Dark Souls III, Recensione PlayStation 4
Dark Souls approdò su PlayStation 3 e Xbox 360 nel 2011, il seguito diretto, invece, nel 2014. Il terzo ed ultimo capitolo, Dark Souls III, oggetto di questa recensione postuma, è arrivato lo scorso 12 aprile mettendo quasi tutti d’accordo: la serie continua ad essere fenomenale.
In pochi sanno cosa sia King’s Field ma in tantissimi sanno certamente parlare di Dark Souls. Il primo era, di fatto, un Dark Souls in prima persona, sviluppato da From Software e pubblicato sulla prima PlayStation nel 1994. Dark Souls, invece, è stato il primo gioco sviluppato dal team giapponese e dopo Demon’s Souls, sdoganato soprattutto dalla folta schiera di YouTubers che ne hanno veicolato – soprattutto – i punti di forza facendolo divenire praticamente un fenomeno di “costume del videogioco”.
RIPORTARE LA LUCE NELL’OSCURO REAME DI LOTHRIC
Le premesse narrative di Dark Souls III, libere da spoiler e rivelazioni importanti, aderiscono ai canoni della serie: il mondo è piombato nell’oscurità e una fiamma di speranza – che è il giocatore – si aggira tra le regioni del regno per abbattere i custodi di questa distopia e di questo caos, per riportare luce e ordine al loro posto. Questo in parole estremamente povere. Chi sa di cosa si parla, sa perfettamente che le sfaccettature e le sfumature sono così tante che non basterebbe una recensione per spiegarle tutte e noi siamo ben lontani dal volervi spiegare per filo e per segno tutto quanto.
Lothric è il regno in cui il giocatore si aggira in Dark Souls III, da una prospettiva in terza persona (alla Tomb Raider, per intenderci) e in un ambiente tridimensionale. Le mappe di gioco non hanno una riproduzione cartacea o digitale, pertanto i nostri sensi dell’orientamento saranno costantemente messi a dura prova. Come se non bastasse, ad ogni tiro di sasso ci attendono mostruosità di ogni forma e provenienza, pronte ad abbatterci ed a banchettare con le nostre anime.
Parliamo al plurale, riguardo alle anime, perché il nostro alter-ego ne porta con sé centinaia, quando non migliaia. Le miete dalle vittime che raccoglie, dai frammenti di anima di avventurieri venuti prima di lui, sacrificando oggetti per avere anime in cambio. In altre parole le anime sono l’unica moneta di scambio, tanto per acquistare qualcosa quanto per pagare i servigi di un fabbro. Con le anime, inoltre, si potenzia sempre di più il nostro personaggio, accrescendone una delle tante caratteristiche che lo definiscono: forza, destrezza, resistenza e così via.
Lothric è difesa da tanti, potenti, guardiani, spesso grandi o giganteschi. Più sono grandi, di solito, più sono potenti, ma mai invincibili. Quasi tutti sono estremamente ben disegnati ed animati, e fanno in fretta a rimanere scolpiti nella mente di chi li affronta.
L’ISOLA FELICE DI OGNI AMMIRATORE
Chi ha già apprezzato i primi due Dark Souls, Demon’s Souls prima di loro e Bloodborne, ultimo titolo di From Software a precedere Dark Souls III, si sentirà a casa soprattutto perché troverà un gameplay del tutto simile a quello di Dark Souls II ma che non disdegna nemmeno quanto visto in azione su Bloodborne. La prima impressione che abbiamo avuto è stata quella di affrontare un titolo, tendenzialmente, più veloce, che ci chiama subito ad imparare – più che a parare o deviare i colpi – a schivare, esattamente come accadeva contro le strane bestie di Yharnam.
Quello che ci ha deluso parecchio è la gestione della “pesantezza” dei personaggi e, in generale, la pressoché totale bocciatura di un approccio spiccatamente “corazzato” al gioco. In altre parole chi, come chi vi scrive, prediligeva come primissima impostazione del personaggio, quella a base di pesante armatura, grosso scudo e armi lente ma potenti, si ritroverà tendenzialmente penalizzato da scelte di gameplay non proprio brillanti, come quella di non considerare la pesantezza del personaggio armato di tutto punto. Un esempio chiaro è quando due personaggi menano un fendente contemporaneamente: in passato quello più corazzato subiva il primo colpo ma non veniva ostacolato nel movimento, per merito della sua pesantezza, e riusciva comunque a portare a termine la mossa di scherma. In Dark Souls III se si viene colpiti prima, si viene interrotti, non importa quanti chili di metallo si portano addosso. Peccato.
A parte questo, tra decine di statistiche, descrizioni, dialoghi sibillini e scorci da lasciare a bocca aperta, Dark Souls III è sempre lì a mettere tutti d’accordo. La gestione delle magie ricorda molto Demon’s Souls, adesso si parla di “Focus Points” e non di “Mana”. Le fiaschette Estus sono di due tipi: quello classico che cura immediatamente e quello che, invece di restituire grandi somme di punti ferita in un sorso accelerano la rigenerazione.
I nemici, sempre molto vari e con differenti comportamenti, costringono ad aggiornare e ripensare alle strategie di frequente, tenendo sempre altissima la concentrazione, a livelli mai visti prima in un gioco From Software e questo non può che fare bene a chi, questo tipo di giochi, li apprezza.
COMMENTO FINALE
Dark Souls III è un gioco di ruolo d’azione dove per “giocare di ruolo” significa stare ore ed ore a costruirsi una macchina da guerra che rifletta il nostro stile e che possa, con la giusta alchimia di statistiche di base e migliorie apportate da armi ed equipaggiamenti, arrivare ai titoli di coda (quattro i finali possibili) nel migliore dei modi.
Chi vi scrive ha una concezione un po’ diversa di “giocare di ruolo” ma non è certo questa la sede per parlarne. E’ la sede per affermare che Dark Souls III declina alla perfezione il suo ruolo di terza installazione in una serie che non ha più bisogno di presentazioni e spiegazioni. Sdoganato già ai tempi del primo Dark Souls (2011), degno erede e nuova pietra miliare di quel Demon’s Souls datato 2009 che ha inventato un nuovo genere: i soulslike, di cui non solo i titoli griffati From Software ne sono esponenti (citiamo Lords of the Fallen e Salt & Sanctuary a titolo di esempio tra i tanti) ma certamente sono indubbiamente i campioni.
Dark Souls III non ha pretese di imporre nuovi standard né di alzare l’asticella della qualità, elevatissima, già piantata saldamente dal primo Dark Souls. Ha dalla sua interessanti novità, alcune mutuate da Dark Souls II, altre comprensibilmente prese da Bloodborne, come il premiare uno stile più evasivo e veloce sacrificando il lato “tank” delle possibilità di personalizzazione del personaggio. Sia chiaro: può ancora essere fatto, ma è ben lontano dall’essere l’impietoso carro armato visto in azione nel lontano 2011.
Un plauso va fatto alla conversione per Pc Windows, solo provata per metro di paragone con la versione PlayStation 4 – oggetto di questa recensione – che a differenza del clamoroso e raffazzonato porting del primo Dark Souls, si presenta benissimo e non ha incertezze tecniche. Se quelle c’erano, sono già state risolte in sede di patch, qualche mese fa.
Dark Souls III è imperdibile per tutti gli amanti di questo genere di videogiochi di ruolo d’azione, i soulslike, ma non è il migliore né perfetto da ogni lato lo si guardi. Chi non ha mai provato un soulslike e ne ha intenzione, potrebbe – e dovrebbe – partire da questo, indubbiamente studiato per non essere lanciato dalla finestra dopo due ore (come accadeva con Demon’s Souls e Dark Souls).
Pregi
Si distanzia da Dark Souls II e si fa più simile a Bloodborne e Dark Souls. Level design che ricorda piacevolmente Demon’s Souls. Boss sempre spettacolari e mai banali. Storia intrecciata con i titoli che lo hanno preceduto e che garantisce emozionanti rivelazioni. Non è un gioco per pochi eletti.
Difetti
I personaggi “tank” tutti muscoli, armatura e scudo hanno perso molto significato. Si premia di più uno stile aggressivo e di schivata, come se si giocasse a Bloodborne. Il level design di Dark Souls non si supera. Non è il migliore della serie.
Voto
8,5