God of War, conosciamo Atreus, il figlio di Kratos

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Tra le novità più importanti del nuovo God of War, la presenza di Atreus, il figlio di Kratos, è quella più evidente. Lo è stata fin dall’annuncio del gioco all’E3 dello scorso anno. Continua ad esserlo ovviamente anche ora, a pochi giorni dalla conclusione dell’E3 2017 che ha visto il venturo episodio della serie in arrivo su PS4 essere tra i titoli più attesi.

Cory Barlog, direttore dei lavori del gioco, ci parla più approfonditamente di Atreus che sarà a fianco del protagonista per tutta la durata dell’avventura. Dimentichiamo, quindi, gli dei dell’Olimpo perché Kratos che abita pacificamente (ma ve lo immaginate?) nel regno degli dei e dei mostri nordici.

Ma, come facile prevedere, non si tratterà di una tranquilla passeggiata nelle foreste innevate o attraverso paesaggi completamente diversi da quelli che siamo stati abituati a conoscere.

Il viaggio dei due protagonisti è stato definito dal PlayStation Blog un vero e proprio percorso emotivo oltre che fisico.

Atreus rappresenta la seconda esperienza di paternità per Kratos e per raggiungere la sua destinazione, in questo senso, lo spartano dovrà affrontare la propria rabbia e riscoprire la propria umanità. Al tempo stesso, il ragazzo dovrà comprendere il proprio destino e lasciarsi alle spalle la vulnerabilità di un bambino per imparare a diventare un dio.

Ecco le parole di Barlog sui personaggi principali del prossimo God of War dette durante l’E3. Ecco quindi le sei cose da conoscere:

1) Decidere l’aspetto di Atreus non è stato facile…

Una volta che Cory Barlog ha deciso l’argomento di base del gioco, la prima sfida è stata decidere quale sarebbe stato l’effettivo aspetto del rampollo di Kratos. Considerando l’immensa personalità del protagonista e il suo aspetto iconico, non è stato un compito facile…

“Inizialmente, ho cercato di descrivere ai nostri artisti ciò che Atreus avrebbe dovuto affrontare, e quello che aveva vissuto – ricorda Barlog – ho dato loro un’idea del mondo in cui si sarebbe trovato immerso, un mondo decisamente ostile. Ma non penso che questo abbia aiutato un granché il team a definire il personaggio”.

Allora, Barlog e il suo team hanno iniziato a mettere insieme delle immagini di riferimento, ma anche in questo caso, hanno continuato a fare fatica a immaginare Atreus.

“Ad un certo punto, ci siamo seduti e ci siamo detti: che aspetto avrebbe avuto Kratos a 10 anni? Proviamo a disegnarlo e scopriamo se c’è qualcosa di analogo da cui iniziare a lavorare. Ma neanche questo ha funzionato: sembrava strano e innaturale”.

2) L’aspetto di Atreus è basato su una persona reale

Il team ha continuato a tentare senza risultati, finché non è cominciato il casting. A quel punto, c’è stata l’illuminazione…

“Ci siamo imbattuti in Sunny Suljic e il suo provino si è dimostrato così fuori dal comune che mi sono ritrovato a pensare: ‘Cielo, questo ragazzino è incredibile!’. E la cosa folle era che aveva esattamente l’aspetto che avevo sempre immaginato per Atreus. Tutto è partito da lì. Le prime immagini successive alla scansione del suo viso si sono rivelate spettacolari, ancora prima che aggiungessimo i capelli. Ha questi enormi occhi azzurri e innocenti, ma allo stesso tempo sembra aver vissuto chissà quali esperienze. Era perfetto”.

3) Il rapporto tra Kratos e Atreus è stato definito in un racconto

Se decidere l’aspetto di Atreus è stato difficile, anche definire la sua personalità e le dinamiche del rapporto tra lui e suo padre non è stato semplice. L’idea iniziale è partita da un racconto che Barlog ha scritto all’inizio dello sviluppo, come base per gli sceneggiatori, Rich Cobert e Matt Sofos.

Era molto semplice, una breve descrizione di una battuta di caccia nei boschi effettuata da Kratos e Atreus, ma è servita a dare agli sceneggiatori un contesto fondamentale per trasformare l’idea di Barlog in realtà.

“Ho scritto quel racconto per il resto del team – ricorda Barlog – potevano leggerlo, visualizzarlo, fingere di essere lì. Potevano dire: Ah, ecco come è Kratos, adesso, e questo è suo figlio. Credo che quel breve racconto sia stato molto utile al team per calarsi nel giusto contesto”.

E infatti, quel breve racconto è diventato la base su cui è stato costruito il trailer di presentazione dell’E3 2016.

4) Definire Kratos come genitore ha richiesto tempo…

Dunque, che tipo di padre è Kratos? Dopotutto, stiamo parlando dell’uomo che ha strappato via la testa a Helios per farne una lanterna; insomma, non esattamente il tipo da abbracci e coccole.

“Definire il personaggio come padre non è stato facile – concorda Barlog – Kratos non è un tipo che parla molto. Penso che molti di noi abbiano padri che vengono da una generazione non molto loquace. Erano uomini di poche parole. Non significa che non si avesse un buon rapporto con loro, solo che non si chiacchierava molto, tutto qui”.

Ci è voluto del tempo perché il nuovo e più maturo Kratos prendesse forma ed i primi tentativi degli sceneggiatori non sempre hanno funzionato.

“Alcuni, nel team, hanno avuto molto da ridire riguardo ai nostri primi tentativi – ricorda Barlog – mi pare che una persona abbia addirittura detto che una delle prime versioni del gioco era deprimente, che Kratos era troppo duro con Atreus e che avevamo esagerato. Ma quel commento alla fine ci ha portati al momento magico della prima presentazione all’E3, quella in cui Kratos fa per urlare contro Atreus ma poi invece si ferma. È costretto a calmarsi, parlare a denti stretti e spiegare al figlio cosa ha sbagliato. Ed è vero; è un momento realistico. Non ci è venuto in mente subito, è nato dall’iniziale confronto con il resto del team”.

5) Come si insegna a un ragazzino a essere un dio?

Sono due gli ambiziosi archi narrativi che coesistono in God of War per PS4. Il primo cerca di raccontare il viaggio di un ragazzino che deve diventare un dio. Un compito difficile per qualsiasi sceneggiatore.

“Ebbene, Kratos non si trova tanto a insegnare ad Atreus come diventare un dio, ma piuttosto come evitare gli errori che ha fatto lui – spiega Barlog – Per Kratos, essere un dio è un peso e una malattia. Una malattia che ha trasmesso al figlio, e non vorrebbe che fosse così. Spesso, nei nostri figli rivediamo i nostri stessi errori, la parte peggiore di noi, amplificata. Ma Kratos odia essere un dio. E ora il suo unico desiderio è assicurarsi che i suoi errori non vengano ereditati e ripetuti. Del resto, ovviamente, deve anche assicurarsi che suo figlio sia in grado di cavarsela da solo, perché il mondo in cui vivono è tutt’altro che accogliente e amichevole…”.

6) E come si insegna a un dio a essere umano?

Allo stesso tempo, è compito di Atreus – sebbene forse non ne sia neppure consapevole – insegnare l’umanità a suo padre. E dunque, a chi è affidato il compito più arduo, alla fine?

“Ad Atreus! – risponde Barlog senza pensarci due volte – l’umanità di Kratos è chiusa in uno scrigno nelle profondità della sua anima. La strada per arrivarci è lunga e difficile. Ma, una volta che Kratos ci arriverà, rapportarsi a suo figlio sarà come andare in bicicletta. Lui sa come farlo, è solo che l’ha represso troppo a lungo”.