Rise of the Tomb Raider, recensione PlayStation 4
Approdato un anno fa su Xbox One, e dai primi mesi del 2016 su Pc Windows (sia Steam che Windows Store), Rise of the Tomb Raider ha finalmente raggiunto anche le sponde PlayStation 4 lo scorso 11 ottobre, giusto in tempo per il ventesimo anniversario di Tomb Raider, il cui primo capitolo, sviluppato da Eidos Interactive e pubblicato da Core Design, arrivava sugli scaffali il 25 ottobre 1996 in esclusiva per Sega Saturn e poi subito convertito per PlayStation e Pc.
Non a caso, su PlayStation 4, si parla di Rise of the Tomb Raider: Celebrazione dei 20 anni e con questo nome viene venduto. E proprio oggi pubblichiamo la nostra recensione dell’ultimo capitolo arrivato. Buona lettura.
L’ASCESA DEL PROFANATORE DI TOMBE
Chi vi scrive ha già completato Rise of the Tomb Raider su Xbox One, a suo tempo. A dispetto di quanto si lamenta in giro non abbiamo mai sofferto troppo i problemi legati all’input lag – ancora irrisolti su console Microsoft e subito “patchati” su Ps4 – e si è goduto l’offerta di base, scevra dei dlc da recuperare pagando oppure da trovare inclusi nella versione PlayStation 4 del gioco.
Per chi non lo sapesse: Rise of the Tomb Raider prosegue le avventure di Lara, dopo che ha lasciato l’isola di Yamatai nel primo remake (quello del 2013). Questa volta, la giovane archeologa, ripercorre le orme di suo padre, Lord Croft, per arrivare a scoprire un’importante segreto archeologico nelle lande innevate della Siberia.
Lungi da noi rovinarvi il piacere della scoperta, qui basta sapere che Rise of the Tomb Raider poggia le fondamenta sulle basi di gameplay del suo diretto predecessore. Qui, però, troviamo un’offerta ancora più corposa e ancor più raffinata, con piccole implementazioni che non guastano. Una via di mezzo ideale sia per gli amanti della storia da giocare senza prendere fiato, sia per chi ama prima esplorare e scoprire, piuttosto che andare avanti a testa bassa. In questo senso, pur non eccellendo né in libera esplorazione né in storia raccontata, il lavoro di Crystal Dynamics brilla di luce propria anche solo perché nessuno riesce ad intessere tale bellezza grafica e tecnica in un impianto tanto “ibrido”, volutamente a metà strada per voler accontentare ogni parte.
TUTTO INCLUSO SENZA SPENDERE ULTERIORMENTE
Tutti i contenuti aggiuntivi, pubblicati dopo l’uscita di Rise of the Tomb Raider, sono inclusi nella versione per PlayStation 4, installati direttamente insieme al gioco. Non vi sono codici da aggiungere a parte. I dlc sono Baba Jaga, che allunga di un paio d’ore la già corposa offerta del gioco base; Fredda Oscurità, una variante zombi della base sovietica in cui più che fare carneficine occorre evitare lo scontro diretto e purificare una zona contaminata; L’incubo di Lara, variante zombi in cui bisogna ucciderli tutti, ambientato nel Maniero Croft; Legami di sangue, un’avventura tutta esplorazione ed enigmi (di cui abbiamo molto apprezzato il fatto che se non si è un minimo perspicaci e logici non si può concludere), sempre ambientato nel Maniero Croft (disabitato).
Non mancano decine di regalie nella modalità secondaria, quella che prevede ondate di nemici nelle mappe incontriamo durante la storia principale. Immancabili i completi di abiti già tutti sbloccati fin dall’inizio, con qualche omaggio ai titoli passati – sia Crystal Dynamics che Eidos.
Altra nota di colore va alla presenza delle decantate Missioni VR (cioè giocabili con il visore di realtà virtuale PlayStation VR). In realtà bisogna precisare che di giocabile in realtà virtuale c’è solo Legami di Sangue, la modalità più rilassante e meno frenetica. Nulla da dire su questo versante per due motivi. Il primo è che siamo al momento sprovvisti di visore di realtà virtuale per PlayStation 4. Il secondo è che si evince fin troppo bene la natura “turistica” dell’espediente, ben lontana dal promettere meraviglia o adrenalina. Lo stesso video pubblicitario può aiutare a farsi un’idea.
UN ANNO DI VECCHIAIA E NON SENTIRLO
A dispetto dell’anno passato, il Rise of the Tomb Raider su PlayStation 4 non soffre di quello che – per la tecnologia, almeno – corrisponde più o meno ad un’era geologica (passateci la metafora).
L’ultima fatica di Crystal Dynamics, portata su PlayStation 4 dai soliti Nixxes (studio olandese sussidiario che si occupa quasi esclusivamente di convertire i giochi da una piattaforma all’altra) è una gioia per gli occhi e per le orecchie. Nulla è stato sacrificato sull’altare di dettaglio grafico e fluidità anzi, teniamo a ribadire che i tanto ventilati problemi di input lag, ancora irrisolti su Xbox One, sono stati subito corretti dall’ultima patch, insieme a correzioni e miglioramenti di natura visiva.
L’annunciata preparazione a PlayStation 4 Pro ci rende piuttosto curiosi sulle possibilità offerte, in futuro, dagli sviluppatori: se puntare tutto sulla bellezza grafica o sulla fluidità dell’azione.
SOPRAVVIVERE NELLE LANDE SIBERIANE
Rise of the Tomb Raider, come già accennato più sopra, è ambientato prevalentemente in Siberia (con qualche flashback in Siria) e offre un impianto di gioco del tutto ricalcato su quello di Tomb Raider datato 2013. Mappe discretamente estese, non certo aperte come Skyrim o Gta 5 ma abbastanza grandi da permettere esplorazione, caccia alla fauna locale, procacciamento di materie prime per potenziare equipaggiamenti e munizioni.
Alla fase esplorativa si alternano degli enigmi, spesso ambientali (fare agire o interagire elementi più o meno naturali per sbloccare passaggi o leve), fasi di piattaforme che ricordano il miglior Prince of Persia: The Sands of Time e Uncharted, fasi d’azione con sparatorie contro truppe della Trinità (una fantomatica congrega che persegue malvagi scopi dittatoriali) o contro avversari molto potenti (boss) che non sempre vanno abbattuti con potenza di fuoco superiore, ma con un po’ di sana materia grigia.
La modalità Stoicismo, anch’esso presente nella versione Ps4 (e dlc a pagamento per le altre utenze) rimarca ancora di più le fasi di esplorazione e sparatorie aggiungendo, oltre alla gradevolissima cooperativa con altro giocatore, anche i fattori di fame e freddo che aumentano il fattore “sopravvivenza”, nonché le dosi di tensione ed adrenalina, già ben impegnate nella versione base del gioco.
COMMENTO FINALE
Per i contenuti offerti ed il gioco base (uno dei migliori degli ultimi dodici mesi) presente nella confezione, Rise of the Tomb Raider: Celebrazione dei 20 anni risulta essere la versione più bella, completa e disponibile che si possa ottenere su PlayStation 4. E’ verissimo: su Pc, grazie alla superiorità dell’hardware, si gioca meglio, sia dal punto di vista grafico che ludico, ma l’utenza console ha pochissimo da lamentarsi perché le vette qualitative raggiunte sono davvero alte. I più fortunati avranno, non solo Rise of the Tomb Raider completo di ogni contenuto, ma anche una PlayStation 4 Pro su cui portarlo quasi a livello della controparte Pc.
Ludicamente parlando, essendo ricalcato sul sistema di gioco del 2013, rodato, apprezzato ed eviscerato in ogni sua parte, la base di partenza di Rise of the Tomb Raider è semplicemente ottima, ulteriormente migliorata ed espansa in questo naturale seguito.
Tutti gli appassionati di giochi d’avventura ed esplorazione dovrebbero, almeno una volta in vita loro, giocare e finire Rise of the Tomb Raider, specialmente quest’anno che è il ventesimo anniversario di Lara Croft sui nostri schermi.
Pregi
Tecnicamente eccellente. I veterani del Tomb Raider 2013 si sentiranno a casa. Tutti i Dlc inclusi, più il supporto alla realtà virtuale e alle risoluzioni 4K con la PlayStation 4 Pro.
Difetti
Input lag (risolto su Ps4 ma ancora presente su Xbox One). Se non è stato apprezzato quello del 2013, questo Tomb Raider non farà eccezione. Modalità VR inutile.
Voto
9