Raramente scendiamo in campo per parteggiare per questa o per quell’altra fazione. La regola giornalistica impone quella dell’imparzialità. Tuttavia, ogni tanto, arriva il momento in cui per evidenti soverchierie o per evidenti richieste paradossali, bisogna fare un atto di coscienza e schierarsi.
Dal titolo avrete certamente capito che parleremo, sia pur velocemente, del caso tra King.com e tra Stoic che ha arricchito in queste primi due mesi le cronache videoludiche internazionali dicendo la nostra e spiegando perché secondo noi, Stoic avrà (o meglio dire, potrebbe avere) la meglio visto che comunque il primo passo indietro è già stato fatto da parte di King.com col ritiro della registrazione della parola Candy…
LA SAGA DELLA DISCORDIA
Il tutto è nato dalla assurda, secondo noi, richiesta da parte di King.com di registrare i marchi delle parole Candy e Saga che fanno parte del titolo del gioco di maggior successo della software house diventata famosa in tutto il mondo grazie al suo Candy Crush Saga.
Partendo da questo presupposto, King.com si è opposta allo sviluppo di un titolo per Pc molto interessante, ossia il seguito di The Banner Saga e questo per la presenza, come è facile intuire, della parola Saga nel titolo.
Ovviamente Stoic, una software house piccolina ma talentuosa, formata da tre ex sviluppatori di BioWare ha cominciato a difendersi comunicando, giustamente, che lo sviluppo del sequel dello strategico con sfumature gdr a tema vichingo non si sarebbe fermato rilanciando la volontà di realizzare un titolo importante.
PAROLE, SOLTANTO PAROLE
King.com porta la sua visione dei fatti puntando sul fatto che troppi titoli con le stesse parole possano creare confusione.
Il principio di base può essere giusto (il diritto di difendere la propria proprietà intellettuale è sacrosanto, ci mancherebbe). Anzi, lo è, senza dubbio. Ma quando si fa leva su una registrazione di parole di uso comune come Candy e Saga per farle diventare un marchio da difendere ha del paradossale.
E questo paradosso si materializza col fatto che i due giochi in questione, Candy Crush Saga e The Banner Saga non hanno assolutamente nulla in comune se non l’ultima parola del titolo.
Il primo è un fortunatissimo puzzle che oggettivamente non aggiunge molto al mondo dei videogiochi. Non ha nulla di rivoluzionario, solo un ottimo gameplay (a tratti ipnotico, diamo a Cesare quel che è di Cesare) e sfrutta concetti già triti e ritriti senza aggiungere nulla di concreto neppure a livello artistico.
In sostanza, si tratta di un titolo comune purtuttavia fortunatissimo, campione di download con numeri spaventosi con l’aggiunta degli acquisti online tramite micro-transazioni per acquistare mosse speciali o turni supplementari per portare a termine i livelli che via via diventano sempre più infernali. E per di più c’è l’ombra del plagio visto che il gioco è del tutto simile a CandySwipe uscito prima.
Banner Saga è un piccolo grande capolavoro, sia pure imperfetto, che si materializza in uno strategico che sfrutta concetti ben noti ma che offre una trama profonda ed un aspetto grafico importante benché non si usi neppure per sbaglio il 3d tanto abusato oggi.
Il caro vecchio 2d torna in gloria dando una storia appassionante e duratura che milioni di fan di tutto il mondo attendono di continuare col secondo capitolo.
Che cosa hanno, quindi, in comune The Banner Saga e Candy Crush Saga? Solo una parte del nome (neppure tutto il titolo, ma quello oggettivamente sarebbe stato sconveniente).
Per il resto troviamo differenze abissali nei due giochi che per di più appartengono, come già sapete e come abbiamo rapidamente ed umilmente spiegato, a due generi differenti.
Uno dice A, l’altro offre Z.
LE REAZIONI
Non sono mancate le reazioni da parte del web, quasi tutte in favore di Stoic. Addirittura è stata fatta partire una jam session, ossia una manifestazione ad hoc, intitolata Candy Jam nella quale una moltitudine di sviluppatori indipendenti ha realizzato giochi che comprendevano le parole Candy e Saga con toni molto scherzosi a riguardo questa vicenda.
Una provocazione che sa di beffa ed al contempo di disprezzo verso King.com.
Basterebbe solo questo a far riflettere chi avesse velleità di continuare a voler andare in una direzione che non ha molto a che fare col buon senso. Difendere il proprio si, ma attirarsi le antipatie dei colleghi perché?
LEGALE? PROBABILE, MA CON ZERO FAIR PLAY
Non vogliamo dire che le azioni di King.com non siano legali. Tutt’altro. Lo sono. Ma questo non significa che siano giuste, o convenienti dal lato morale. Lo sappiamo, è chiaro, è lampante ed il mondo gira così perché di fronte ai soldi ed alla possibilità di guadagnarli in pochi (chi, in effetti?) si tirerebbe indietro, per lo più con mezzi leciti come quello di una registrazione di un marchio.
Non c’è fair play, e neppure buonsenso, ma solo la volontà di speculare su parole di uso comune senza porre un contenuto artistico.
Ingiusto. E’ giusto tutelarsi registrando marchi consoni. Se avessero registrato il titolo intero non crediamo che nessuno avesse avuto nulla da ridere. Ma le singole parole è assurdo e privo di buon senso. Del tutto legale (probabilmente), ma la legalità non dovrebbe avere principi di buon senso?
Non vogliamo certo fare i moralisti, lo ripetiamo, ma quando è troppo, è troppo.
UN PRECEDENTE ILLUSTRE
Un episodio simile successe tre anni fa. Bethesda intentò le vie legali (legali, ancora questa parola abusata troppe volte…), contro Markus Notch Persson, l’autore di Minecraft per Scrolls.
Gli avvocati del colosso nordamericano intimarono a Persson di cambiare il titolo al suo gioco di carte da collezione (in stile Magic o HearthStone per intenderci) perché avrebbe potuto creare confusione tra gli utenti con The Elder Scrolls, la famosissima ed acclamata serie ruolistica di stampo Fantasy.
Persson, per nulla intimorito tentò di prenderla sul comico: “Giochiamocela a Quake”. Ovviamente sarebbe stata una bella operazione di marketing che però non venne colta (l’ironia non fa parte del mondo della legalità che è ben piena di casi paradossali sui quali sarebbe facile fare ironia o amaro sarcasmo, ndr) e così si andò avanti.
Il giudice però diede ragione allo sviluppatore svedese che poteva mantenere il titolo al gioco. Il motivo? Indovinate un po’? Scrolls, ossia incantesimo in italiano, è una parola di uso comune…
Bethesda a quel punto si fermò dopo la sentenza e trovò un accordo con Mojang che naturalmente mantenne il nome del gioco intatto.
ANCHE APPLE INCIAMPO’
Pure il colosso Apple inciampò nello stesso “errore”. Era luglio, sempre 2011, ed Apple perse con Amazon per il caso Amazon AppStore. Secondo la casa della grande mela morsicata, la parola App (celebre per l’AppStore, appunto), non doveva essere usata.
I giudici motivarono la sentenza spiegando che la parola App è troppo generica.
LA (PARZIALE) RETROMARCIA DI KING.COM
Nei giorni scorsi, King.com, non commentando nulla, ha ritirato a richiesta di registrazione della parola Candy.
Questo può essere letto come un primo passo. Non ha ancora, o almeno noi non ne siamo a conoscenza al momento, fatto dietrofront per Saga. E’ davvero interessata a fermare lo sviluppo del secondo episodio di The Banner Saga?
E’ davvero un tentativo di difendere la propria proprietà intellettuale? Questo non è dato saperlo ma la parziale marcia indietro su Candy potrebbe essere indicativa.
PERCHE’ VINCERA’ STOIC
Chiudiamo velocemente questa nostra presa di coscienza personale col dire perché, secondo noi, vincerà Stoic. Il motivo principale è quello di una registrazione di una parola di uso comune. I precedenti illustri ci sono. King.com ha già fatto marcia indietro su Candy… perché non farlo su Saga?
The Banner Saga, inoltre, non ha nulla, ma proprio nulla (per fortuna), al cliccatissimo Candy Crush Saga…
E’ chiaro che il nostro sia un auspicio avallato anche da precedenti. Si spera, ovviamente, che il buon senso continui a farsi strada. Almeno in questo caso.