Fin dal suo annuncio, The Town of Light ha mostrato il suo fascino e faceva intravedere la sua natura e la sua anima. Poche volte, in tempi recenti, ci è capitato – infatti – di parlare di giochi con un’anima seriosa.
Nel caso del titolo firmato da LKA.it, una software house italiana di Firenze, possiamo affermare di trovarci di fronte ad un videogioco impegnato dal grandissimo spessore capace di trattare con eleganza e forza narrativa un tema davvero difficile e per certi versi scomodo come quello delle malattie mentali, dei malati (o presunti tali) di mente e soprattutto dei loro trattamenti nei manicomi che una legge italiana del 1978 (la numero 180 del 13 maggio di quell’anno conosciuta anche come Legge Basaglia, dallo psicologo che la redasse e propose, ndr) chiuse.
Avevamo già parlato di The Town of Light con Luca Dalcò, direttore e fondatore di LKA.it che ha portato The Town of Light su Steam a fine febbraio scorso su Windows Pc e su Xbox One.
UN VIAGGIO IN PRIMA PERSONA TRA IL DRAMMA, I RICORDI E LA REALTA’
The Town of Light è un’avventura in prima persona che racconta le vicende di Renèe, una ragazzina di 16 anni di padre francese. Patologicamente chiusa perché divorata dal senso di colpa indotto dalla sua sessualità prorompente che si scontra profondamente con un educazione repressiva e bigotta. Siamo alla fine degli anni ’30, praticamente in era Fascista (ed anche da alcuni particolari ce ne accorgeremo) in un piccolo paese e l’infanzia di Renèe è particolarmente difficile, vissuta tutta nel contrasto tra perbenismo e violenza tra chiesa e abusi.
L’ingresso nel manicomio di Volterra (struttura realmente esistente, fondata nel 1887 che ha ospitato malati di mente fino al 1978, ossia fino all’entrata in vigore della Legge Basaglia che, tra le altre cose, regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, ndr), a quella giovane età, determinerà nella protagonista la definitiva frammentazione della sua personalità.
E qui inizia il nostro viaggio che attraverso vari flashback ci farà conoscere pian piano le tristi vicende personali di Renée tra dramma, ricordi prima frammentari, poi in un’alternanza tra nitidezza ed oscurità, e la realtà. Ci sentiamo di dire che è un viaggio profondo, a tratti commovente, che farà riflettere e che ci farà affezionare alla protagonista del gioco.
GAMEPLAY ARTICOLATO
Andiamo subito a parlare del gameplay di The Town of Light che come abbiamo accennato propone una visuale in prima persona piuttosto classica. La nostra esplorazione ci fa conoscere i meandri del nosocomio di Volterra, una struttura adesso fatiscente ma teatro una volta di episodi indicibili che riviviamo in estrema sintesi grazie ai numerosi flashback di Renée. A poco a poco, oltre a conoscere sempre più alcune scomode verità personali, avremo una piccola ma significativa idea di quelle che erano le condizioni inumane a cui questi pazienti erano costretti a vivere.
La nostra ricerca continua tra cartelle cliniche, registri medici, appunti svolazzanti, viaggi quasi onirici ed introspezioni che fanno riflettere. Non è compito nostro fare anticipazioni: il gusto non ve lo possiamo togliere.
Il tutto è fuso molto bene con LKA.it capace do offrire un gameplay articolato in una cornice narrativa dalle tonalità forti accompagnata anche (come detto) dalla esplorazione ma anche dalla ricerca di documentazione e da alcuni puzzle logici e ben congegnati di soluzione non astrusa che permettono di andare avanti nella storia e fare luce su Renée. Generalmente il tutto scorre fluidamente e senza intoppi.
L’interfaccia quasi non esiste e si interagisce con l’ambiente solo quando si trovano oggetti o elementi realmente interessanti o utili alla nostra ricerca. Ci sono anche dei dialoghi a risposta multipla che determineranno alcune nostre azioni. Il tutto ha una longevità di 6-7 ore ma vista la possibilità di esplorazione e di visualizzazione delle numerose stanze e dettagli presenti si può arrivare anche al doppio.
QUANDO SEI PAZZO NON ESISTI PIU’, QUANDO LA REALTA’ SUPERA LA FINZIONE
Questa, a nostro avviso, è la frase simbolo del gioco: “Quando sei pazzo non esisti più”. La dice Renèe ad inizio del suo racconto e del nostro cammino. Vale la pena fare una piccola riflessione su come venissero trattati questi poveri disgraziati, spesso vittime impotenti di sevizie da parte di chi avrebbe dovuto curarli, tutelarli e tentare di riportarli ad una vita normale.
The Town of Light mostra le ombre delle vite nascoste, sepolte, dei malati di mente dell’epoca. Malati che, in molte occasioni, con le cure attuali non avrebbero mai vissuto il disagio di un ricovero forzato nei manicomi. Condizioni agghiaccianti di cui il gioco si fa ammirevole testimone in quanto tratta con dovizia di particolari ma con il giusto pudore un argomento serio.
Possiamo definirlo un serious game e capiamo appieno le parole di Dalcò quando intervistato ci di disse che il gioco non avrebbe avuto alcun Jump Scare o mostri creati geneticamente. Basta la realtà a creare sensazioni di disagio e di sgomento per quello che il racconto offre e mostra.
Si potrebbe definire Horror, ma forse non sarebbe esatto, benché l’etichetta comune sia quella. Di sicuro è un titolo fuori dagli schemi, un viaggio attraverso la realtà dei manicomi dell’epoca che dovrebbe aprire gli occhi, il cuore e la mente.
QUANDO L’ANGOSCIA DIVENTA ARTE
In The Town of Light, l’angoscia è una di quelle sensazioni descritte meglio. A regola d’arte. Angoscia che si mischia a paura, ma anche a speranza… Dal punto di vista tecnico, la mole di lavoro fatta dagli uomini di LKA.it è enorme ed i risultati sono davvero interessanti anche dal punto di vista artistico.
La grafica è molto pulita, non ci sono troppi fronzoli ma alcuni orpelli grafici sono apprezzabilissimi. Il mondo in 3d è ricostruito fedelmente e le location danno quel senso d’angoscia tipico di chi visiterebbe questi luoghi nel reale grazie a dettagli quasi maniacali riprodotti.
Apprezzabile anche il fatto che ci siano sessioni di gameplay dove gli ambienti sono distorti frutto dei ricordi disturbati della protagonista e di quelle che possiamo chiamare vere e proprie allucinazioni.
Tecnicamente, quindi, si tratta di un titolo di livello ed immaginiamo che tale livello di immersività possa essere enfatizzato dal provare il gioco con Oculus Rift o HTC Vive, i visori per la Realtà Virtuale. The Town of Light, infatti, supporta questi nuovi gingilli. Se avete soldi ed un Pc che regge queste periferiche il consiglio è quello di provare il titolo con la Realtà Virtuale.
Anche il sonoro fa la sua parte con un doppiaggio in italiano ed in inglese ben fatto ed una colonna sonora in grado di affiancare in modo efficace le fasi di gioco e dialoghi semplici ma capaci di fare riflettere (parleremo anche con quello che rimane della nostra bambola Charlotte…). A questo mettiamo anche alcuni effetti sonori azzeccati ed appropriati e ne viene fuori un risultato di grande livello. Un titolo made in Italy di ottima qualità.
COMMENTO FINALE
The Town of Light è un gioco dalla storia forte. Non adatto a tutti probabilmente, ma è un titolo serio realizzato con cura, cuore ed amore. Amore che trasuda nel raccontare una storia scomoda. Nel raccontare attraverso un videogioco quelle che erano le condizioni di malati mentali e che apre molte riflessioni su come questi venissero trattati.
In molti casi lager dove chi doveva accudire e tutelare questi malati finiva poi con l’abusarne o comunque col non curarli nei modi migliori e dove anche gli stessi “luminari” più pomposi che altro, finivano di rovinare definitivamente quelle persone con le loro diagnosi.
Dà voce a chi se ne è andato in silenzio e nell’indifferenza urlando comunque il suo dolore per l’enorme male interiore e per quello che subiva. Dà voce a chi ha subito violenze non solo fisiche. Dà voce a questi malati per farci ricordare che esistono anche loro e che possono, anche con semplici gesti d’amore e d’amicizia, condurre una vita migliore sicuramente lontana dagli orrori.
Al di la dell’apprezzamento tecnico del gioco (che ha qualche piccola imperfezione ma ci sta, ci mancherebbe), The Town of Light ha un’anima – come detto ad inizio recensione – ed un cuore e racconta in modo coraggioso, maturo, con pudore, una storia che ci invita a riflettere e magari a non nascondersi soprattutto se si intuisce di avere un disagio. The Town of Light non ha bisogno di mostri per rendere evidente l’angoscia di chi si consuma interiormente, non ha bisogno di colpi di scena eclatanti anche dal punto di vista visivo. A The Town of Light basta raccontare questa storia non reale ma credibile e tratta da molteplici fatti accaduti per rendere al meglio il suo racconto. Il mio (e parlo in prima persona come non si dovrebbe in un giornale) ringraziamento sentito ai ragazzi di Town of Light per aver dato voce a queste persone con questo capolavoro.