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E’ per merito di Kotaku, che scopriamo quanta differenza tecnica possa passare fra una dimostrazione di gameplay di Bioshock Infinite, mostrata all’E3 di Los Angeles del 2011, e il prodotto finale arrivato sugli scaffali il mese scorso.
Fra tagli e cambi di regia, che Ken Levine (la mente che ha concepito il gioco) e il team di Irrational Games non fossero soddisfatti dei risultati ottenuti a metà del 2011? Oppure il dover garantire una certa prestanza tecnica su almeno tre piattaforme di gioco li ha costretti ad apportare qualche modifica? Non lo sapremo mai, visto che la versione finale di Bioshock Infinite, in generale e comunque, ha messo tutti d’accordo per la generale bellezza di ogni parte del gioco.
Quel che ci preme evidenziare è quanto siano abili, gli sviluppatori, nel realizzare delle demo ad hoc, brevi, decisamente belle e spettacolari da vedere ma non corrispondenti alla versione finale del gioco. Contrariamente a quanto si pensa, la dimostrazione di un videogioco assume sempre più una connotazione pubblicitaria, atta ad attrarre l’attenzione.
Più che vedere un prodotto “grezzo” o in via di sviluppo, si assiste a demo estremamente belle e ricche di scene ad alto tasso emozionale, il gioco appare già tecnicamente sbalorditivo a due anni dalla pubblicazione e poi si viene a scoprire che – video di comparazione alla mano – qualcosa è andato perduto.
Non deve, dunque, sorprendere l’analoga operazione intrapresa da Gearbox Software e SEGA con Aliens: Colonial Marines, tuttavia in questo caso gli sviluppatori sono stati colpevoli di non aver saputo offrire un’esperienza in linea con le aspettative. Problema che non ha minimamente sfiorato Irrational Games ed il suo Bioshock Infinite.
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