Get Even, ultimo sforzo creativo griffato The Farm 51 per Bandai Namco, avrebbe raggiunto le sponde PlayStation 4, Xbox One e Steam senza grandi clamori, apprezzatissimo da pochi palati fini e magari scoperto più avanti, tramite qualche saldo festivo.
Invece la storia ha voluto che i drammatici avvenimenti di Manchester dello scorso 22 maggio lo abbiano portato alla ribalta, ma solo per la spiacevole coincidenza che proprio nell’epilogo del gioco si narra di un attentato terroristico. Posticipato di un mese dal produttore Bandai Namco, in rispettoso ossequio alle vittime inglesi, e spostato al 23 giugno, per essere precisi, Get Even arrivava sugli scaffali fisici e virtuali dei migliori negozi con la sua storia da raccontare.
TRA VERITA’ E FINZIONE
Get Even gioca le sue carte narrative intorno a quel che è realtà per il protagonista e quello che, realtà, non è ma una sorta di esperienza onirica. Tutto inizia quanto l’agente Cole Black viene mandato in missione di salvataggio: deve recuperare un ostaggio che dei terroristi minacciano di far saltare in aria. Il prologo di tutto quello che dà il via alla storia si conclude tragicamente ma sembra che non tutto sia perduto.
Per motivi che non ci sogneremmo mai di dirvi ed anche per lasciarvi il piacere della scoperta, da quel tragico momento l’esistenza di Cole prenderà una strana – stranissima – piega che lo porterà a muovere passi nei corridoi di un manicomio. Fin dalle prime battute emergono due aspetti interessanti: un comparto grafico assolutamente discreto, senza fronzoli, senza acuti ed un espediente narrativo che viene portato a braccetto da una sensazione mista tra ansia e voglia di andare avanti che raramente ci è capitato di provare. Get Even procede nella sua narrazione da una prospettiva in prima persona gettando subito sul tavolo le carte: qui non si spara, non troppo almeno, ma si esplora, si cammina – spesso dovendosi infiltrare in ambienti difesi da nemici – si parla e si ascolta.
Non uno sparatutto come Call of Duty o Rainbow Six Siege, insomma, ma più un’avventura come Dear Esther, Firewatch e tanti altri esponenti di questo filone che spinge più sul fronte della storia da raccontare che sul numero di proiettili e di vittime da lasciarsi alle spalle. Altri indizi a nostra disposizione sono quelli relativi al periodo storico in cui ci muoviamo, che è quello contemporaneo, con tanto di minacce terroristiche, potenti lobby multinazionali e persone senza scrupoli con cui avere a che fare, che ingaggiano mercenari per metterci i bastoni tra le ruote.
FRA ARMI E SMARTPHONE
Get Even procede lentamente, i colpi di scena non mancano ma dimentichiamoci, lo ribadiamo, frenetiche corse contro il tempo, nugoli di nemici che “spuntano dalle pareti” e situazioni che richiedano i riflessi fulminei degli di un felino. A disposizione dei protagonisti (Cole Black non è l’unico che controlleremo), oltre ad un fucile che può sparare ad angolo, trova posto l’ormai inseparabile smartphone. Quello di Get Even ha forse il solo difetto di non preparare il caffè, perché per il resto – tra la possibilità di scansionare l’area, fare mappe satellitari del posto, illuminare con raggi infrarossi gli ambienti per scovare segreti e altre piccole chicche degne del migliore James Bond – diventa uno strumento a dir poco indispensabile per proseguire nella storia. Alla lontana (molto alla lontana) ci ha ricordato lo smartphone di Daylight, ma le vaghe analogie terminano solo al fatto che in entrambi i casi bisogna affidarsi al piccolo e potente strumento.
Quando si tratta di dar fuoco alle polveri, solitamente lo si fa per brevi sessioni, spesso in piena fase di infiltrazione, quindi con silenziatore o comunque facendo in modo di non allertare troppi nemici contemporaneamente. In queste situazioni, Get Even offre un’esperienza ordinaria, quasi piatta, come se ci chiamasse a svolgere una formalità senza mordente. Quel mordente che invece emerge quando dobbiamo stare con lo smarthphone in mano e ansimare mentre ci avviciniamo all’ennesima scoperta o rivelazione. Queste avvengono spesso tramite documenti da leggere, o scene in cui si resta in ascolto.
Una delle tante funzioni dello smartphone è quello di rielaborare i ricordi distorti in cui ci imbatteremo: si, avete letto bene, perché l’esperienza onirica di Get Even affonda nel tema del ricordo. Prepariamoci dunque a rivivere alcuni, a volte inquietanti, antefatti della vita di Cole Black: scene forti, situazioni dal forte impatto emotivo, episodi che spiegano perché Cole è fatto in un certo modo e perché fa quello che fa. L’espediente narrativo è ottimo, poco o per nulla esplorato dagli altri sviluppatori e per questo eleva l’ultima fatica di The Farm 51 ad un rango ben diverso da quello dei loro precedenti lavori.
VASO DI PANDORA MENTALE
Per ribadire il concetto che Get Even non sia uno sparatutto fatto e finito come – per esempio – un Call of Duty o un Rainbow Six, teniamo a precisare che le avventure di Cole Black gravitano in un manicomio misterioso ed inquietante (la qual cosa ci ha subito portato alla mente The Evil Within e Outlast) e ruotano intorno al già citato smartphone e ad un visore di realtà virtuale che gli viene dato da un personaggio di nome Red e che chiamano Pandora. Questo visore cerca di rimettere in ordine i fatti di cronaca passati alla storia nel drammatico prologo che ci vede protagonisti nostro malgrado e per farlo ha bisogno del contributo del nostro alter ego, che deve indossare il visore e rivivere scene forti per ricercare la verità. Ne consegue un intricato via vai di proiezioni mentali, ricordi sbiaditi, nuove scoperte, porte che prima non c’erano e poi appaiono, e tanto altro ancora: un autentico caleidoscopio di indagini apparentemente confuse e confusionarie che – lentamente – come tanti pezzi di uno strano mosaico, tornano a posto anche (e soprattutto) per merito del giocatore.
Get Even viene mosso da Unreal Engine, tecnologia alla base della stragrande maggioranza delle produzioni videoludiche degli ultimi lustri. Nel gioco di Bandai Namco e The Farm 51, come abbiamo tenuto a segnalare subito, non si riscontrano seccanti difetti di programmazione ma, al contrario, un buon lavoro di cesello. Le ambientazioni e soprattutto il comparto sonoro (con i brani firmati dal compositore Olivier Derivière già conosciuto per aver firmato le musiche di Remember Me ed Assassin’s Creed IV Freedom Cry) concorrono a fare quello che – di tanto in tanto – la mera grafica non fa: coinvolge e rapisce al punto giusto.
Visivamente, per quanto ben fatto sia, Get Even non riesce a stupire: ci è sembrato tutto al posto giusto senza eccessive mancanze di stile (veramente da ricordare sulle dita di una mano) ma niente “quid” in più che ci ha fatto gridare al miracolo, come avvenne anni fa per BioShock, giusto per citarne uno. Non un campione di stile, in altre parole, ma un campione di narrazione, quello si, indiscutibilmente.
COMMENTO FINALE
Get Even è uno strano, stranissimo gioco in prima persona, thriller tutto da scoprire, di pochissima azione e con fasi sparatutto itrascurabili, ma tanta narrazione ottimamente orchestrata e diversi puzzle “mentali”. Due personaggi in cerca d’autore (il giocatore) dal punto di vista dei quali si dipana una storia che, chi avrà la curiosità e la pazienza di portarla a termine, siamo quasi certi lascerà il segno. Tecnicamente senza infamia e poche lodi – specialmente sul comparto audio – Get Even di Farm 51 giunge quasi in sordina su PlayStation 4, Xbox One e Steam ma chiunque si imbatta in questo titolo difficilmente potrebbe passare oltre ad una storia intrigante e portatrice di tensione e volontà di sciogliere la matassa di intreccio narrativo ordita per noi dagli autori.
Graficamente non si presenta con tanti muscoli: tutto è al posto giusto e al momento giusto, ma senza acuti né tocchi di fino che ci hanno sorpreso. Quello che ci ha sorpreso, invece, è il gameplay fatto più di parole, esplorazione, scelte e ragionamento, piuttosto che di sparatorie senza senso. Giocare con la mente, con i salti temporali e con i bivi narrativi non è mai facile ma gli sforzi di Farm 51 sono encomiabili: Get Even funziona, intriga e tanto anche.
Va da sé che non essendo un esponente del genere di azione che sacrifica tutto il resto, potrebbe essere perfettamente evitabile da coloro che non vogliono mai abbassare la guardia e – soprattutto – sparare a tutto quello che si pone davanti.
Pregi
Storia originale e mai banale. Ritmi narrativi d’eccezione. Riesce a stimolare anche l’immaginazione. Non bisogna sparare a tutto quello che si muove ma soprattutto usare la testa e godersi la trama. Adrenalina e tensione non mancano.
Difetti
Astenersi cultori degli sparatutto. Tecnicamente discreto e senza troppi acuti. Non certo un campione d’azione. Trama ed epilogo lasciati a libera interpretazione.
Voto
7,5
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