Brian Gibson, conosciuto soprattutto come il bassista dei Lightning Bolt (Providence, Stati Uniti). La formazione basata sul duo bassista-batterista sarà ripresa da altri gruppi tra cui i Giraffes? Giraffes! e gli italianissimi “Zeus!”. Marc Flury, programmatore, designer e corrispondente radiofonico per la trasmissione This Is Hell di Chicago. Sono queste le due menti dietro Thumper, un titolo alquanto singolare in ogni componente che va a formarlo e che ha catturato l’attenzione di molti dalla sua primissima apparizione già ben 3 anni fa.
È definito dai suoi ideatori un “rhythm violence game”, un concetto difficile da capire davvero senza prima provare il gioco in sé. Potremmo descrivervi brevemente le linee generali del mondo concepito da questi due visionari grazie al DROOL engine e in cui saremo catapultati. E lo faremo, ma nel paragrafo successivo. Perché si tratta di una questione che merita il suo spazio. Ci teniamo a far presente che questa recensione è stata scritta mentre si ascoltava l’album Ride The Skies dei Lighting Bolt.
2016: ODISSEA NEL RITMO
Non ci è dato sapere la velocità a cui sfrecciamo in Thumper verso l’ignoto. E forse è meglio così, poiché è tale da deformare la normale prospettiva e a rendere le curve brusche uno scontro violentissimo contro barriere potenzialmente letali. Ci piace pensare, con un poco di fantasia, che Thumper possa anche essere la riproposizione in chiave videoludica delle battute finali di 2001: Odissea nello Spazio, ovvero quando l’astronauta sopravvissuto viene mollato nel vuoto e inizia a incedere sempre più velocemente. A un tratto, innanzi a suoi occhi, iniziano ad apparire forme, motivi e colori in un moto imprevedibile e caotico, bello e minaccioso. A pensarci bene a lui forse è andata meglio, poiché in Thumper solo il nostro insetto argenteo, dalle fattezze simili a una coccinella, è in grado di sopravvivere a ciò che lo attende. Distese di temibili spuntoni, curve brusche su cui non si può fare a meno di cozzare e stridere in maniera brutale tanto è la velocità di cui siamo prigionieri e altri ostacoli a cui solo la nostra corazza può far fronte.
Ma dove andiamo così di fretta? Non si sa. Ma ciò che si profila innanzi a noi ribolle di colori e moti incredibili, un palcoscenico su cui talvolta si profileranno concerti geometrici di forme frattali colorate più o meno morbide o appuntite, più o meno fredde o calde. Ma non c’è tempo per ammirare l’orizzonte, bisogna stare attenti. Chi ha concepito il nostro avatar, infatti, è apparentemente un appassionato della serie Konami in cui spunta un Re Artù protetto dalla sua armatura, pronto a perderla con un colpo e a perire con il secondo a patto di non riuscire a ottenerne un’altra. È proprio così che funziona Thumper.
Thumper è un rhythm game in cui non si profila il game over perché abbiamo perso il ritmo troppe volte di fila, ma perché siamo stati fisicamente distrutti dalla nostra mancanza di riflessi e dalla velocità oltre ogni immaginazione con cui ci siamo andati a schiantare inesorabilmente. Non esiste un compromesso dato dalla scelta della difficoltà, ma è possibile ricominciare dall’ultimo traguardo attraversato alla fine della sezione appena affrontata. Ve ne sono nove in Thumper, e ciascun livello conta circa una ventina di sezioni (a volte di più, a volte di meno). Il numero del livello non è casuale, ma determina la metrica musicale a cui dovremo sottostare e su cui la nostra stretta, strettissima pista di cui siamo prigionieri costruirà e distribuirà gli ostacoli.
Mettiamo subite le cose in chiaro, a costo di essere anche un po’ gelidi: se siete di quelli che fanno fatica ad affrontare i rhythm game tradizionali, lasciate stare. Thumper non va per il sottile, e dopo avervi fatto sentire un poco a vostro agio nelle prime battute inizierà a tempestarvi senza pietà.
SFRECCIARE NELL’IGNOTO E RACCONTARLO, UN’ANALISI
Abbiamo speso diverse parole ma non siamo ancora entrati nel vivo. Come abbiamo anticipato, in Thumper prenderemo il controllo di un insetto argenteo corazzato che sfreccerà ad una velocità incredibile. Il punto è ascoltare il tempo dato dalle percussioni in sottofondo e completare il tutto interagendo semplicemente con gli ostacoli che dovremo affrontare. Facendo tutto per bene, infatti, non solo risponderemo a quei suoni che anticipano, sempre rigorosamente a tempo, l’apparizione degli ostacoli che ci troveremo a breve fra i piedi, ma li riproporremo in maniera più fragorosa e, come detto dagli stessi autori, violenta.
Thumper aggiunge puntualmente una variabile fra quelle di nostra conoscenza, costringendoci ad adattarci. Dapprima sarà la meccanica base dell’interazione coi punti luminosi distribuiti sulla pista da noi percorsa, a cui seguiranno le curve brusche (non basta solo curvare, ma dovremo anche metterci in posizione di difesa), le brevi planate e via discorrendo. La fine di ogni sezione di un dato livello è chiaramente annunciata dall’attraversamento di un grosso anello, occasione in cui visualizzeremo il punteggio ottenuto e la votazione e, soprattutto, in cui potremo riacquistare la nostra corazza protettiva premendo il tasto “azione” nel momento esatto in cui varcheremo la soglia del checkpoint. Non possiamo esimerci dal precisare come lo spazio e le forme in Thumper siano puntualmente distorte dalla velocità smodata a cui staremo sfrecciando, rendendo l’affidamento nei confronti delle distanze precario. Ascoltare è sempre meglio, come è giusto che sia.
A metà di ciascun livello dovremo affrontare un miniboss e, nell’ultima sezione di ciascuno, un boss vero e proprio. In entrambe le occasioni si profilerà innanzi a noi una forma minacciosa e cangiante (resa con un volto diabolico per quanto riguarda il boss) a cui sarà legata la strada da noi percorsa. L’impressione di essere alla mercé della volontà del boss o miniboss di turno è forte, poiché staremo di fatto percorrendo e evitando gli ostacoli da lui architettati. Per poterli sconfiggere con successo dovremo riuscire a interagire con un certo numero di “punti ritmo” di fila distribuiti sulla pista, evitando al tempo stesso gli ostacoli “di contorno”. Se la serie sarà completata, potremo cliccare sull’ultimo punto innescando un proiettile verde dal potere incredibile che andrà a schiantarsi sulla nostra nemesi all’orizzonte. In caso contrario, i punti passeranno dal verde accesso al blu, per tornare verdi non appena sarà trascorso un intervallo breve e stabilito.
Thumper sulla carta è semplice, e anche i comandi a nostra disposizione sono davvero pochi. Ad arricchirlo a dismisura e a renderlo affascinante e degno di essere provato è tutto il resto, dall’ambientazione sfuggente (l’abbiamo già detto che si va veloci?) alle piccole innovazioni che lo rendono via via più complesso. Thumper insegna che la semplicità usata con intelligenza può risultare più che sufficiente e gradevole.
NON SIAMO TUTTI BRIAN GIBSON
Con questo paragrafo iniziamo ad affrontare un aspetto che secondo noi purtroppo disturba l’equilibrio, sia estetico che prettamente ludico, potenzialmente perfetto di Thumper. Quando Brian Gibson si trovava a suonare con il batterista Brian Chippendale si trovava sempre in mezzo al pubblico. Non c’era un palco. Il palco non era altro che uno spiazzo molto ridotto riservato a loro, e lo spettatore era letteralmente accanto a loro. Col tempo si saranno abituati a ciò che questo comporta, a essere circondati da rumori esterni e tuttavia non perdere mai di vista ciò che stavano suonando.
Naturalmente noi un po’ si scherza, ma l’aspetto che andremo a descrivere tra poco è abbastanza serio, soprattutto considerando il genere a cui Thumper si ricollega rivedendone alcuni aspetti. Si tratta della chiarezza del tempo musicale a cui dobbiamo sottostare. Purtroppo questo indizio fondamentale si trova nella posizione più bassa della gerarchia del missaggio finale di gioco, e verrà presto subissato da qualsiasi cosa, a partire dai fragori dovuti alle curve repentine e dai suoni secondari che si paleseranno talvolta a volumi crescenti. Se aggiungiamo a questa variabile il fatto che i suoni che si sentono più alti in assoluto sono quelli delle nostre stesse azioni, indipendentemente se siano davvero a tempo o meno, è piuttosto facile perdere il senso del ritmo nelle situazioni più caotiche (e le metriche inusuali a chi non si intende di musica come 5/4 o 6/8 di certo aiutano). Alcune sezioni giocano parecchio coi valori musicali, rendendo l’indicazione del tempo sempre chiara e in primo piano un principio che si sarebbe dovuto rispettare assolutamente.
Alcune sezioni dei livelli sono brevi, altre ci tengono impegnati il giusto e altre sono tanto lunghe da risultare quasi intollerabili man mano che saremo costretti a rifarle dopo esserci schiantati per l’ennesima volta. Talvolta alcune curve o ostacoli saranno visualizzati all’ultimo momento o poco visibili per alcune scelte di design (ogni tanto entreremo in un tunnel stretto che ci precluderà una parte della vista dell’orizzonte), tra cui spiccano purtroppo anche alcune similitudini di tonalità di colore che ci faranno confondere l’indicazione, per esempio, di una curva con il semplice sfondo.
A questa infelice gestione delle priorità dei vari elementi del comparto sonoro che compongono Thumper purtroppo gli utenti finali non possono porre rimedio, in quanto l’unica opzione a cui potremmo mettere le mani sarà il volume generale, senza poter abbassare, per esempio, gli elementi superflui (come invece si può liberamente fare in altri giochi che appartengono ai generi più disparati). La confusione a volte arriva a livelli tali che Thumper, di fatto, smette di essere un rhythm game. Impossibile affidarsi all’udito in queste circostanze, a prendere il sopravvento è lo spazio e il calcolo delle distanze. Chiudere un occhio su questo aspetto è a nostro avviso cosa grave e eccessivamente permissiva, e non possiamo ignorarla assolutamente nel nostro
COMMENTO FINALE
Thumper conquista gli occhi grazie a una gestione singolare e magistrale dell’ambientazione che attraverseremo a rotta di collo, e non può che incantare. È quasi ironico che questo slancio incredibile che lo aveva proiettato verso l’eccellenza debba essere frenato dall’attrito dovuto al genere stesso a cui si ricollega. L’impossibilità di poter distinguere sempre il tempo musicale e l’ammasso cacofonico che talvolta coprirà questo elemento fondamentale, inutile negarlo, dà abbastanza fastidio ed è controproducente.
Da una parte abbiamo quindi un capolavoro visionario e a tratti spaventoso (in senso buono), multiforme e multicolore che ci sfreccerà innanzi senza sosta incantandoci. Dall’altra abbiamo una gestione delle priorità dei suoni da rivedere. Cosa premiare? A cosa dare più peso? Trattandosi di un gioco musicale purtroppo la seconda ha inevitabilmente più rilevanza (soprattutto alla luce di quanto può essere punitivo Thumper a fronte degli errori), e quindi non possiamo premiare questo titolo come avremmo voluto.
Il voto che avremmo voluto dare a Thumper, se avesse gestito bene il suo aspetto più importante, sarebbe stato almeno 8,5. Purtroppo non possiamo ignorare la cattiva gestione del missaggio finale che mette in secondo piano ciò che serve per mettere in primo piano persino i nostri potenziali errori, confondendo le idee ancora di più al giocatore.
Pregi
Visivamente spettacolare. La resa della velocità smodata a cui sfreccia il nostro maggiolino è impressionante. Non molte variabili di meccaniche, ma gestite molto bene. È di fatto una perla nel genere del genere a cui appartiene. Consigliamo a tutti di provarlo ma…
Difetti
… la curva della difficoltà e la precisione richiesta lo rende sconsigliabile vivamente a chiunque abbia difficoltà a battere le mani a tempo. Cattiva gestione delle priorità nel missaggio audio di gioco. Spesso si crea una gran confusione e dovremmo affidarci più ai riflessi che all’ascolto.
Voto
7,5