Dopo aver fatto un ottimo esordio su Pc ad inizio dello scorso anno, The Town of Light, opera d’esordio di LKA.it, è approdato nelle scorse ore su console PlayStation 4 ed Xbox One grazie al publisher Wired Productions.
Torniamo, quindi, a parlare di un tema non certo leggero come quello del trattamento dei malati di mente e dei manicomi grazie a questa avventura introspettiva, fatta di ricordi amari, amarissimi capace di far riflettere. La storia del gioco è ambientata nell’ex ospedale psichiatrico di Volterra, in provincia di Pisa (Toscana), un luogo che è realmente esistito e che è stato fondato nel lontano 1887. Tale struttura e è rimasto attiva fino al 1978, chiusa in seguito all’entrata in vigore dalla Legge “Basaglia” (numero 180 di quell’anno) che tra le altre cose regolamentò anche il trattamento sanitario obbligatorio e dispose la chiusura di tutti i manicomi.
Ecco il nostro racconto della versione PlayStation 4 di uno dei giochi più in vista dell’industria nostrana videoludica. Buona visione.
UN VIAGGIO TRA I RICORDI DELLA GIOVANE RENEE
Renèe è la giovanissima e sfortunata protagonista di The Town of Light. Si tratta di una ragazza che è stata ricoverata nel nosocomio di Volterra durante il periodo fascista, e più precisamente negli anni ’30 dello scorso secolo. Una struttura che nel corso del tempo crebbe al punto di ospitare oltre 5.000 internati. E per dare una minima idea della situazione, gli infermieri erano chiamati “guardie” con compiti di custodia e sorveglianza che spesso e volentieri sfociava in episodi di violenza e non solo fisica. Scopriremo, grazie al gioco, anche di un reparto chiamato delle “tranquille”… se non altro inquietante.
I manicomi, purtroppo e nella stragrande maggioranza dei casi, non risolvevano i problemi del malato ma anzi lo annientavano socialmente. Posti diventati spesso e volentieri luoghi di torture che i poveri disgraziati (perdonateci le parole anche ruvide) erano sottoposti a trattamenti disumani. Oltre a violenze fisiche anche sedazioni forzate ed elettroshock.
Bene, senza girarci in tondo, il giocatore farà un viaggio (a nostro avviso interessantissimo) attraverso dei flashback della protagonista Renèe. Possiamo definire il gioco come un’avventura horror psicologico dove effettivamente, l’unico orrore lo si percepisce attraverso le parole della ragazza ed i suoi ricordi ma anche attraverso a quello che riusciamo a scorgere da quello che rimane nel nosocomio di Volterra ricostruito per l’occasione grazie ad un lavoro certosino degli sviluppatori fiorentini di LKA.it attraverso l’Unity Engine.
The Town of Light non mette paura. Non vuole farlo. Ma ci fa pensare grazie alla narrazione di quelli che sono episodi comuni che accadevano in questi luoghi. Non ci sono mostri. L’unica mostruosità, semmai, sono alcune sfumature che si leggono e che servono per farci comprendere, probabilmente alla lontana, la reale situazione di poveri ospiti dei manicomi ai quali, ci sentiamo di far nostre queste parole, spesso e volentieri sarebbero bastate parole di conforto e dare loro fiducia, piuttosto che bastonate e sedativi che ne annientavano la personalità.
Come ci disse Luca Dalcò, figura chiave del team di sviluppo, sarà la realtà ad essere più dura rispetto alla fantasia fatta di zombie o creature impazzite frutto di esperimenti fantascientifici disastrosi.
The Town of Light può essere considerata una sorta di denuncia (postuma), fatta a videogioco, degli orrori quotidiani e nascosti di queste povere anime che trasmette angoscia attraverso questo lavoro.
Renèe è soltanto un esempio. Entrata in questo manicomio a soli 16 anni divorata dal senso di colpa indotto dalla sua sessualità prorompente che si scontra con una educazione repressiva e bigotta tipica degli anni ’30. La sua infanzia è davvero difficile per via dei numerosi contrasti. Lungo il nostro cammino che via via si farà sempre più chiaro attraverso la narrazione della protagonista che scopriremo intelligente, profonda ma dannatamente fragile.
GAMEPLAY “NARRATIVO”
Andiamo a parlare del gameplay del gioco. Non c’è tantissimo da dire ma è giusto parlarne. I giocatori si troveranno a Volterra, nei pressi dell’ospedale psichiatrico ormai abbandonato. Un rudere che conserva soltanto i ricordi, sbiaditi, ingialliti, scalfiti dal tempo, di quello che prima era un luogo cupo.
Attraverso l’iterazione con alcuni oggetti, il giocatore vivrà alcuni flashback che dipingeranno sempre più un quadro profondo ma dalle tinte tristissime. Non andiamo oltre con la trama, benché il gioco sia conosciuto ma chi non l’ha provato o chi vuole acquistarlo su PS4 potrà senza dubbio condurre le proprie “indagini” godendosi The Town of Light.
Sono tanti i dettagli meticolosamente realizzati. Troveremo tantissimi documenti (o illustrazioni) originali quando l’ospedale era attivo. I ruderi delle vecchie strumentazioni, dei letti e delle stanze ma anche degli arredamenti e delle attrezzature danno soltanto un’idea di quello che poteva essere la vita standard degli “ospiti”.
I ricordi di Renèe faranno il resto aggiungendo qua e la della “luce narrativa” in un grigiore angosciante fatto dei resti di un passato atroce che – ne siamo certi – potrebbero anche far venire le lacrime.
In termini di gameplay possiamo sintetizzare che la nostra avventura in prima persona sarà scandita dai ricordi ma anche dall’iterazione con alcuni oggetti per la risoluzione di alcuni puzzle ambientali. Una delle prime cose da fare sarà trovare la bambola di Renèe, Charlotte. Sarà possibile visionare tantissimi elementi dell’ambientazione. Gli oggetti che potremo usare saranno evidenziati dal cambio del cursore. Nostro compito è completare la storia ma anche riuscire a trovare tutte le pagine del lungo diario della protagonista.
GRAFICA E SONORO D’ATMOSFERA
The Town of Light ci mette davanti complessivamente ad un buon comparto grafico. Non all’ultimo grido ma si tratta di un lavoro artistico, ancor prima che tecnico, di impatto perché comunque fa egregiamente il suo dovere.
Il senso di desolazione è reso bene da ambientazioni decadenti ben realizzate. Troviamo qualche tentennamento dal punto di vista tecnico. Se gli effetti luce sono ben fatti, alcune texture sono altalenanti ed abbiamo trovato anche alcuni sporadici effetti pop-up soprattutto negli esterni nonché qualche episodio di compenetrazione. Inoltre, la consistenza di alcune parti della vegetazione non ci hanno convinto fino in fondo. Così come la velocità della telecamera che determinati movimenti risulta essere troppo rapida costringendoci più volte a girare attorno agli oggetti per poterli o visualizzare o usare.
Parliamo però di piccolezze ma fa parte del nostro compito. Il comparto grafico offre alcune scene di intermezzo ben realizzate soprattutto dal punto di vista artistico con disegni d’autore. Quando il gioco deve colpire lo fa soprattutto a livello artistico. Quest’ultimo riesce a sopperire ad alcune mancanze tecniche.
Il sonoro ci offre un buon doppiaggio nella nostra lingua ed una bella colonna sonora che fanno appieno il loro dovere. Nota di merito anche per gli effetti sonori che contribuiranno, assieme alle note ed al parlato a dare ulteriore tensione in alcuni momenti del gameplay.
COMMENTO FINALE
Concludendo, non possiamo che ribadire il nostro giudizio positivo per The Town of Light. Il lavoro di LKA.it è stato trasportato più che discretamente anche su PlayStation 4 (ed immaginiamo anche su Xbox One, ndr).
Il gioco ha il grande merito di sensibilizzare grazie ad un racconto verosimile su una situazione non certo leggera come quella dei malati di mente e del loro trattamento in passato. E’ un viaggio rievocativo fatto con eleganza narrativa e giusta sensibilità che a tratti fa anche commuovere. Chi vi scrive, inoltre, non avrebbe mai pensato di scrivere sulla legge Basaglia parlando di un videogioco.
La storia ed i contenuti, prima ancora del gameplay la fanno da padrona con la ricerca di questo e quel dettaglio che soddisferanno la nostra sete di conoscenza su questa storia proposta dagli sviluppatori italiani.
Non ci sono effetti speciali. Di nessun genere. Niente jumpscare ma la nuda e cruda realtà che spesso e volentieri – e non è un cliché – supera la fantasia.
Si, The Town of Light non è certamente un titolo adatto a chi ama l’azione sfrenata o a chi piace l’horror dai toni zombie o sovrannaturali. Non si cono armi, sparatorie o altro. The Town of Light ci fa riflettere, arrabbiare ed anche far venire il magone. A volte ci fa angosciare. E quando un gioco tocca queste corde ha sicuramente colpito. Non c’è nulla di sovrannaturale ma c’è tanto di genuino che colpisce al di la di una realizzazione tecnica buona ma che probabilmente sarebbe potuta essere ancora superiore.
Dove, però tecnicamente ci sono pecche veniali, artisticamente troviamo un signor lavoro con piccole perle sparse qua e la ad arricchire una storia ben narrata e strutturata che ci fa conoscere e voler bene Renèe. Il viaggio narrativo propone alcuni puzzle e tanta ricerca che ne variano la longevità. Esplorare i meandri desolati di questo manicomio sarà un’esperienza da non sottovalutare soprattutto come esperienza personale di valore.