Il franchise dei Digimon non ha mai avuto vita facile, soprattutto al di fuori del Giappone. Le ragioni sono molteplici: una somiglianza con un brand di gran lunga più noto e di successo (Pokémon) nonché una produzione videoludica media che a malapena raggiunge la mediocrità.
Esiste quindi, per un brand che ha avuto origini concettualmente diverse dall’IP di Game Freak (nel 1997 Bandai li mise in commercio attraverso i Virtual Pet, una variante del tamagotchi che consentiva a questi mostriciattoli digitali di evolversi e combattere tra loro), qualche possibilità di redenzione? Sì, ed è proprio Digimon Story: Cyber Sleuth.
DIGIMON TRA LA GENTE E IL TRAFFICO CHE VA’, TORNA E VIVE LA SPERANZA
Digimon Story: Cyber Sleuth ha varcato i confini nipponici dopo poco più di un anno di distanza dalla sua uscita nel paese del Sol Levante. Le persone a capo di ruoli decisionali di Bandai Namco Entertainment non nutrivano infatti alcuna fiducia in un investimento rischioso dal punto di vista economico e con tutta probabilità in perdita.
Oltretutto parte dei videogiochi sui Digimon pubblicati dal 2006 in poi sono stati ﹣ salvo dovute eccezioni ﹣ commercializzati solamente in Giappone ed America (si pensi a Digimon World DS, Dawn, Dusk, Data Squad e Championship) o confinata all’interno del suolo nipponico (come Digimon Story Lost Evolution, Super Xros Wars Red e Blue o Digimon World Re:Digitize). I fan però la pensarono diversamente, tanto da aprire l’anno scorso una petizione su change.org che raggiunse ben 65.529 firme. Qualche community manager di Bandai Namco se ne accorse e fu così che il gioco in analisi arrivò nel vecchio continente non soltanto in versione PlayStation Vita ma persino abbinato ad una conversione (postuma) per PlayStation 4.
DIGITAMER, DIGIMON! DIGILOTTA L’ENTITÀ!
A differenza delle produzioni passate Cyber Sleuth è sviluppato da Media.Vision (team noto ai più per la serie Wild Arms) ed è un JRPG che più classico non si può. Ambientato a Tokyo in un futuro prossimo nel quale il world wide web è così tecnologicamente sviluppato da permettere un’interazione nel cyberspazio da far invidia a Neuromante di William Gibson il gioco ci fa impersonare i panni di un eroe (oppure un’eroina a seconda della scelta iniziale dell’avatar, sebbene non cambi pressoché nulla ai fini della storia), giovane liceale al quale capitano due eventi apparentemente sconnessi tra tra loro mentre sta navigando in rete: entrare in possesso di un’app denominata “Digimon Capture” e venire attaccato da un’entità misteriosa. Dopo una miracolosa disconnessione e un provvidenziale salvataggio da parte di uno dei comprimari della storia il nostro beniamino si accorge però che il proprio corpo è stato separato dalla sua coscienza permettendogli di muoversi nel mondo reale così come in quello virtuale nonostante egli si trovi fisicamente in coma in un letto d’ospedale.
Da qui in poi (tutta la parte precedente costituisce appena il prologo) la narrazione subisce un rallentamento poiché saremo chiamati ad investigare in qualità di “cyber-segugio” (Cyber Sleuth, appunto) presso una detective privata risolvendo casi e cercando indizi sulla nostra “malattia” in una ventina di capitoli che costituiscono l’ossatura della storia del gioco. Chi tra voi lettori è un fan degli anime giapponesi ﹣ o ancor meglio, delle serie dei Digimon e in particolare di Tamers o Data Squad ﹣ resterà piacevolmente colpito dalle tantissime analogie tra quest’ultimi e Cyber Sleuth sia nelle tematiche affrontate che nell’alternanza tra momenti tragici e situazioni più scanzonate.
NON SEI SOLO IN QUESTA LOTTA, GUARDA INTORNO A TE
Ciascun capitolo di Cyber Sleuth incomincia solitamente dall’agenzia investigativa che rappresenta uno dei due hub di gioco.
Da lì potremo infatti selezionare uno dei casi disponibili (quest) da affrontare. Essi richiedono solitamente l’esplorazione di un’area che può essere una zona reale della città, un dungeon virtuale di Eden (il cyberspazio) oppure entrambi. Mentre i primi sono particolarmente curati ﹣ al punto che è possibile riconoscere luoghi fedelmente ricostruiti come il Sega Building nel quartiere di Akihabara o il parco di Ueno con tanto di statua in bronzo di Saigō Takamori e il suo fedele cane; i secondi risultano troppo spogli e ripetitivi. Quantomeno le frequenti battaglie casuali (nella maggioranza dei casi non visualizzati sulle mappe) provvedono a spezzare la monotonia del girovagare in essi.
Il sistema di combattimento è rigorosamente a turni, ricordando molto Final Fantasy X. Gli scontri avvengono tra il party composto dai digimon a nostra disposizione (non più di tre attivi contemporaneamente ma intercambiambili durante il nostro turno con un gruppetto di riserve la cui dimensione massima aumenterà col progredire del gioco) e quelli avversari. Le opzioni tattiche eseguibili prevedono l’attacco fisico, l’utilizzo di un’abilità speciale (che dipende dal digimon in questione e consuma sempre punti energia) oppure di un oggetto consumabile, la difesa (utile per ridurre i danni senza però fare altro) e la fuga (nel caso la situazione dovesse volgere al peggio).
Proprio come Pokémon ad ogni digimon è associato un tipo (vaccino, virus oppure dati) e un elemento (acqua, fuoco, erba, fulmine, vento, terra, luce, oscurità) che influisce sui danni subiti ed arrecati dai rispettivi attacchi secondo la più classica contrapposizione triangolare “a morra cinese”. A rendere ulteriormente tattici nonché imprevedibili gli scontri subentrano le solite alterazioni di stato (paralisi, confusione, veleno, bug, ecc…) e l’affinità (evidenziata da una statistica denominata “cameratismo”) di gruppo in grado d’innescare combo di attacchi a catena potenzialmente devastanti.
APRI LA MENTE E GUARDA AL TUO DOMANI
La progressione dei nostri digimon è ovviamente incentrata sui punti esperienza acquisiti dopo ogni combattimento. Man mano che si sale di livello infatti ﹣ oltre ad imparare nuove abilità ﹣ potremo tornare nel secondo hub del gioco (il Digilab) per forzare un’evoluzione (o persino un’involuzione) di un digimon in un altro sacrificando la sua forma precedente.
È una meccanica ludica che ricorda un po’ la serie Shin Megami Tensei o Persona. Più si procede nello stadio evolutivo maggiori sono gli incrementi di statistiche e più avanzate diventeranno le abilità apprese dal digimon. Si tratta di un sistema nel quale è possibile perdersi letteralmente (esistono più di 250 digimon differenti) che richiedere sperimentazioni nonché una pianificazione nel lungo periodo poiché a ciascuna evoluzione sono associati dei prerequisiti (solitamente legati a livelli, statistiche e in alcuni casi persino missioni/casi risolti) sempre più stringenti.
Se non siete amanti del grinding comunque non preoccupatevi perché nel Digilab è anche possibile depositare i propri digimon e addestrarli in autonomia mentre si prosegue con la storia (ovviamente quelli rimasti in tale luogo non potranno far parte del party e pertanto non sarà possibile utilizzarli per combattere finché non avranno terminato l’addestramento).
Sotto il punto di vista tecnico Cyber Sleuth non fa affatto gridare al miracolo anzi giocato sullo schermo casalingo di PlayStation 4 risulta povero con texture dei modelli poligonali in cel-shading a malapena tollerabili (complice una bassissima risoluzione e la sua natura di conversione da un gioco inizialmente concepito su una console portatile). Invece lo schermo ridotto come PlayStation Vita attenua questi difetti, persino in sessioni di gioco prolungate. I caricamenti degli scenari, soprattutto nelle transizioni tra le fasi di esplorazione e gli scontri, volgono in favore della PS4 che risulta più veloce e responsiva mentre Vita arranca un po’. Qualora siate interessati ad entrambe le versioni Cyber Sleuth prevede un sistema di cross-save, infatti uno degli slot di salvataggio può essere caricato sul cloud in modo da proseguire il gioco sull’altra console. Non sussistono invece ulteriori differenze tra le due versioni ad eccezione di una minuscola componente multiplayer competitiva nel quale è possibile sfidare altri giocatori umani in battaglie tre contro tre. Su PS4 ciò è limitato all’online mentre su Vita è prevista anche una modlità locale mediante connessione wi-fi ad hoc.
Nonostante Cyber Sleuth sia una piccola produzione non sfigura sotto il profilo artistico. Il character design è affidato a Suzuhito Yasuda, mangaka di successo noto per la light novel Durara! e alcune collaborazioni precenti in ambito videoludico come i due capitoli di Shin Megami Tensei: Devil Survivor. La colonna sonora, di stampo prettamente elettronico con alcune contaminazioni jazz, è stata affidata a Masafumi Takada (famoso per i suoi contributi sui giochi di Goichi Suda quali Killer7, God Hand e No More Heroes) sebbene i singoli brani siano pochini e riutilizzati a più riprese in diversi momenti dell’avventura.
COMMENTO FINALE
Digimon Story: Cyber Sleuth rimane ad oggi il miglior gioco basato sulla licenza dei Digimon e propabilmente quello che i fan della serie aspettavano da anni. Un JRPG che di sicuro vi terrà impegnati moltissime ore ﹣ anche dopo aver completato la storia grazie alla modalità New Game Plus e una serie di missioni/quest d’alto livello impegnative, senza contare i dlc gratuiti che Bandai Namco ha già rilasciato poco dopo la sua uscita ﹣ a patto di conoscere ad livello decente la lingua inglese (l’unica disponibile e non particolarmente curate in fase di localizzazione).
Pregi
Il miglior JRPG basato sul franchise uscito sino ad oggi. Profondo sistema di combattimento ed evoluzione dei digimon. Molto longevo, anche dopo aver terminato la storia. Cross-save tra le versioni PlayStation 4 e Vita.
Difetti
Dungeon ripetitivi e poco caratterizzati. Tecnicamente povero (più su PlayStation 4 che Vita). Localizzazione esclusivamente in inglese (e con qualche errore di troppo...).
Voto
8-