Football Champ
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta ci fu un vero e proprio boom di giochi dedicati al calcio. Complici anche i Mondiali del 1990 in Italia, arrivarono in quegli anni tantissimi titoli dedicati al gioco più dello del mondo (almeno secondo molti).
Nondimeno, il Giappone fu in primissima linea con le sue software house di punta. Oggi esaminiamo, o meglio, vogliamo ricordare, Football Champ (o Hat Trik Hero), uscito in sala giochi nel 1990 da Taito, molto amato dal pubblico per alcune caratteristiche peculiari che rendevano unico, in un certo senso, nel suo genere.
IL CALCIO SECONTO TAITO
Football Champ è un gioco di calcio lontano dagli stereotipi dell’epoca. Scivolate ma anche pugni, trattenute alla maglia o ginocchiate volanti, a patto di non esser visti dall’arbitro, erano permesse. Si sa, il calcio è un gioco maschio. Se però visti dal direttore di gara, un uomo piuttosto corpulento che era sempre a terra ad ogni contatto con i giocatori, si rischiava l’ammonizione o l’espulsione.
Altra caratteristica fondamentale era la predilezione per le acrobazie che rendevano il game-play tanto spettacolare quanto divertente anche se surreale.
Game-play frenetico e possibilità anche di effettuare tecniche speciali come il super tiro, praticamente imparabile e degno del miglior Oliver Hutton perché capace di travolgere tutto, e tutti e sfondare la rete anche se il portiere si fosse opposto.
LE ACROBAZIE IN CAMPO
Accenniamo ora a sprazzi i game-play molto belli. Oltre al super tiro, spettacolare anche dal punto di vista grafico perché la telecamera zoomava sul giocatore che effettuava il colpo, vi è da citare le innumerevoli finezze che si potevano fare.
I colpi di tacco alla Socrates, celebre calciatore brasiliano, lentissimo ma capace di dare del tu al pallone, erano soventi, così come le biciclette. Football Champ, però, prediligeva le finalizzazioni ad effetto. Segnare con un tiro normale era possibile solo nei primi due o tre turni. Poi ci si doveva ingegnare per essere incisivi. Per farlo, le sforbiciate o i colpi di testa in tuffo erano d’obbligo.
Uno degli schemi più comuni per segnare era quello di effettuare dei cross al volo in acrobazia e di chiudere il tap-in con una sforbiciata. Del resto, il game-play di un arcade era molto semplice: due tasti, uno per il passaggio basso (o tiro) e l’altro per il pallonetto o cross.
ALTRE FINEZZE
Il gioco permetteva dopo aver scelto la propria nazionale tra le otto presenti (Argentina, Brasile, Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda e Spagna. Manca il Giappone che si trova in Hat Trick Hero, ndr), di selezionare un giocatore tra quattro possibili. Dal numero 7 al numero 11. Cambiava la posizione in campo, tra ala destra, prima punta, regista ed ala sinistra, almeno nella numerazione tradizionale.
Inoltre era uno dei primi arcade sul calcio a presentare dati personali su ogni singolo atleta delle squadre: numero di maglia ed energia.
Tante le animazioni di contorno. Ad ogni rete segnata c’era un discreto numero di esultanze. La più comune vedeva il giocatore uscire dal campo e dare il cinque ai tifosi. Una molto particolare si visualizzava quando si segnava verso il finale di partita con l’autore del gol che si inginocchiava e si faceva il segno della croce.
Nondimeno c’erano altre animazioni di contorno come quelle relative ai fotografi. Quest’ultimi, accalcati a bordo campo dietro le reti, se colpiti dal pallone venivano sbalzati fuori dalla sedie. Tanta, tantissima ironia in questo. Bello anche l’effetto della rete che si gonfiava.
TECNICAMENTE…
Taito fece un bel lavoro, presentando un arcade valido dal punto di vista grafico e sonoro. Il comparto visivo era molto colorato, quasi in stile cartoon, e presentava anche tante belle finezze che abbiamo già descritto, compresi zoom ed animazioni di contorno.
Il game-play, per quanto semplice, era divertente anche se poi il gioco diventava un po’ ripetitivo e prese le misure delle squadre, i sette incontri di difficoltà crescente per vincere la Coppa, diventavano quasi una passerella benché la difficoltà non fosse esattamente semplice. I portieri erano un po’ stupidini ma con i tiri telefonati non era facile sorprenderli. Ci si doveva mettere un certo impegno. Belle le loro prese aeree o di pugno. Quest’ultime però si trasformavano in assist per i rapaci attaccanti avversari.
Il sonoro dava atmosfera. Effetti sonori pompati e qualche frase parlata quando si effettuavano le biciclette. Tutto faceva il proprio dovere.
CONCLUSIONI
Football Champ è molto divertente. Fu senza dubbio uno dei primi giochi di calcio che diede una mossa verso il realismo. La presenza dei falli, la possibilità di fare scorrettezze senza essere visti dall’arbitro, davano più profondità all’arcade.
Tecnicamente poi faceva il suo dovere con tante piccole cose che lo rendevano (all’epoca) unico. Gli zoom alla Virtua Figher, le animazioni ed anche la discreta giocabilità fecero il resto. L’ingrediente era semplice: ritmo frenetico e divertimento assicurato. Un gioco da provare, soprattutto per gli appassionati del genere. Si trova facilmente su Mame.
PRO
Grafica gradevole. Sonoro d’atmosfera. Divertente
CONTRO
Ripetitivo.
VOTO: 8/10