Quando John R. R. Tolkien iniziò a scrivere il suo libro più famoso, nel 1937, non poteva certamente immaginare il successo che avrebbe ottenuto sessantaquattro anni dopo: nel 2001 La Compagnia dell’Anello di Peter Jackson approdava nelle sale cinematografiche e faceva conoscere al mondo Il Signore degli Anelli.
La riscoperta del fantasioso universo concepito e creato da Tolkien, unito alle tecnologie di oggi, ha permesso a sviluppatori in seno a Sierra/Vivendi ed Electronic Arts di realizzare videogiochi ambientati nella Terra di Mezzo per oltre un decennio.
La Terra di Mezzo: L’Ombra di Mordor è l’ultimo arrivato, è griffato Monolith (quelli di F.E.A.R per intenderci) e pubblicato da Warner Bros. Interactive. Al momento si gioca su PlayStation 4, Xbox One e Pc Windows (versione su cui si basa la nostra recensione) ma il 21 novembre prossimo (data ufficiale europea) si potrà giocare anche su Xbox 360 e PlayStation 3.
UNO SPETTRO PER DOMARLI TUTTI
Talion è un capitano-ranger (o raminghi, di cui Aragorn, famoso personaggio della Terra di Mezzo, fa parte) che viveva nella fortezza che presidiava il Nero Cancello di Mordor, costruita per tenere sotto controllo le forze del Male che minacciavano il reame di Gondor.
Un assalto delle forze Uruk, guidato da tre misteriosi umani asserviti al Signore Oscuro, mette in fuga le forze di Gondor e cattura Talion, suo figlio e sua moglie. In seguito ad un rituale in cui i tre vengono sacrificati alle Forze del Male, Talion si risveglia grazie allo spettro di un elfo. Da lì partirà la sua “caccia all’uomo” o, per meglio dire, all’orco per risalire la gerarchia delle forze di Mordor e compiere la sua vendetta.
Pad alla mano stiamo parlando di un gioco d’azione e avventura in terza persona. Giocando ci sono venuti in mente un paio di titoli ben precisi del passato e grandi esponenti di questo genere: Batman Arkham City (per i combattimenti) e Assassin’s Creed (per tutto il resto), da cui l’Ombra di Mordor sembra prendere ben più di una licenza.
Il titolo di Monolith alterna due sessioni principali: l’esplorazione ed il combattimento. La maggior parte del tempo sarà impiegata da queste sessioni. Come ogni buon gioco a spazi aperti tramanda fin dai tempi del primo Grand Theft Auto (GTA), la vasta mappa è piena zeppa di incarichi secondari, di oggetti da collezionare e di altre missioni di varia natura che portano ad accumulare punti esperienza, punti di potere e rune per le armi.
L’accumulo e la spesa di punti sblocca nuove abilità del personaggio e nuove capacità speciali: teletrasporto e maggior efficienza in combattimento sono solo due esempi dei tanti talenti che Talion andrà acquisendo dall’inizio alla fine del gioco.
Quel che rende L’Ombra di Mordor diverso da tutti gli altri è il “Sistema Nemesi”, che rende il tutto veramente più interessante. Le gesta di Talion, buone o cattive che siano, che lui uccida un orco o ne venga ucciso, si ripercuotono su tutto l’ambiente di gioco e questo “vive” anche in risposta della presenza del protagonista.
Quando Talion, per un motivo più o meno valido, muore e deve attendere il suo ritorno a Mordor, il tempo passa e le gerarchie di potere cambiano, gli orchi si avvicendano, aumentano il loro potere, migliorano il proprio equipaggiamento e le loro abilità. Alcuni diventano vere e proprie “nemesi”: sono gli orchi che riescono a batterci e possiamo sentirli vantarsi con tutti gli altri, oppure sono quelli che giurano di inseguirci per tutta Mordor pur di vederci stramazzare al suolo e ci ritroviamo nel bel mezzo di un duello mentre eravamo impegnati a fare tutt’altro.
Quel che diventa il vero e proprio “gioco nel gioco” è la possibilità di domare alcuni orchi, gettarli oltre le linee nemiche e seminare il panico tramite questi, tra le fragili fila di pelleverde.
MORDOR VAL BENE UN CANTAMESSA
L’Ombra di Mordor fonda la sua offerta videoludica su tre colonne portanti: la prima è il motore grafico proprietario di Monolith, quel Lightech Engine che li accompagna fin dagli albori e che evolvono di anno in anno secondo le loro esigenze. L’ultima incarnazione del motore grafico che diede vita a No One Lives Forever, F.E.A.R e Condemned è affiancata dal Nemesis System di cui abbiamo già accennato.
La seconda colonna è Christian Cantamessa, famoso scrittore di trame ormai passato alla storia grazie al successo del “suo” Red Dead Redemption. La terza colonna si chiama Gary Schyman, che a molti non dirà niente ma è la mente creativa che da musica a videogiochi di un certo livello: BioShock e diretto seguito, tanto per dire.
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L’impressione d’insieme è di giocare un gioco discretamente vasto (diciamo sugli standard di una mappa di Assassin’s Creed: Brotherhood), free-roaming/a libera esplorazione, graficamente convincente, fluido e con animazioni ben confezionate. A far da contorno a tutto c’è una colonna sonora solida, coerente e vagamente ispirata alla trilogia de Il Signore degli Anelli, firmata Howard Shore.
Le animazioni ed il doppiaggio originali vantano la presenza di Troy Baker (Infamous: Second Son, The Last of Us, Final Fantasy XIII) e Neil Duncan (Legacy of Kain: Defiance, Tomb Raider: Legend, Mass Effect). Non abbiamo potuto non notare la presenza della voce italiana di Gollum (Francesco Vairano) che – insieme alla bella resa grafica del fu hobbit di nome Smeagol – ci ha fatto sentire al cinema per le parti in cui si vede il piccolo mostro.
Quello che ci ha lasciato perplessi è il sistema di gioco preso nel suo insieme che, lo ribadiamo ancora una volta, è ricalcato su quanto di meglio abbiamo visto in Batman: Arkham City e i giochi di Assassin’s Creed. Fare contromosse, attacchi potenti, arrampicarsi sulle facciate degli edifici, camminare sulle corde, fare un derivato del “salto della fede” o nascondersi nel fogliame dei cespugli ci ha fatto sorridere – all’inizio – ma le similitudini con i giochi Ubisoft e Rocksteady sono imbarazzanti in certi frangenti. Pur avendolo provato su Pc e su PlayStation 4, non abbiamo riscontrato differenze di massima: certamente i filtri grafici e la pulizia immagine, su computer, risultano superiori. Controller a parte, ci troviamo di fronte a giochi praticamente identici ad occhio nudo.
CONCLUSIONI
Un gioco d’azione e avventura con libertà di esplorazione, una grande mappa piena di cose da fare, tante abilità da sbloccare che vanno ad accontentare lo stile di gioco di molti, resa grafica di buon livello, doppiaggio e colonna sonora convincenti.
L’Ombra di Mordor fa felici due tipi di videogiocatori soprattutto: quelli che amano la Terra di Mezzo e tutto il mondo creato da Tolkien (e rivitalizzato da Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, trilogie di Peter Jackson), quelli che non riescono a divertirsi dopo aver dato cuore e amore a Batman: Arkham City ed Assassin’s Creed.
Questi ultimi, data l’impressionante somiglianza di gameplay e controlli, si sentiranno felicemente a casa e finalmente faranno qualcosa di diverso in attesa dei fasti di Assassin’s Creed: Unity – in arrivo a metà novembre – e Batman: Arkham Knight, che arriverà il 2 giugno salvo ulteriori rimandi.
La Terra di Mezzo: L’Ombra di Mordor è il gioco d’azione, free-roaming, ben realizzato e che non ti aspetti, capace di catapultarti in un mondo immaginario e farti sentire parte di esso.
Pregi: Discretamente vasto e vario. Animazioni e doppiaggio sopra la media. Instancabile. La Terra di Mezzo ed il suo insuperabile fascino. Nemesis-System convincente.
Difetti: Sembra di giocare Assassin’s Creed e Batman: Arkham City fusi insieme. Troppo facile in certi frangenti. I puristi di Tolkien non potranno non storcere il naso, come tutti i puristi.
Voto: 8,5/10.