steam Workshop – che intervengono su aspetti piccoli e grandi del titolo, al giorno d’oggi (e a più di un anno e mezzo dall’uscita originale) ci possiamo sentire pienamente in grado di riconfermare Stellaris come un titolo di tutto rispetto per chi ama il genere o per chi è interessato a provare un “grand strategy” diverso dal solito.