Quando apparve nel 1983 in sala giochi, molti rimasero a bocca aperta. La sua grafica del tutto simile ad un cartone animato era un lusso, quasi un miracolo. Potenza della tecnologia laserdisc. Poi, il gioco di Don Bluth, una sorta di action adventure, dopo qualche tempo (circa 6 anni) approdò sui computer e console di casa.
La versione presa in considerazione in queste righe è quella relativa all’Amiga che grazie alle sue potenzialità tecniche proponeva una certa fedeltà all’originale. Si tratta probabilmente del primo gioco della storia che presentava un game-play che oggi definiremmo quick time event. Per proseguire nel gioco, infatti, si doveva eseguire la mossa o il movimento con la giusta tempistica. Di sicuro era il gioco più famoso in laserdisc.
UNA PRINCIPESSA IN PERICOLO UN CASTELLO DA ESPLORARE
I toni Fantasy medievali pervadono Dragon’s Lair. Protagonista di queste vicende è il temerario cavaliere Dirk the Daring (che assomiglia a Caio, il parente stupido di Semola, Re Artù in La Spada della Roccia, ndr) che deve salvare la bellissima principessa Daphne dalle grinfie del crudele drago Singeche che si nasconde in un castello stregato e pieno di insidie. Trama semplice. Banale già all’epoca, ma come vedrete, non è importante in questo genere di giochi.
Lo scopo del gioco è quello di liberare la bella attraverso tutte le insidie del castello, affrontando mostri temibili come il re lucertola, i classici cavalieri neri e tanti trabocchetti.
GRAFICA ECCELLENTE MA GIOCABILITA’ IRRISORIA
Il difetto di più grave di Dragon’s Lair è senza dubbio la sua giocabilità. Sia in sala che su Amiga si era costretti a fare unicamente delle specifiche mosse o sequenze per avanzare nella trama. Una sorta di Quick Time Event, come già detto ma era molto, molto ristretta sia nei movimenti che nella tempistica.
Il risultato? Era necessario imparare a memoria le mosse per finire il gioco. Un vero peccato perché grafica e sonoro erano di primo livello dimostrando un ottimo lavoro da parte di ReadySoft che si curò della conversione sul 16 bit di casa Commodore.
Su Amiga nonostante le restrizioni dovute alla suddivisione del titolo in 6 floppy, l’impatto visivo era eccellente e, comunque, paragonabile all’originale.
Un vero e proprio cartone animato. Ne più, ne meno, dotato anche di un sonoro adeguato con tanto di parlato e belle musiche. Peccato, ribadiamo, quella ostica giocabilità. Anche la longevità era molto bassa. Imparato a memoria il da farsi, il gioco, caricamenti esclusi, si chiudeva in una decina di minuti.
CONCLUSIONI
Dragon’s Lair è entrato di diritto nella storia videoludica per molti motivi. Pur non avendo un game-play ed una longevità degni di nota, l’aspetto tecnico per l’epoca dell’originale da sala giochi era incredibile. Ma c’era anche il suo game-play sintetizzato in una sorta di antenato del quick time event. Ma Dragon’s Lair è ricordato tanto per la sua grafica sublime e di impatto medievale che per la sua giocabilità limitata.
E la conversione su Amiga, abbastanza fedele, ne rinnovò il successo seguito dal secondo capitolo sempre a firma di Don Bluth che realizzò in quegli anni anche il futuristico Space Ace.
In questo caso, ha vinto l’aspetto esteriore e la tecnica piuttosto che un game-play godibile. Discreta la popolarità raggiunta nel corso degli anni con conversioni impossibili anche per C64 ed altri 8 bit. Esiste anche una versione per i dispositivi Apple piuttosto ben fatta.
PREGI
Grafica e sonoro splendidi. Atmosfera medievale azzeccata. Conversione da incorniciare
DIFETTI
Giocabilità ridotta all’osso. Troppo ripetitivo.
VOTO: 7/10
Difficile da far diventare pazzi…ma tremendamente bello!