Il 15 novembre 2016, su queste stesse pagine, tessevamo le lodi per uno dei sequel di giochi stealth in prima persona più brillanti che ci sia mai capitato di giocare: Dishonored 2. A quasi un anno di distanza, per merito di Dishonored: La Morte dell’Esterno, torniamo a parlare di Karnaca “il Gioiello del Sud”, l’isola in cui abbiamo passato le ore più affascinanti del secondo capitolo sviluppato da Arkane Studios.
Dopo i fasti di Dishonored 2 e dopo aver messo tutti d’accordo sull’eccezionalità del nuovo Prey, ecco arrivare uno spin-off che non ha bisogno di essere installato insieme al gioco di base per essere goduto. Stand-alone, quindi, che possiamo giocare su PS4, Xbox One e Pc. Versione, quest’ultima, che è anche oggetto della nostra recensione.
IL GIOIELLO CHE NON PERDE LO SMALTO
Uno dei più grandi pregi di Dishonored 2, che comunque seguiva la scia del prequel, era proprio la città che era teatro di tutte (o quasi) le avventure di Emily e Corvo: Karnaca. Ispirata da scorci e città spagnole, italiane e cubane, la fantasiosa città concepita da Arkhane Studios pulsa di vita, è piena di diari, giornali e cittadini che parlano per lei, le danno spessore, profondità e carattere. Molto raramente ci siamo sentiti parte del mondo che ci circorda e pochi titoli da noi provati ci hanno fatto sentire realmente lì ad influenzare l’ambiente che ci circonda: tra questi, indubbiamente, Dishonored 2 e Dishonored: La Morte dell’Esterno.
L’espansione e spin-off della saga di Dishonored è sviluppata mantenendo le tecnologie che hanno dato vita al secondo capitolo: stesso motore grafico quindi, pressoché stessi modelli poligonali, texture e ambientazioni. A cambiare, certamente, è il protagonista che ha un carattere decisamente diverso da Corvo ed Emily, motivazioni differenti ed un’evoluzione che – chi ha giocato fin da Dishonored 2 – avverte e, secondo il nostro parere, non può che apprezzare. Buone anche le musiche e gli effetti sonori, che indicano un lavoro non certo più approssimativo di quello svolto sul capitolo principale. Tutte le dovute attenzioni sono state date anche questa “piccola” espansione, con un occhio di riguardo a quello che ad Arkhane Studios riesce meglio: raccontare la trama tramite ambiente, dialoghi fuori campo, indizi scritti.
LA VENDETTA DI DAUD E BILLIE
Senza rovinare troppo di una trama che, secondo chi vi scrive, è eccezionalmente ben scritta e con ben poche lacune, qui basti sapere che dopo gli eventi di Dishonored 2, il capitano della Dreadful Wale, Maegan Foster si rivela essere Bille Lurk, infame cospirazionista che fu addestrata dal Pugnale di Dunwall in persona. In Dishonored: La Morte dell’Esterno, Billie all’inizio si mette sulle tracce di Daud, suo mentore, poi su quelle dell’Esterno perché è considerato più una minaccia che una risorsa e quindi bisogna porre fine alla sua esistenza.
Per motivi che non stiamo qui a rivelarvi, Billie ottiene dall’Esterno alcuni poteri che le conferiscono capacità soprannaturali, indispensabili per portare al termine degli incarichi. Questi poteri sono Somiglianza, Preveggenza e Dislocazione. La prima permette a Billie di prendere le sembianze di un malcapitato finito troppo vicino e poi stordito, dura alcuni secondi e permette alla protagonista di passare indisturbata per delle vie altrimenti inaccessibili.
Preveggenza rende Billie uno spettro che si muove in un piano diverso da quello normale (qualcuno ha detto Soul Reaver o Darksiders?), si può muovere liberamente, indisturbata e può così vedere la posizione dei nemici – anche attraverso le pareti – vedere fino a quanto si spinge il loro sguardo e scovare la posizione di amuleti e collezionabili, sempre utili a potenziare le capacità attive o passive.
Dislocazione, infine, è il classico teletrasporto ma questa volta è in due fasi: la prima serve a posizionare una sagoma nel punto esatto di arrivo, la seconda è quella vera e propria di trasporto verso quella sagoma.
SEMPLIFICATO MA NON PIU’ FACILE
Dishonored: La Morte dell’Esterno intrattiene per una decina di ore (volendo completare tutte le missioni e raccogliere tutto quello che c’è) e lo fa al modo in cui lo fece Dishonored 2 un anno fa, cioè con un occhio di riguardo alla modalità stealth e all’approccio furtivo, pur non vietando al giocatore la possibilità di mettere mano alla spada e affettare tutto e tutti. In Dishonored: La Morte dell’Esterno non esiste il concetto di livello di caos, quindi se uccidiamo una persona di troppo non ne piangiamo eccessivamente le conseguenze finali.
Non si perde nemmeno tanta energia spirituale, il “mana” che serve per attivare o incanalare i poteri, perché se non lo si usa si rigenera lentamente permettendo di reiterare molte volte la stessa azione o provarne di nuove.
In linea generale, dunque, si può parlare di una complessiva semplificazione del tutto, concedendo al giocatore meno pressione e più possibilità di sperimentare con tutti gli elementi del gameplay, senza punirlo eccessivamente. Questo non significa che Dishonored: La Morte dell’Esterno sia più facile in senso assoluto, ma alcuni suoi aspetti ne hanno semplificato e snellito le meccaniche e questo non è totalmente un difetto.
COMMENTO FINALE
Dishonored: La Morte dell’Esterno è uno spin-off, cioè un capitolo della saga di Dishonored che vanta (oltre ai due capitoli ufficiali) il corposo Dlc Il Pugnale di Dunwall, a cui La Morte dell’Esterno è legato a doppio filo. Si tratta di un gioco in prima persona, spiccatamente votato all’infiltrazione e al sotterfugio, con protagonista Billie Lurk, il vero nome che si cela dietro quella Maegan Foster che ci accompagna per gran parte di Dishonored 2.
Billie ritrova Daud e insieme vogliono mettere fine all’esistenza dell’Esterno, l’entità soprannaturale che da super-poter a Corvo, Emily, Daud ed infine alla stessa Billie, per motivi che abbiamo solo il piacere di farvi scoprire. Grazie alle nuove capacità, Billie ottiene la facoltà di mutarsi in un’altra persona, di assumere sembianze spettrali per vagare indisturbata e indagare nei dintorni, di teletrasportarsi – anche all’interno del corpo altrui – facendo diventare una pratica di spostamento un modo raccapricciante e doloroso di porre fine all’altrui esistenza.
Karnaca è l’ambientazione in cui si svolge quasi per intero La Morte dell’Esterno e non ha perso affatto lo smalto che ha acquistato in Dishonored 2, diventando – di fatto – un attore non protagonista della saga insieme alla cupa, ma non per questo meno affascinante, Dunwall. Tornano i dialoghi tra cittadini, i giornali, i diari e le annotazioni che svelano, al giocatore attento e paziente, fili di trame e sotto-trame, spiegano ambienti e comportamenti, motivano quasi tutto quello su cui si posa lo sguardo del giocatore, donando a tutto il gioco uno spessore che non sfigura – ribadiamo – di fronte all’eccelso Dishonored 2.
Ad un prezzo relativamente basso si ritorna a Karnaca per perdersi tra le sue strade per una decina di ore scarse, con un’attenzione alla qualità e all’ambientazione che non sono da meno alla libertà di esplorazione, di ingaggio e di espressione dei più disparati modi di giocare. Ferma resta la vocazione puramente Stealth del titolo, che in quel senso svolge un lavoro ben più egregio dell’affettare tutto quello che si muove.
Pregi
Non occorre Dishonored 2 per essere giocato. Bello come il secondo capitolo e con piccole e gradite novità. Protagonista a tutto tondo e in evoluzione. Ambientazione affascinante e trama narrata in maniera insolita ed efficace. Prezzo budget e rigiocabilissimo.
Difetti
Non a tutti piace un gioco senza scene di intermezzo "cinematografiche". Interamente in prima persona, in barba chi la soffre realmente e preferisce la telecamera alle spalle del protagonista. Più semplice e facilitato dei primi due capitoli.
Voto
8,5