Stellaris: Synthetic Dawn, Recensione Pc

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Cosa poteva mancare a Stellaris, un gioco che permetteva di poter creare qualunque tipo di civiltà futuribile immaginabile con la quale conquistare gli astri cosmici fino agli estremi confini della galassia? Se fino ad ora era stato possibile interpretare il ruolo di un potente impero interstellare – magari sulla falsa riga dell’Imperium dell’Uomo reso celebre dal wargame Warhammer 40.000 – oppure di un’alleanza di specie simile in tutto e per tutto alla Federazione Unita dei Pianeti di Star Trek, era mancata la capacità di assumere il comando di una vera coscienza sintetica, un connubio di intelligenze artificiali un po’ come i Geth di Mass Effect.

Fino a questo momento, infatti, Stellaris permetteva solo di avere tra i propri protagonisti imperi quasi esclusivamente organici, eccezion fatta per una delle “crisi” che segnano le fasi finali di una partita, oppure mediante cavilli burocratici grazie ai quali dare i pieni diritti di cittadini ai propri robot servitori.

Ebbene, gli sviluppatori di Paradox Interactive hanno pensato bene di porre una pezza su tale mancanza, confezionando un’espansione pesantemente incentrata sulla narrazione (il team di sviluppo li chiama “Story Pack”, ed uno di essi è già stato rilasciato: mi riferisco, ovviamente, al piuttosto scarno Leviathans), che darà ai giocatori modo di comandare una civiltà formata interamente da macchine, con tutte le regole inedite e le novità di gameplay che contraddistinguono questo tipo di approccio. Synthetic Dawn, questo il nome del nuovo dlc, non è però un’espansione maggiore come la felice Utopia, limitandosi ad innestare contenuti inediti mirati che forniscano una ventata di aria fresca al gioco, giunto ormai all’incirca al suo anno e mezzo di vita.

UNA NUOVA ALBA SINTETICA

Come già detto, Synthetic Dawn inserisce nel gioco la possibilità di comandare nazioni interstellari interamente sintetiche, le quali gestiranno i propri rapporti con gli altri imperi (organici o macchine anch’essi) in modo diverso a seconda delle proprie origini e delle proprie direttive – ma questo lo vedremo meglio in seguito.
Nel frattempo, la prima cosa da dire – che accomuna tutte le fazioni robotiche – è che tutti i loro personaggi, dai leader ai “pop” che abitano i pianeti, sono immortali e non hanno problemi relativi al loro grado di felicità, né formano fazioni politiche o necessitano di cibo (utilizzando al suo posto l’energia). In maniera simile a quanto avviene per le già presenti menti alveari, dunque, i robot di Synthetic Dawn propongono al giocatore uno stile di gameplay sufficientemente variegato e interessante rispetto all’esperienza di base, e per certi aspetti anche assai semplificato – la mancanza delle fazioni politiche interne rappresenta in questo senso un ottimo esempio, come pure l’assenza di obblighi relativi alla gestione della crescita alimentare, come già accennato.

Sono tre le “civic” – ovvero dei determinati caratteri con i quali è possibile personalizzare la propria razza – di gran lunga più importanti per le macchine, che permettono tre tipi di filosofie radicalmente diverse fra loro: la prima di esse si chiama Determined Exterminators, ovvero “sterminatori determinati”, e com’è facilmente presumibile denota una civiltà che, sulla scia di Skynet da Terminator, è votata interamente alla distruzione delle forme di vita organiche. Seguendo tale politica, le razze organiche sotto il proprio controllo verranno automaticamente sterminate, mentre la diplomazia sarà addirittura disattivata del tutto; chiaramente, si tratta del sentiero più pesantemente votato alla guerra e alla distruzione, il che non è certo un gran motivo di pregio data l’assoluta basilarità del sistema di combattimento di Stellaris.

Poi, abbiamo i Driven Assimilators (“assimilatori a tutti i costi”) che emulano i temuti Borg di Star Trek assimilando e integrando nella propria comunità tutti gli esseri organici che incontrano. All’atto pratico, le specie biologiche incontrate verranno, una volta conquistate, trasformate in cyborg, rendendo così il proprio impero una inquietante collezione di varietà ex-organiche. Naturalmente, anche questa strada è irta di pericoli, segnati dai rapporti difficilissimi con i propri vicini: l’IA che governa il gioco tende infatti a non amare affatto – e a ragion veduta – questo tipo di macchine.

Per ultima, abbiamo la civic forse più interessante di questo pacchetto: i Rogue Servitors sono veri e propri “servitori indipendenti” costruiti originariamente dai loro padroni organici che, sulle orme delle macchine protagoniste del film Pixar Wall-E, sono arrivate a sostituirsi ai loro signori in tutti gli aspetti più importanti della loro civilizzazione, diventandone de facto i veri leader. Ed infatti, una volta iniziata la partita, potremo subito vedere un approccio “misto” nella gestione della nostra popolazione, composta sia da macchine che da “bio-trofei” ovvero i nostri ex-dominatori.
Altre specie incontrate nel proprio cammino possono avere accordato questo tipo di cittadinanza mediante l’apposita opzione presente nel pannello di gestione delle specie; tale meccanica, apparentemente frustrante e sbilanciata dato che i bio-trofei non producono nulla se non una quantità esigua di unità, apre invece le porte ad elemento davvero interessante, che è il “morale dei servitori” – nulla di più e nulla di meno che la felicità dei robot. La loro prima direttiva è infatti la protezione degli organici, e più sono numerosi questi ultimi, maggiore sarà il morale del resto della popolazione, cosa che restituisce utili bonus di influenza e produzione. L’aspetto veramente interessante di questo tipo di civiltà è dunque la necessità di giostrare continuamente tra organici e sintetici, cosa che rappresenta forse la vera essenza filosofica di questo dlc narrativo.

CAMBI DI PROSPETTIVE

Una quarta possibilità ricca di fascino è altresì quella di creare una fazione personalizzata senza alcuna delle tre “civic” sopracitate: il risultato sarà un popolo sintetico ignaro delle proprie origini e adattabile a qualsiasi politica.
Indipendentemente dalle vedute morali della propria fazione robotica, però, tecnologie, anomalie ed eventi narrativi sono stati modificati e riscritti per adattarsi alla nuova prospettiva, evitando così un eccessivo effetto copia-incolla rispetto alle civiltà organiche, e lo stesso discorso vale anche per le perk dei sentieri di Ascensione, modificate nella forma ma non nella sostanza; al tempo stesso, però, mancano eventi davvero unici e particolari che interessino le intelligenze artificiali, fatta eccezione per l’occasionale malfunzionamento (e morte) di un personaggio; non c’era sicuramente da aspettarsi un cambio eccessivamente radicale di gameplay con Synthetic Dawn, ma è innegabile che Paradox avrebbe potuto fare qualcosa in più per rimarcare maggiormente le differenze tra i due tipi di specie. Molto gradite invece alcune aggiunte minori, come voci differenti per il proprio assistente a seconda della forma di governo prescelta.

La patch gratuita 1.8, arrivata insieme al pacchetto e denominata Čapek in onore dell’omonimo scrittore ceco di inizio 20esimo secolo, offre una certa gamma di cambiamenti, tra i più importanti dei quali segnaliamo una rielaborazione della crisi di fine gioco relativa alla possibile insurrezione delle macchine, ora denominata Contingenza, una rivisitazione delle modifiche genetiche – ora applicabili tramite modelli e template – e alcuni bilanciamenti relativi agli imperi caduti che decidono di riprendere in mano le redini della galassia: ora, dopo alcuni anni di attività essi potranno ritornare brevemente in uno stato di decadenza, cosa che permetterà ai loro sudditi e vassalli (incluso il giocatore, se ha avuto questa sfortuna) di ribellarsi. Tra i cambiamenti minori si segnala la solita, corposissima serie di bilanciamenti e raffinamenti, che tra le altre cose dovrebbero impedire un eccessivo utilizzo delle corvette da parte del computer.

COMMENTO FINALE

Synthetic Dawn è senza dubbio un’ottima aggiunta a Stellaris, ma più sul piano della narrazione e della varietà di gioco che su quello dei contenuti veri e propri, i quali lasciano a volte a desiderare.

Pur nella bontà dei nuovi modelli e dei testi inediti, infatti, vanno rimarcate mancanze come l’assenza di nuovi modelli di navi, città, stemmi e sfondi specifici per una vera civiltà sintetica, anche se è pur vero che per 10 euro non si poteva pretendere moltissimo. Rimangono anche alcuni dubbi sul bilanciamento effettivo degli imperi robotici, ma la sensazione è che essi verranno risolti con il trascorrere del tempo e con ulteriori aggiornamenti. Allo stato attuale, questo pacchetto di contenuti aggiuntivi, sebbene concettualmente affascinante, è consigliabile solo a chi è interessato a realizzare i propri sogni di conquista interstellare nei panni di emuli dei Borg o dei Geth, o a chi sente assolutamente il bisogno di novità in Stellaris. Per tutti gli altri, basteranno le aggiunte della patch gratuita Čapek.

 

Pregi

Nuove fazioni interamente sintetiche. Possibilità di gameplay inedite e concettualmente interessanti. Prezzo piuttosto contenuto.

Difetti

Alcuni problemi di bilanciamento. Rimangono immutati alcuni aspetti che necessiterebbero di essere rivisti. Gli sviluppatori potevano forse osare di più.

Voto

8