Mass Effect: Andromeda, Recensione Pc
Decidiamo il destino dell'Umanità nel ruolo di Pathfinder
Annunciato nel 2015 in occasione dell’E3 di Los Angeles, Mass Effect: Andromeda era già in cantiere da almeno tre anni. Ci sarebbero voluti poco meno di altri due anni per arrivare sui monitor e sugli schermi degli appassionati ma, alla fine, l’ultima fatica di BioWare ha raggiunto Pc (su client Origin, di proprietà di Electronic Arts), PlayStation 4 e Xbox One.
Dopo i fasti – e i nefasti – delle avventure del capitano Shepard, rieccoci alle prese con Turian, Asari, Salarian, Krogan ed esseri umani, più una manciata di nuove creature. Il tutto, questa volta, è mosso dal motore grafico Frostbite, lo stesso che muove Battlefield 1 e le ultime pubblicazioni di Electronic Arts.
ALLA RICERCA DI UNA NUOVA CASA PER L’UMANITA’
In un periodo a cavallo tra il secondo ed il terzo Mass Effect, quando la paura per la perdita della Via Lattea diventava sempre più concreta a causa delle testimonianze del capitano Shepard, si realizzò la cosiddetta “iniziativa Andromeda”, un’ambiziosa missione di colonizzazione di una nuova galassia – Andromeda, per l’appunto – individuandone i pianeti più simili a quelli conosciuti e vivibili e mandando ventimila pionieri verso di essi, ibernandoli per 600 anni.
La premessa per scrivere una nuova epopea è molto grande, ma subito dopo questa ecco che gli stilemi narrativi di BioWare, sempre uguali a se stessi da oltre un decennio, tornano a bussare sulle meningi del giocatore: l’alter-ego di chi gioca diventa “l’eletto”, l’unica speranza per l’umanità e per tutte le razze che gravitano intorno ad essa. L’unico essere che è capace di portare la luce dove regna l’oscurità, l’unica persona che è in grado di abbattere nemici che nessuno, altrimenti, potrebbe, l’unica entità mossa da “quel qualcosa in più” che evitiamo di rilevare per non rovinare tutta la sorpresa.
Insomma, pur cambiando la premessa, davvero intrigante in partenza, il punto di arrivo è sempre quello a cui siamo abituati almeno dal 1998, da quel Baldur’s Gate che rese BioWare il colosso che è adesso, dopo aver bissato un successo dietro l’altro, almeno fino a Dragon Age: Origins, che di anni sulle spalle, ormai, ne porta quasi dieci.
UNO STRANO PICASSO
Mass Effect: Andromeda, esaminato in ogni sua parte, offre tante diverse sfaccettature che – purtroppo – faticano ad amalgamarsi tutte insieme perché rispondono ad uno schema di gioco che è fermo, come minimo, al 2012, anno in cui Mass Effect 3 fu pubblicato. Per chi non lo sapesse, stiamo parlando di un videogioco di ruolo d’azione che si gioca da una prospettiva in terza persona, nei panni di un ragazzo o di una ragazza.
Da un lato troviamo sessioni di dialogo più o meno lunghe, pressoché mutuate dal lontano predecessore e cesellate per meglio indicarci che tipo di risposta stiamo per dare al nostro interlocutore: un’icona ci suggerisce comodamente se stiamo rispondendo in maniera emotiva, professionale, confusionaria o logica. Completare i dialoghi determina che genere di personalità matura il nostro alter-ego e quali reazioni provoca ai comprimari tale attitudine. Tutta la fase di raccolta informazioni, dialoghi con personaggi secondari e terziari, si limita quasi sempre al Nexus (l’enorme stazione spaziale costruita ad immagine e somiglianza della cittadella) e alla Tempest, la nave degli esploratori, che cerca di prendere il posto della SR-Normandy nel cuore degli appassionati.
Le fasi esplorative e di combattimento di svolgono sui pianeti che andiamo ad esplorare nella galassia. In questi frangenti le chiacchiere stanno a zero o quasi e quel che più importa è guardarsi intorno, raccogliere informazioni su flora, fauna e materie prime, uccidere i soliti alieni che si oppongono al nostro ramingare per motivi che – almeno agli inizi – non ci appartengono e che – molte ore più avanti – non ci hanno lasciato del tutto convinti.
La scelta stilistica che ci ha fatto arricciare il naso più di ogni altra, è stata quella di mutuare il flagello (lo chiamano così anche qui) di Dragon Age: Inquisition, quel nuvolone verde che evocava mostruosità a colpi di fulmini e saette, anche in Mass Effect: Andromeda. Ma, attenzione, adesso il flagello è blu, non è verde, quindi dovrebbe farci dimenticare la somiglianza. Dovrebbe, senza riuscirci. Ad onor del vero, bisogna ammettere che i pianeti da esplorare sono realmente ben fatti e concepiti. Tutti diversi tra loro e ben caratterizzati, svolgono perfettamente la loro funzione di sfondo per eventi ed azioni, sono una vera gioia per gli occhi ma, al di là del bellissimo effetto visivo, ci sono sembrati poco pulsanti di vita e dinamici.
La fase di creazione del personaggio è semplice è veloce, le nostre scelte si riflettono sull’aspetto esteriore del padre dei protagonisti (due gemelli) e quel che abbiamo gradito di più, quando si sblocca la possibilità di andare a scegliere le abilità da sbloccare o potenziare, è l’assoluta libertà di poter spaziare dalle classi di combattimento a quelle “magiche” – che qui si definiscono “biotiche” – senza soluzione di continuità permettendo di sperimentare strani ibridi che dovrebbero accontentare praticamente ogni stile di gioco e giocatore.
DA FARE INVIDIA A GEARS OF WAR
Che si giochi con il joypad o con il binomio mouse e tastiera, Mass Effect: Andromeda, quando si tratta di imbracciare fucili o evocare spinte telecinetiche, mostra il meglio di sé. Già dalle prime battute abbiamo apprezzato la libertà movimento, azione ed esecuzione offerta, sebbene – lo ammettiamo – avremmo preferito la possibilità di correre al riparo, in copertura, con la pressione di un tasto, come ai vecchi tempi. Il cosiddetto “gunplay”, la sensazione di “fisicità” delle armi e dei loro effetti, ci è sembrata convincente fin da subito. La possibilità di usare il jetpack in dotazione per rapide schivate o alti e lenti salti è quel tocco in più, quella novità, che approfondisce ancora di più le gradite sparatorie affrontate fino a Mass Effect 3.
Anche la modalità multigiocatore online ci è sembrata convincente e ci ha ricordato moltissimo i fasti di Gears of War. Sarà stata la prospettiva in terza persona, la cooperazione per respingere ondate di nemici sempre più agguerriti e potenti, ma a tratti abbiamo avvertito un piacevole salto nel passato con la spettacolarità offerta dal presente e un dinamismo che a Gears of War è sempre mancato (almeno per chi vi scrive). Mass Effect non è mai stato famoso per la sua componente multiplayer, che sembra messa lì più per accontentare proprio tutti che altro, ma bisogna ammettere che non ci è sembrata totalmente campata per aria e il fatto di averla, in qualche modo, coinvolta nella modalità campagna solitaria non ci è sembrata un’idea malvagia. Ci chiediamo solo chi spenderebbe più tempo a sparare che a godersi un videogioco di ruolo fantascientifico tutto da scoprire.
UN CANTIERE TRISTEMENTE ANCORA APERTO
Non sono bastati cinque anni di intenso sviluppo e duecento persone a lavorarci sopra, per consegnare al pubblico il Mass Effect più ambizioso della storia di BioWare. Volendo mettere sul fuoco tanta di quella carne da poter rivaleggiare – come minimo – con i nuovi “campioni del genere” come The Witcher 3: Wild Hunt e le belle fatiche di Obsidian, la mancanza di un progetto organizzato si nota. Le parti che compongono Mass Effect: Andromeda sono troppo distaccate tra loro spezzando sempre il ritmo narrativo, di gioco e perdendo, impietosamente, il confronto con i grandi del genere.
Intendiamoci, Mass Effect Andromeda non è un brutto gioco ma ha tante di quelle lacune e mancanze di attenzioni che non ci permettono di gridare al nuovo miracolo del genere. Nel campo fantascientifico resta, di fatto, l’unica scelta valida e potrebbe non dispiacere a chi è abituato alla vecchia impostazione, tipicamente BioWare, del gioco in cui prima si parla, poi si mena, rigorosamente vietato farlo nello stesso posto. Impersonando, immancabilmente, l’ennesimo “Messia” che salva tutto e tutti solo perché “è lui e basta così”.
A tutto questo si aggiunge la palese incompletezza degli aspetti tecnici, su cui già si stanno prodigando gli sviluppatori. Nel momento in cui questa recensione viene pubblicata, moltissimi hanno già ultimato la storia di Mass Effect Andromeda, eppure solo nelle prossime settimane tantissimi aspetti tecnici saranno risolti e tanti elementi del gameplay cesellati e raffinati ulteriormente. Da qui nasce la difficoltà di dare un voto unitario alla fatica finale, perché al momento di essere stata pubblicata era, sostanzialmente appena sufficiente, ma pian piano tante toppe saranno messe, a migliorare l’esperienza complessiva.
Mass Effect: Andromeda, in definitiva, viene promosso, ma con moltissime riserve e tanto rammarico per quello che sarebbe potuto essere.
COMMENTO FINALE
Mass Effect: Andromeda è un videogioco di ruolo d’azione, in terza persona e di ambientazione fantascientifica, del tutto slegato dalla trilogia di Mass Effect ultimata nel 2012 dallo stesso studio di sviluppo: BioWare. Ricalcando fedelmente il tipo di impostazione di Dragon Age: Inquisition – che molti hanno apprezzato ma altrettanti non hanno gradito pienamente – alterna fasi di dialogo, gestione delle forze e gestione dell’equipaggio a fasi puramente d’azione e poco esplorative. In queste ultime, Mass Effect: Andromeda da il meglio di sé mostrando ambientazioni molto ispirate (sebbene fin troppo “figlie” di quell’Inquisition da cui si prende fin troppo spunto), statiche, ben disegnate ma poco pulsanti di vita. Le fasi di dialogo e narrazione, invece, sono costellate o flagellate da difetti nelle animazioni, buchi nella trama e toppe maldestre che non convincono più di tanto.
Le fasi di combattimento sono la parte più riuscita di tutta l’offerta. La gestione della squadra è pressoché assente – se non si tiene conto delle relazioni interpersonali da mandare avanti lontano dai pianeti – e questo da modo di dedicarsi parecchio al proprio alter-ego, che dispone di un discreto armamentario e tante abilità che, di certo, non annoiano mai e rendono il gameplay del combattimento vario, profondo, a tratti avvincente.
Per la sua natura palesemente incompleta oppure frettolosa, Mass Effect: Andromeda arriva sugli scaffali con un valore complessivo inferiore al prezzo richiesto per portarselo a casa. Gli sviluppatori si stanno prodigando per perfezionare, aggiustare e completare l’offerta e niente ci fa dubitare del fatto che tra qualche tempo, Andromeda, sarà un gioco diverso da quello che qualcuno ha già completato. La domanda che ci domandiamo è: “ha senso comprarlo, a prezzo pieno, adesso? Ne vale la pena?”. La risposta, su due piedi, è “certamente no”, tuttavia bisogna anche considerare che sono pochi i videogiochi a sfondo puramente fantascientifico con cui potersi divertire senza tornare a spolverare il terzo Mass Effect, che ormai ha cinque anni sulle spalle.
Mass Effect: Andromeda, così come è arrivato al grande pubblico, resta uno dei peggiori lavori di BioWare se non il peggiore sebbene gli sviluppatori siano già alla patch 1.05 che migliora qualche cosa come le tanto criticate espressioni facciali.
Pregi
Ambientazioni spettacolari ed evocative. Fasi di sparatutto da fare invidia alle vecchie glorie. Tante cose da fare e tanto tempo da dovergli dedicare. Supporto post produzione attivo...
Difetti
Ma gioco palesemente incompleto. Narrativamente debole e dimenticabile. Al di sotto degli standard di eccellenza imposti da altri e da gli stessi sviluppatori.
Voto
7,5